La Sicilia affonda, ma l’Ars insiste con il precariato. ‘Santo commissario dello Stato’ pensaci tu…

NONOSTANTE IL ‘BUCO’ DA UN MILIARDO E MEZZO DI EURO, IERI SERA SALA D’ERCOLE HA STANZIATO 330 MILIONI DI EURO PER IL RINNOVO DEI CONTRATTI AI PRECARI DEGLI ENTI LOCALI. CHI PAGHERA? LE IMPRESE, LE FAMIGLIE, I COMUNI E, SOPRATTUTTO, LE FASCE DEBOLI DELLA POPOLAZIONE

Nonostante il ‘buco’ da un miliardo e mezzo di euro ieri sera l’Assemblea regionale siciliana ha votato la proroga ad una parte dei precari siciliani (‘appena’ 30 mila e forse più: quelli degli enti locali). Solo per i precari dei Comuni la Regione siciliana dovrebbe spendere, quest’anno, oltre 330 milioni di euro. Se consideriamo tutti i precari della Sicilia (quelli degli uffici della Regione, degli enti e delle società regionali, della sanità e delle Province) si arriva a 85 mila unità e forse più, con una spesa complessiva che supera, per il 2014, il miliardo di euro!
Il voto di ieri sera a Sala d’Ercole certifica – per chi avesse ancora qualche dubbio – che in Sicilia non è cambiato niente. Anzi, la situazione, rispetto agli anni passati, è peggiorata. In parte perché la Regione siciliana prosegue, senza sosta, con la spesa pubblica improduttiva e, in parte, perché lo Stato centrale, per fare fronte alla politica del rigore imposta da un’Unione europea sempre più fallimentare, continua a spremere i già ‘spremuti’ conti della Regione.
L’anno scorso Roma ha scippato dal nostro Bilancio 914 milioni di euro. Quest’anno si prenderà da 800 milioni a un miliardo di euro. Il risultato di una Regione che subisce senza battere ciglio i prelievi folli romani e insiste con il precariato e, in generale, con la spesa pubblica improduttiva è il già citato ‘buco’ di un miliardo e mezzo di euro.
Come abbiano potuto, ieri, i nostri 90 parlamentari dell’Ars approvare la proroga dei contratti ai precari dei Comuni per la ‘modica’ somma di 330 milioni di euro e forse di più, senza chiedersi se i conti regionali saranno in grado di affrontare un esborso simile, beh, non riusciamo a capirlo.
Ma l’aspetto tragico non è questo. L’aspetto tragico è che, dopo oltre un anno di Governo di Rosario Crocetta, non si conta una sola iniziativa in favore delle imprese. E dire che in Giunta, ormai da cinque anni, ci sono i dirigenti di Confindustria Sicilia. Dopo cinque anni di gestione dell’assessorato alle Attività produttive da parte degli ‘imprenditori’, le poche cose che emergono sono i provvedimenti per gli ‘amici’. E la ‘caccia’ spasmodica ai fondi della formazione professionale. Poi il nulla.
Tutti gli indicatori economici dicono che la Sicilia, negli ultimi anni, invece di andare avanti, è andata indietro. Il Pil (Prodotto interno lordo) è in caduta libera. I consumi diminuiscono. Le tasse crescono. Le imprese chiudono. La disoccupazione è alle stelle (65 mila disoccupati in più nel 2013). Ma questo non smuove di un millimetro l’attuale Governo regionale, tutto intento a ‘spolpare’ quel poco che resta della Sicilia.
Invece di agevolare le imprese, il Governo regionale le affossa. Perché con un ‘buco’ di un miliardo e mezzo di euro, i 330 milioni di euro per i precari – ammesso che l’ufficio del commissario dello Stato faccia passare questa follia – non potranno che essere pagati dalle imprese e dalle famiglie siciliane. E, naturalmente, dai Comuni (il taglio del fondo regionale per le Autonomie locali, anche se nessuno lo vuole ammettere, serve per pagare il precariato). E, soprattutto, dalle fasce deboli della popolazione siciliana: gli anziani poveri, i minori delle famiglie povere e disagiate, i portatori di handicap, i malati e via continuando. 
Sembra incredibile: anche se in presenza di un contesto nazionale e internazionale che impone un repentino cambiamento di modello economico (non possiamo parlare di modello di sviluppo, perché la Regione siciliana non ha un modello di sviluppo: semmai va avanti con un modello di sottosviluppo, che è culturale prima che economico), la politica siciliana – con la sola eccezione del Movimento 5 Stelle – insiste nel vecchio modello imperniato sulla spesa pubblica (il tentativo, finora andato a vuoto, di coinvolgere direttamente l’editoria nella spesa pubblica regionale non è altro che una forma di consociativismo teso a condizionare il giudizio su un modello errato: altro errore capitale).
I grillini hanno provato a creare un fondo per le micro-imprese. Ma prima la burocrazia regionale e poi la stessa politica hanno eliminato una ‘pericolosa’ anomalia. Per la politica siciliana, si sa, le imprese servono per pagare i ‘buchi’ della sanità (leggere Irap) e , adesso, come già accennato, per pagare il precariato.

Insomma, per la politica siciliana, l’Autonomia siciliana continua ad essere uno ‘stipendificio’ al servizio delle campagne elettorali. Crocetta, il PD, l’Udc e le piccole formazioni politiche che appoggiano il Governo si illudono di continuare a utilizzare il precariato alle elezioni europee della prossima primavera (320 mila voti clientelari: questa è la stima). Dell’economia e dello sviluppo, all’attuale Governo e alla maggioranza che lo sostiene, non gliene può fregare di meno.
Che fare davanti a uno spettacolo così desolante? Come abbiamo scritto stamattina, il Governo nazionale non vuole nemmeno sentire parlare di default della Regione siciliana. Perché il fallimento della nostra Isola – che è già un fatto acclarato con un miliardo e mezzo di euro di ‘buco’: in pratica, quanto il deficit di tutta la Grecia! – creerebbe problemi di rating all’Italia.
Questo ha ringalluzzito i politici siciliani – soprattutto il Governo Crocetta, il PD, l’Udc e le altre forze politiche della maggioranza – che pensano di avere ‘intrappolato’ il commissario dello Stato.
Noi ci auguriamo che le cose non stiano in questi termini. E che il commissario dello Stato – in assenza di un cambiamento radicale di questa folle manovra da parte di Sala d’Ercole – metta un po’ di ordine impugnando se non tutte, almeno una buona parte delle spese improduttive.


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