La sede catanese del Museo egizio di Torino «Staff all’altezza o sarà un’azione di facciata»

«Saremo in condizione di organizzare tutto nella giusta maniera?». L’interrogativo di Dario Palermo, docente di Archeologia classica al dipartimento di Scienze della formazione, è lo stesso che si pongono in molti. Da quando durante un servizio del Tg1 Evelina Christillin, presidente della fondazione che gestisce il Museo egizio di Torino, ha parlato di alcuni contatti con il sindaco etneo Enzo Bianco per valutare l’apertura di una sede catanese. Una notizia data quasi per imminente dal primo cittadino e poi riportata al suo stadio ipotetico dai vertici dell’istituzione piemontese. «Sono assolutamente favorevole – afferma Dario Palermo – Penso che costituirebbe un richiamo turistico enorme per Catania». 

Assieme all’importanza per il turismo, secondo il professore l’avvio della collaborazione sull’asse Catania-Torino «potrebbe servire per introdurre le best practice, quelle buone pratiche di cui sappiamo che il Museo egizio è portatore». Un circolo virtuoso «che potrebbe essere un traino per Catania». Città «dove abbiamo un museo civico impraticabile, di cui è esposta solo una piccola parte del suo vasto patrimonio», puntualizza l’ordinario dell’università etnea. 

Per i vertici dell’amministrazione Bianco l’operazione potrebbe concludersi in tempi brevi. Già individuata anche la sede: l’ex convento di via CrociferiPer anni sede della Cisl, poi ritornato in possesso del Comune che ha avviato un lungo restauro partito nel 2011 e non ancora terminato, l’edificio a pochi passi da villa Cerami è parzialmente ristrutturato. Al suo interno dovrà essere ospitato anche il Museo della città. È razionale mettere elementi così diversi tra loro in un unico luogo? «Il rischio di confusione c’è – ammette Dario Palermo – Comunque non penso che ci siano difficoltà a trovare gli spazi, il Comune ha molti luoghi di prestigio da poter utilizzare». Poi aggiunge: «Sono le persone che mi preoccupano».

A impensierire il docente di Archeologia, infatti, è altro. «Il problema, in casi del genere, è quello del patrimonio umano – dice Palermo – Nel meridione e soprattutto in Sicilia non si fanno assunzioni, ci sono moltissime persone a spasso. Così si perde una risorsa importantissima per il territorio». E, inevitabilmente, «il patrimonio archeologico e culturale, se non mantenuto, va in rovina. Inutile investire se non c’è chi non lo sa valorizzare». Per questo motivo, per permettere l’avvio della succursale catanese del Museo «serve uno staff che sia all’altezza». 

Secondo Dario Palermo, che per anni è stato professore proprio all’università di Torino, «se il Museo non troverà le condizioni adatte, non credo che si muoverà». Università e soprintendenza, sostiene, «hanno persone di livello che potrebbero essere utili e all’altezza». Figura centrale dovrà essere quella di vertice: «Un direttore valido e libero da qualsiasi condizionamento politico – precisa – A queste condizioni, potrebbe essere un’ottima operazione, in grado di avere grandi risvolti. Altrimenti sarà un’azione di facciata».


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