In manette è finito Francesco Restivo, l'uomo era ricercato dalla polizia dal 20 maggio. Nei giorni scorsi erano già stati arrestati la moglie, il figlio, i fratelli e due nipoti. Il gruppo avrebbe utilizzato anche dei bastoni e un'ascia
La spedizione punitiva ad Adrano e i colpi di pistola Catturato latitante. Dietro i fatti una lite in famiglia
Era l’ultimo a mancare all’appello. Si tratta di Francesco Restivo, ricercato dal 20 maggio dai poliziotti del commissariato di Adrano. Gli stessi che adesso, dopo una complicata indagine fatti di appostamenti e perquisizioni, sono riusciti ad acciuffarlo. L’uomo, classe 1966 originario di Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina, è indiziato nell’ambito di una spedizione punitiva, avvenuta ad Adrano il 16 maggio.
Episodio che si è caratterizzato per l’esplosione di tre colpi di pistola verso la porta di un’abitazione. Nel mirino una donna di 37 anni e il figlio di 19 anni. Coinvolti, secondo la ricostruzione degli inquirenti, in una lita tra componenti di una famiglia di camminanti, gruppo nomade diffuso in Sicilia.
Tutto sarebbe nato dalle parole utilizzate dalle vittime, la donna di 37 anni e il figlio, nei confronti della madre della prima. Dalle parole in poco tempo si sarebbe passati ai fatti. Quattro persone, tutte imparentate tra loro, che sono state catturate con l’accusa di duplice omicidio. Si tratta di Bartolo Restivo (56 anni) e Carmela Felice (51 anni). Il primo è il fratello del latitante catturato ieri pomeriggio. Felice, invece, è la moglie.
Nell’elenco ci sono anche il figlio e il nipote della coppia arrestata: Salvatore Restivo (24 anni) e l’omonimo Salvatore Restivo (31 anni). Altri indagati nella stessa inchiesta sono il fratello del latitante, Salvatore Restivo di 58 anni e la compagna di quest’ultimo, Fortunata D’Amico, 63 anni. Il 21 maggio si era costituito un altro nipote, Giuseppe Restivo, 32 anni.
Stando alla ricostruzione dei fatti tutto sarebbe partito da una lite tra la 37enne e la madre Fortunata D’Amico. Il compagno di quest’ultima sarebbe stato il primo a intervenire prendendo a bastonate, con un manico di scopa, la vittima. Successivamente, stando all’accusa, si è occupato di organizzare la spedizione punitiva per tentare di uccidere il nipote di D’Amico. Per riuscire nel piano, oltre a una pistola, sono stati utilizzati sassi, una stecca da biliardo, tondini di ferro e anche una piccola ascia.