Gli ultimi dati dell’Aire parlano chiaro: il 14 per cento dei siciliani è censito tra i residenti all’estero; di queste 713.483 persone, la maggior parte (quasi 150mila) è originaria proprio della provincia di Agrigento, nonostante da Favara ai Sicani si siano innescati diversi circoli virtuosi. Qui, in quel lembo di terra da dove fuggì anche lo stesso Pirandello che poi raccontò a Bonn della «parlata di Girgenti», ci sono ben due Comuni nella top five degli iscritti al registro: Licata e Palma di Montechiaro, che figurano accanto ai tre principali centri dell’isola.
La città del Gattopardo, poi, è quella dove si rileva una maggiore incidenza in percentuale degli emigrati sulla popolazione residente: quasi il 44 per cento. «Anzi adesso il trend è migliorato: fino al 2007 Palma era la prima per emigrazione in Italia dopo i capoluoghi». A dire la sua sulle statistiche è Pasquale Amato, primo cittadino palmese che ama definirsi «sindaco di frontiera». E in effetti, per fronteggiare questo fenomeno, c’è da stare in trincea: «In un momento nel quale – continua Amato – non beneficiamo più dei trasferimenti dello Stato, rimangono due sole armi: il turismo e l’agricoltura. Nel primo caso c’è da emanciparsi ulteriormente da un’immagine ancora troppe volte connotata dal sembiante mafioso, nel secondo occorre fare i conti con territori, come il nostro, dove addirittura mancano ancora adeguati sistemi di irrigazione».
Come vi state muovendo in questi due ambiti a Palma? «Ci stiamo impegnando innanzitutto sul versante della certificazione dei nostri prodotti, ma è dura perché le lobby continuano a tagliare fuori dal mercato i piccoli imprenditori; sul fronte del turismo stiamo cercando di entrare nei circuiti, come quello della Targa Florio o quello letterario legato alla figura di Tomasi di Lampedusa: in entrambi i casi abbiamo avviato uno scambio fecondo con la città di Palermo. Si è lavorato molto anche sul litorale: Marina di Palma adesso non è più un parcheggio sulla spiaggia, ma un lungomare dove poter passeggiare tranquillamente». E i risultati si vedono. «Fino a cinque anni fa i B&b erano due-tre in tutto, adesso disponiamo di circa 200 posti letto, che l’estate scorsa hanno registrato il tutto esaurito: i gestori sono stati costretti a rifiutare una settantina di prenotazioni. Siamo agli albori, ma stiamo lavorando bene».
Il sindaco ha un ruolo chiave, e Amato si è inventato un modo tutto suo di accogliere i turisti: con un vassoio di tipici dolci di mandorla preparati dalle suore di clausura palmesi. «Confermo, e per l’occasione indosso anche la fascia tricolore. Il territorio non si deve offrire con freddezza: il turismo su cui puntare è quello relazionale». Il primo cittadino porta «un esempio plastico di come inventarsi un lavoro». «La frazione di Torre di Gaffe, dove i palmesi trascorrono la stagione balneare, dopo l’estate si spopola. Sulle spiagge adiacenti, durante l’inverno, si dà appuntamento la comunità del kitesurf, formata da ragazzi che a volte dormono persino dentro le macchine, a fronte di centinaia di abitazioni vuote: un gruppo di ragazzi con voglia di fare e idee chiare potrebbe trasformare quell’agglomerato disabitato in un albergo diffuso e offrire vari servizi. Solo facendo scattare queste molle – conclude il sindaco – si può sconfiggere lo spopolamento in questa terra stonata, altrimenti siamo destinati a morire di inedia e di tasse».
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