Venerdì scorso abbiamo assistito al secondo dei sei incontri a tema “Geografie, il mondo che cambia, il mondo che ci cambia“, organizzati dall’associazione “Itaca” e dal PSE, il gruppo socialista al Parlamento Europeo. L’incontro, stavolta, è stato basato sul “Caucaso”. E’ intervenuto il notissimo giornalista Demetrio Volcic, spalleggiato dall’organizzatore della kermesse geopolitica, il parlamentare Claudio Fava. Demetrio Volcic ha lavorato per la RAI per oltre trentacinque anni. E’ stato corrispondente da Praga, Vienna, Bonn e Mosca, nonché direttore del TG1 per un anno e parlamentare europeo nel ’99.
“Demetrio è un punto importante per il nostro ciclo di conferenze – ha detto Fava, presentandolo -, per capire cosa sta accadendo nel mondo ai nostri giorni”. Ed ha subito girato la domanda: “Il Caucaso è diventato punto fondamentale per la politica internazionale. Vogliamo capire cos’è il Caucaso. Perché è diventato d’attualità?”
Pronta risposta di Volcic:”Il Caucaso è quella zona che molti statisti vorrebbero attorniare con un muro e lasciare che i suoi abitanti si sterminino tra loro. Quella che era stata la guerra fredda per l’Europa, il Caucaso lo è per il mondo – continua – sono tre stati (Armenia, Georgia e Azerbaijan) uniti insieme non si sa perché, visto che hanno avuto storie diverse”.
Dopodichè si lascia andare in un excursus storico che ha l’obiettivo di far comprendere al pubblico in sala la nascita degli attuali conflitti in quella zona così tribolata. Il Caucaso viene definito “zona della pace fredda”, proprio perché le tensioni che facevano parte della guerra fredda, si sono trasportate lì, in una pace instabile, frutto di accordi e compromessi, pronta a cadere ad un piccolo soffio di vento.
Il giornalista di Lubiana ci parla, inoltre, della Cecenia, e delle sue “elezioni fantoccio” che il premier russo, Putin, ha bandito solo per demagogia. E alla domanda di Fava, che chiede se mai ci sarà una vita migliore per questi popoli, Volcic risponde: “Non c’è soluzione politica e militare nell’attuale scenario. La soluzione ci sarà quando la tensione e i tafferugli che ci sono all’interno della zona di Nagorno-Karabach costringeranno la popolazione affamata a spostarsi negli ex territori armeni.“
La discussione si sposta successivamente in Ucraina, cercando di capire cosa succederà a elezioni concluse e alla parte politica che riveste l’Europa in ambito mondiale, definita da Volcic “il gigante dai piedi d’argilla”, e dice veramente tutto ciò che pensa su di lei quando Claudio gli chiede cosa pensa sulla possibilità che la Russia entri nell’UE: “L’Europa vorrebbe darsi una politica, ma di fatto non lo fai mai veramente. È completamente “naif” annettere la Russia all’Unione Europea, perché tutti i russi verrebbero da noi. E essendo 150 milioni, sconvolgerebbero un continente non pronto ad accoglierli e, d’altronde, noi non abbiamo i salari necessari per aprire fabbriche da loro. L’Europa è il più grande mercato mondiale, ma non è ancora una potenza politica e militare”
Le ultime parole di una discussione un po’ lenta, a volte, ma spezzata dai movimenti goffi di Volcic alle prese con una cartina geografica, sono dirette al giornalismo nostrano: “Oggigiorno non c’è più bisogno di mandare corrispondenti per il mondo – ci dice il giornalista – le notizie sono gestibili dall’Italia stessa, perché controllate dalle stesse fonti. I nostri giornali vogliono la lacrima, la cronaca nera – continua – e il nuovo modo di presentare la notizia cambia anche la guerra. I morti cambiano la guerra. Pochi morti rendono la guerra “diversa”. Bisognerebbe ripensare tutta l’informazione e il modo di fare TV”.
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