La scena catanese: Cover band vs Gruppi emergenti

A chi non è capitato di suonare in un gruppo, o quantomeno, di desiderare farlo? Il palcoscenico, gli applausi, la voglia di esibirsi, di mettere in mostra la propria abilità, di poter condividere con gli altri delle emozioni è qualcosa che attrae irresistibilmente.

Già, però dal sogno alla realtà c’è una bella strada da percorrere. Non è sempre facile, infatti, per un gruppo (o ancora di più per un solista) trovare la possibilità di farsi ascoltare, di riuscire a passare dal totale anonimato ad un minimo di credibilità locale e poi, magari, nazionale.

In cosa risiede questa complessità? Nel fatto che non è sempre facile trovare il gestore di un locale che accetti la scommessa (perchè di scommessa si tratta) di promuovere un gruppo emergente che porta sul palco dei pezzi inediti, rischiando dunque l’incasso della serata, piuttosto che andare sul sicuro con una di quelle che in gergo si chiamano “cover bands”, vale a dire un gruppo che propone pezzi conosciuti di artisti famosi sapendo, quindi, di rivolgersi a colpo sicuro ad un ampio target di pubblico e di incontrarne il favore.

Nella nostra città, Catania, la situazione non è molto dissimile da quella di molte altre centri abitati. Pochi locali, in genere pub, come nel caso del Rock Fly o del Waxy O’Connors scelgono di affidare l’intrattenimento delle loro serate a gruppi locali poco conosciuti, mentre i “pezzi grossi” (vedi lo Zo o il Taxi Driver ad esempio) optano per un repertorio di sicuro effetto o su nomi altisonanti che consentano loro di “rientrarci con le spese”.

Ne consegue che, per chi vuole aprirsi un varco nel mondo della musica, la strada da percorrere appare lunga e difficile, soprattutto perchè il sottobosco delle grandi città non offre molto spazio per chi desidera emergere facendosi le ossa nei locali, che puntano più alla sostanza dei bigliettoni europei piuttosto che alla promozione di giovani talenti.


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