La nuova creatura di Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Uomini di fiducia per ritornare a gestire appalti milionari

«Una realtà siciliana dal respiro nazionale ma con ambizione globale». Per chi si imbatte sul sito web della società o viaggia tra le campagne di Santa Venerina e si ritrova davanti alla futuristica sede di via Felicetto, chiedersi come, nel giro di pochi anni, una srl sia stata capace di affermarsi nel settore della progettazione e realizzazione delle grandi opere è quasi naturale. Ma la domanda è posta male: Amec, nonostante sia stata costituita nel 2017, è tutto fuorché una neoarrivata. Dietro la sigla c’è l’ultima creatura dei controversi costruttori Mimmo Costanzo e Concetto Bosco Lo Giudice. Al punto che pure il nome scelto nasconde una volontà chiarissima, quella di non mollare: Ancora Mimmo E Concetto. 

Il nome della società, pur non avendo contestazioni dirette, è comparso tra le carte dell’inchiesta Acrot, che ha portato agli arresti domiciliari per i due imprenditori e a un sequestro da oltre 90 milioni di euro. Nel mirino della guardia di finanza c’è il passato del duo Costanzo-Bosco Lo Giudice. Accusati, in un’indagine ancora aperta, di avere compiuto una serie di manovre finanziarie per distrarre risorse dal colosso degli appalti Tecnis verso altre società legate al gruppo. Operazioni che sono valse agli imprenditori l’accusa di bancarotta fraudolenta. In questa storia, Amec viene considerata dai magistrati «il risultato finale» della bancarotta.

La Amec, per bocca di Bosco Lo Giudice, inconsapevole di avere uno spyware sul proprio cellulare, faceva parte «della seconda vita» dei due imprenditori. Quella per i quali ci sarebbe stato bisogno di muoversi in maniera pulita ed essere «non precisi, ma millimetrici». E con questo proposito gli affari della società, che fattura annualmente circa 11 milioni di euro, sono andati avanti: la lista degli appalti di cui si occupa la nuova realtà è lunga e campeggia sul sito di Amec. Ci sono i lavori di adeguamento del grande raccordo anulare di Roma e quelli per il collettore fognario di Palermo. In lista pure la trasformazione della tratta ferroviaria Messina-Giampilieri. Tra le ultime aggiudicazioni di un certo spessore, per un valore di 50 milioni di euro, la manutenzione del viadotto Molise I. Lavoro bandito, tramite l’offerta economicamente più vantaggiosa, da Anas.

Per uno strano intreccio tra passato, presente e futuro è proprio nell’ambito dei rapporti con Anas che iniziò il declino di Bosco Lo Giudice e Costanzo, quest’ultimo tra i volti più noti della disastrosa svolta legalitaria degli industriali siciliani. Nel 2015, i due finirono ai domiciliari nella maxi-inchiesta sulla corruzione Dama Nera, per i quali il processo è ancora in corso. Successivamente, fu la procura di Catania a decidere di sequestrare il colosso Tecnis – poi restituito su richiesta degli stessi pm – perché sospettato di essere asservito agli interessi di Cosa nostra. L’ultimo capitolo, l’anno scorso, con la vendita della società al gruppo D’Agostino, un’operazione effettuata sotto regime di amministrazione straordinaria.

Ma mentre nelle aule dei tribunali si srotolano gli aspetti più ambigui di quelle vicende, Costanzo e Bosco Lo Giudice non sono rimasti con le mani in mano. Anzi, si sono gettati pressoché subito nella mischia. Proprio con Amec. Anche se i due ufficialmente non compaiono mai nelle visure camerali. La società, infatti, è amministrata da Antonino Raciti, 54enne il cui nome, documenti alla mano, torna più volte. Tra i nomi del passato che rimandano a Tecnis c’è anche quello di Evelyn Romeo, per dieci anni  inquadrata come responsabile tecnico. Ruolo che adesso ricopre in Amec. Da novembre 2018 a detenere l’intero capitale di Amec, pari a centomila euro, è Amec Group, una srl costituita pochi mesi prima, il cui amministratore unico è lo stesso Raciti.

Continuando a risalire si scopre che Amec Group, il cui capitale è di diecimila euro, è per metà del 21enne Giuseppe Costanzo e la restante parte di un’altra società denominata Indaco srl, che ha sede ad Acireale nello studio di un commercialista. Quest’ultimo, Paolo Currò, non è un volto nuovo nella galassia di Costanzo e Bosco Lo Giudice; a partire dal 2014 è stato amministratore di Artemis, società che condivideva con Cogip le quote di Tecnis. Currò possiede il 35 per cento delle quote di Indaco, mentre il resto è nelle mani del già citato Raciti. Che, anche in questo caso, veste i panni di amministratore unico. La comparsa di Indaco a monte della gestione di Amec è comunque un fatto recente. La società, infatti, è stata costituita a settembre dello scorso anno con un capitale di diecimila euro e con un nome diverso: A.R.C. srl. Le cose poi sono cambiate nel giro di poche settimane, quando il capitale è stato aumentato fino a 15mila euro e la denominazione mutata.

E se dai documenti camerali emerge che la sede di Amec ospiti anche quella di Ing. Pavesi, ovvero una delle società che sarebbero state utilizzate per dirottare le risorse di Tecnis, per capire quanto sia forte il legame tra gli imprenditori indagati e la nuova holding basterebbe seguire sui social network Costanzo. Che, a differenza del socio, è attivissimo sul web. «Manager Amec E.P.C. Construction. Ceo at Cogip Group – Infrastructure & Energy. Da oltre 20 anni opero nelle grandi infrastrutture e nelle energie rinnovabili». Questa, su Twitter, la biografia di una seconda vita che, almeno per il momento, non è iniziata nel migliore dei modi. 

Dario De Luca

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