La testimonianza di un devoto rimasto ferito due anni fa

Tu che hai vissuto l’accaduto in prima persona, cosa ricordi di quella mattina di due anni fa? Cosa avvenne di preciso in quell’istante?

Ricordo che arrivammo ai quattro canti verso le sei del mattino ed aspettammo un’ora prima di partire. Io mi trovavo sulla parte bassa del cordone di sinistra all’interno, a circa una quindicina di metri dal fercolo. Alla partenza c’era tantissima gente nei cordoni, nella strada e tra i due cordoni. Quando siamo partiti mi sono subito accorto che c’era qualcosa che non andava, infatti vedevo che il cordone andava su ma i devoti no. Ho provato a uscire dal cordone ma non ce l’ho fatta. Nel frattempo che salivamo siamo andati a sbattere contro un muro umano che ci ha fatti rimbalzare indietro, come una molla, ed io nell’andare indietro ho strisciato il collo contro il cordone ed ho sbattuto la faccia contro il fercolo e sono svenuto. Poi mi hanno risvegliato i ragazzi della protezione civile. Una cosa strana è che quando mi risvegliai ero all’esterno del cordone, questo significa che qualcuno mi ha preso e sbattuto fuori del cordone salvandomi la vita.

 

La salita venne fatta poco prima delle 10 del mattino senza corsa, dopo la triste notizia del giovane e di coloro che erano rimasti coinvolti nell’incidente. Qual è stato il problema che ha portato ad una attesa così lunga? A quell’ora, dopo aver seguito per tutta la notte il fercolo, i devoti non sono fisicamente troppo deboli e spossati?

Non ho idea del perché si aspettò tanto, e non so chi prese questa decisione. Ma secondo me l’incidente non accadde perché venne ritardata la partenza o per la stanchezza dei devoti.

 

E allora qual è stata la causa di questo grave incidente? Chi furono i responsabili?

La causa è stata senza dubbio la sciocchezza di alcuni che rimasero all’interno dei cordoni senza tirare e senza un motivo particolare. Siamo tutti responsabili di quell’incidente a partire da tutti i devoti, a quelli del comitato e alle autorità competenti, perché bastava solo un po’ di buon senso per far sì che non succedesse niente.

 

Tu eri tra i feriti, come te la sei cavata? Sai all’incirca quante persone come te sono state coinvolte?

Io ho avuto molta fortuna. Infatti ho subìto solo una sub-lussazione alla spalla ed un grande ematoma in viso. Penso che le persone coinvolte siano state circa una ventina.

 

Questo episodio ha influito negativamente nella tua partecipazione personale ed attiva da devoto? L’anno scorso hai partecipato di nuovo? Cosa farai quest’anno?

Non posso rispondere a questa domanda perché dall’incidente non sono più tornato alla festa, perché studio a Milano, ma quest’anno ci sarò. Comunque non penso che questo influenzi la mia partecipazione alla festa, però sicuramente non farò la salita di Sangiuliano.

 

Molti devoti, i veterani in particolare, colgono l’importanza di questo gesto di fede mentre altri, soprattutto quelli più giovani, forse lo reputano un atto di eroismo, di gara, di forza fisica, di sfida con sè stessi. Come ti senti ed in generale come si sente un devoto di fronte ad un’esperienza bella ma estenuante quale appunto la salita di Sangiuliano?

Personalmente, è un gesto come un altro. L’importanza della festa non è essere presenti per fare la salita o meno. Non trovo differenze nel fare la salita di Sangiuliano o essere sotto gli archi della marina a tirare normalmente il cordone il 4 mattina.

 

Solitamente a chi è consigliato o permesso di prendere parte alla salita? Esistono dei requisiti particolari in base alla quale si viene scelti o esclusi oppure è tutto improvvisato sul momento e ogni devoto fa una scelta personale in fretta ritrovandosi a fare i conti con sé stesso, con la propria resistenza fisica ed anche con la propria “incoscienza”?

Non credo esistano dei criteri ma basta solo un po’ di intelligenza per capire che non è il caso che un devoto (di al massimo quindici anni) faccia la salita di sangiuliano mano nella mano con la sua ragazza, come ho visto io quel giorno.

Valeria Arlotta

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