Al dirigente la settimana scorsa è stata recapitata una lettera intimidatoria con alcuni proiettili. Un messaggio che Adolfo Messina lega al cambio di passo che ha imposto alla partecipata della Provincia. E precisa di essere stato «avversato ancor prima che arrivassi, perché rappresentavo una rottura rispetto al sistema»
La Pubbliservizi e le minacce al presidente Messina «La società veniva considerata come cosa propria»
«Più che minaccia, la intendo come un’intimidazione». Un messaggio legato al primo mese di attività in qualità di presidente della Pubbliservizi, società partecipata della Provincia. Una settimana dopo il ritrovamento di una busta con un messaggio intimidatorio – «Stai veramente rompendo i coglioni. Continua e sei morto» -, Adolfo Messina parla dell’aria che si respira tra i corridoi della sede de Le Ciminiere e dello stato delle casse dell’ente. «Abbiamo circa tre milioni di euro di debiti verso i fornitori», dichiara.
«Ogni mese dovremmo compiere delle scelte incredibili: pagare gli stipendi o meno». La priorità, assicura, va ai lavoratori, così «i fornitori restano indietro». Scelta che ha provocato un allontanamento dei fornitori. «Il 90 per cento non vuole più fornire nulla alla Pubbliservizi. E non si effettuano i lavori, così la Provincia non ci paga. È un cane che si morde la coda», descrive Messina. E i rapporti con palazzo Minoriti, precisa, non sono ideali. Tra copiose contestazioni e ritardi nei pagamenti. Una situazione, quella economica, che «ci mette in una condizione terribile, da non poter pagare nemmeno gli stipendi». Un problema legato alla dismissione dell’ente provinciale? «Ce li hanno i soldi – garantisce Messina – Il problema della dismissione è altro, ma i soldi li hanno».
Il presidente precisa di essere stato «avversato ancor prima che arrivassi, perché rappresentavo una rottura rispetto al sistema». Un ostruzionismo che è «anche politico. Sono un elemento esogeno rispetto a questo sistema». Messina, oltre a essere direttore del sito Qt Sicilia, è stato anche consulente dell’ex governatore siciliano Raffaele Lombardo dopo essere stato funzionario al Senato in quota Forza Italia. E allontanando le voci che lo vedono vicino all’ex sindaco di Bronte Pino Firrarello – «Io sono il nemico di Firrarello, da tempo», dice con forza – spiega come «questa società veniva considerata come cosa propria: ognuno che veniva qua faceva l’uso che ne voleva». Con nomine dei vertici che sarebbero state disposte dall’ex presidente della Provincia Giuseppe Castiglione e il sindaco di Catania Enzo Bianco.
Secondo Adolfo Messina, il messaggio recapitato è legato al «lavoro che ho fatto e a quello che potrei fare. Mi preoccupa proprio questo aspetto: chissà cosa c’è ancora – si chiede – Abbiamo bloccato piccole cose, che nel moltiplicatore quantitativo diventano enormi». Un cambio di passo che esemplifica nel numero di gare a evidenza pubblica disposte dal suo insediamento: «In un mese ne abbiamo fatte 15, nei primi sei mesi del 2015 erano circa cinque». E il presidente di Pubbliservizi prospetta la possibilità di chiedere un intervento della Regione: «Un aiuto straordinario per cercare di salvare i 400 dipendenti. Sarebbe una bomba sociale in questo momento su Catania».
Sul fronte delle indagini per scoprire chi abbia inviato la lettera con i proiettili, ancora non ha delle novità. «Dobbiamo aspettare che le autorità facciano il proprio lavoro». E, aggiunge, «ho fornito agli inquirenti tutte le azioni fatte da quando ci siamo insediati fino adesso».