Tre ragazzi laureati in filosofia ed editoria, stanchi di vedersi chiudere le porte in faccia a causa dei loro studi, decidono di mettersi in proprio dando vita, a Barcellona Pozzo di Gotto, ad una associazione culturale che organizza laboratori artistici e circoli di lettura non convenzionali in giro per la Sicilia, con un fortissimo legame con il territorio. Al motto di «Se il lavoro non c'è, creiamo da soli quello che ci piace»
La scommessa degli Ossidi di Ferro «Fare cultura nella nostra terra»
Tre ragazzi poco più che trentenni con la passione per la filosofia e il mondo dell’editoria. Sono Alessandro Motta, Marco Salanitri ed Elisa Calabrò, che nell’ottobre 2010 hanno dato vita all’Associazione di Promozione Sociale e Culturale Ossidi di Ferro. Con sede a Barcellona Pozzo di Gotto, in provincia di Messina, il «collettivo di intenti», come i soci fondatori amano definirlo, si occupa della promozione del libro «quale veicolo primario di cultura», ma anche di altre discipline artistiche, puntando sulla condivisione di esperienze come esempio di crescita di un territorio. E proprio il legame con il territorio è stata la scintilla che li ha fatti tornare o restare in Sicilia per provare a realizzare il loro sogno: «Dar vita a qualcosa che potesse farci realizzare le nostre aspirazioni. Perché qui in Sicilia c’è speranza e c’è tanta voglia di fare», raccontano. CTzen ha incontrato Alessandro e Marco.
Sul vostro blog vi definite «Un collettivo di intenti, un pensatoio comune, una fucina di alternative, una ve(n)detta metropolitana». Cos’è Ossidi di Ferro?
Alessandro: E’ un’associazione culturale fondata un anno e mezzo fa da due laureati in filosofia, una in editoria e giornalismo e un’altro in critica dell’arte. Perché? Semplice: per gente che ha scelto di formarsi su questi percorsi, oggi non è facile trovare una collocazione lavorativa. Tutto è nato dall’idea di dar vita a qualcosa che ci potesse soddisfare e farci realizzare nelle nostre aspirazioni. Viste le difficoltà e le resistenze incontrate nella città in cui viviamo nel riuscire a trovare uno sbocco lavorativo rispondente al nostro percorso di studi ci siamo decisi a creare qualcosa di nostro, piuttosto che continuare a chiedere occasioni agli altri.
Da quante persone è composta l’associazione?
Alessandro: A fondarla siamo stati in quattro. Adesso siamo rimasti in tre, gli stessi che ci lavorano attivamente. I soci complessivi, invece, sono un centinaio.
Quali sono le vostre attività?
Alessandro: Il nostro lavoro si basa principalmente sul libro quale veicolo primario di cultura. Operiamo in collaborazione con alcune case editrici siciliane e non solo, organizziamo eventi e presentazioni editoriali, laboratori di lettura e artistici per bambini delle scuole e per adulti, laboratori filosofici, circoli di book crossing e di lettura. Ad esempio, questo è il secondo anno in cui partecipiamo al programma Nati per leggere, un progetto nazionale in collaborazione con biblioteche e scuole per l’alfabetizzazione alla lettura dei bambini in età prescolare. Siamo abbastanza attivi. Abbiamo appena cominciato il secondo anno di vita, abbiamo già fatto un sacco di cose e siamo molto contenti. Anche se il nostro sogno è di riuscire a dare vita ad un’agenzia di servizi editoriali e comunicativi. Ci stiamo lavorando.
Come mai avete scelto questo nome?
Alessandro: L’origine del nome è stato una specie di lampo di genio notturno. L’ossido di ferro veniva utilizzato dagli amanuensi per rendere l’inchiostro più duraturo e brillante, elemento che oggi si trova sia nei toner delle fotocopiatrici che nelle cartucce delle stampanti, entrambi oggetti legati anche adesso alla carta stampata. Ci piaceva mantenere questo filo conduttore dall’antichità ad oggi.
Avevate esperienza di associazionismo e di promozione culturale? Parlateci un po’ di voi.
Alessandro: Ho studiato per tre anni Giurispudenza a Messina, senza voglia né interesse, poi ho deciso che volevo studiare Filosofia. Mi sono trasferito a Catania dove mi sono laureato e mi sto faticosamente specializzando. Da quando vivo sotto al vulcano ho fatto molta politica, soprattutto con associazioni GLBT. Ho fatto parte dell’Open Mind, ho fondato il Codipec Pegaso e adesso sono nel direttivo dell’Arcigay di Catania, nonché consigliere del movimento nazionale.
Marco: Ho studiato danza per sette anni e ho cominciato il Dams a Bologna perché sono un appassionato di musica, anche se non sono un musicista. Dopo aver lasciato la scuola per artisti, ho lavorato due anni a sempre a Bologna, ma poi sono tornato in Sicilia dove ho cominciato a studiare Filosofia, a Catania. Adesso sono bloccato con la tesi. Ho perso la motivazione, ma non mollo. Non mi sento più uno studente ma ormai voglio concludere gli studi. Da un paio d’anni dedico anima e corpo al progetto degli Ossidi di Ferro.
Quindi dopo gli studi avete deciso di rimboccarvi le maniche per creare qualcosa di vostro. Non è un rischio? Siete ancora abbastanza giovani da continuare a cercare oppurtunità.
Marco: Ci siamo decisi tardi, avremmo potuto pensarci prima. Credo che per decidere di fondare gli Ossidi sia stato necessario accumulare tutta una serie di frustrazioni. Siamo arrivati ad un punto in cui eravamo stanchi di chiedere lavoro in giro a gente che non te lo darà mai e abbiamo deciso di crearci noi le nostre possibilità.
Quale è stata la scintilla che vi ha portato a dire basta?
Marco: Sicuramente il ritorno in Sicilia di Elisa Calabrò, presidentessa e terzo membro fondatore degli Ossidi di Ferro. Laureata a Roma in editoria e giornalismo, ha alle spalle un percorso di attivismo e militanza nelle associazioni della Capitale. E’ stata lei la scintilla che ci ha dato mille idee per cominciare.
Alessandro: Anche lei come noi si era stancata dell’impermeabilità di alcuni ambienti e ha deciso di tornare. La mia scintilla è stata l’aver ricevuto dei rifiuti anche per lavorare come commesso perché laureato in filosofia.
Tutto ebbe inizio da?
Marco: Una sera a casa nostra (io e Alessandro viviamo insieme) per discutere dell’idea di allora: fondare una rivista letteraria. Ci riunimmo per abbozzare il progetto di quello che adesso è Capperi!, il nostro a-periodico di critica letteraria e sociale.
Alessandro: Si chiama così perché esce quando ce la facciamo, quando abbiamo voglia. In quella riunione abbiamo dato il la all’avventura di Ossidi di Ferro.
Sul vostro manifesto parlate di «imparare la manipolazione e mescolanza». Che significa?
Alessandro: Ci piace l’idea dell’alchimia che si viene a creare con le persone, con lo scambio culturale, con le esperienze, con la politica delle relazioni. Noi vorremmo incidere sul territorio in cui operiamo non per fossilizzarci su un’unica attività di una macroarea di interesse, ma mescolando le varie competenze.
Marco: Vogliamo aprirci alla collaborazione di tutti. Ad esempio, il tè letterario che teniamo alla libreria Feltrinelli di Catania non è il classico «noi presentiamo il libro e voi state ad ascoltare». L’obbiettivo reale è di fare in modo che ciascuno arricchisca l’incontro con la propria esperienza. Vorremmo coinvolgere più persone possibili. E’ questa la nostra unione di intenti, da cui crediamo possa nascere qualcosa di interessante.
La sede «autoristrutturata» dell’associazione si trova a Barcellona Pozzo di Gotto. Come mai non avete scelto una città più grande?
Alessandro: Siamo molto legati al territorio. Io sono di Barcellona, Marco è di Randazzo. Anche se viviamo a Catania e abbiamo fatto anche delle cose fuori dalla Sicilia, siamo tornati a Barcellona con coscienza. Vogliamo agire nella nostra terra, con l’interesse e l’impegno, finché possiamo, a non andarcene.
Ossidi di Ferro è una passione trasformata in lavoro. Che riscontri avete ottenuto in questi primi mesi di attività?
Alessandro: Fantastici! Non abbiamo smesso di lavorare un attimo. Anche perché, a nostro avviso, qui mancano altre realtà che offrono i nostri stessi servizi. Al momento non riusciamo a sopravvivere solo con questo lavoro, ma rispetto all’anno scorso abbiamo raddoppiato gli introiti. Speriamo di continuare su questa curva ascendente. Questo ci teniamo a dirlo: qui in Sicilia c’è speranza e c’è tanta voglia di fare. Lo percepiamo con il lavoro di ogni giorno.
[Foto di Ossidi di Ferro su facebook]