Ci ha lavorato per più di dieci anni Edoardo Tortorici, docente a Unict di Topografia antica. Romano, prima di lui era stato un altro non siciliano a realizzare questo strumento - utile ai cittadini e al Comune - nel 1873. La cartina si trova in un volume di quasi 500 pagine con schede, commenti critici e tavole
La nuova carta archeologica di Catania Dopo più di un secolo, mappati 161 siti
È ancora una volta uno straniero a regalare a Catania la sua carta archeologica. Il precedente era stato nel 1873 il tedesco Adolf Holm. Adesso a realizzare la nuova mappa è Edoardo Tortorici, docente di Topografia antica dell’università di Catania. Romano di nascita, con origini palermitane, l’archeologo è arrivato nel capoluogo etneo 24 anni fa. «Ho vinto un concorso qui, mi sono detto “Sto due o tre anni e poi vado via” e invece sono rimasto. Da Catania ho ricevuto molto, spero che questo sia un piccolo ma valido ringraziamento». Un volume di circa 500 pagine – titotolo Catania antica, la carta archeologica, verrà presentato il 12 dicembre a palazzo Platamone – con 417 illustrazioni in bianco e nero, dieci tavole a colori più la carta topografica, anche in versione pdf su un cd allegato. Ed è proprio quest’ultima il cuore della novità: uno strumento antico – pieghevole, basato sulla carta topografica comunale aggiornata al 2008 – dove però si trovano segnati tutti i resti noti di Catania con il disegno della loro forma e disposti nella loro esatta posizione. Georeferenziati, insomma. Beni ancora oggi visibili, ma anche scavi portati alla luce nel passato per poi essere ricoperti e siti noti ma non controllati.
Un lavoro lungo e complesso, a cui Tortorici si è dedicato in maniera intensiva soprattutto negli ultimi dieci anni. Ma che inizia ancora prima. «Quando sono arrivato a Catania, come prima cosa sono andato in biblioteca per vedere la carta archeologica cittadina. E non c’era. L’ultima è quella di Holm del 1873 e poi una serie di notizie non coordinate». Così il docente decide di colmare un vuoto, utile non solo per gli studiosi. «I cittadini spesso non conoscono i beni della propria città e uno strumento come la carta può favorire la riappropriazione delle origini – commenta Tortorici – Anche perché, per difendere bisogna prima conoscere». Poi c’è la pubblica amministrazione, che così «può orientare lo sviluppo del territorio e le corrette scelte urbanistiche – spiega il docente – Per capirci: se devo fare fogna e so già che in quel punto incontrerò delle tombe, posso prendere dei provvedimenti». Un po’ com’è successo ai grandi magazzini La Rinascente di via Etnea, sotto ai quali si trova una necropoli. «Forse, sapendolo prima, ci si poteva orientare. Come a Roma, dove in alcuni centri commerciali i resti archeologici sono parte integrante ed esposti». Solo con la mappa, inoltre, è possibile realizzare una sintesi dello sviluppo urbano, da ieri a oggi, di una città che, «secondo una fonte letteraria tarda, era la dodicesima del mondo romano».
L’ultima lista aggiornata dei beni etnei contava 103 siti, solo all’interno delle mure cinquecentesche. Sulla carta realizzata da Tortorici, invece, si trovano i disegni in scala, esattamente posizionati, di 161 siti dalla preistoria alla tarda antichità, concentrati per lo più in centro città, ma non solo. Come una grotta di scorrimento lavico in via Ingegnere, utilizzata in età preistorica come abitazione. Ma il lavoro di ricerca dei dati non è stato semplice, complice la frammentarietà. «Ho fatto ricorso anche all’archivio della Soprintendenza di Siracusa perché fino agli anni ’80 quella di Catania non esisteva – racconta Tortorici – e molto ho trovato anche nel nostro dipartimento». Tra cui un inedito: la pianta di 200 tombe, due basiliche e i mosaici in via dottor Consoli. «Il problema maggiore è stata la qualità della documentazione – continua il docente – Perché spesso succede che si fanno dei ritrovamenti, ma non si realizza il disegno, non lo si fa in scala oppure non lo si lega ai palazzi intorno. Purtroppo ancora oggi è così perché non si investe abbastanza e spesso mancano alcune delle varie professionalità necessarie». Così come ancora oggi non c’è un archivio integrato tra i vari enti e scarseggiano le sinergie.
Nel volume, ogni sito archeologico indicato sulla carta ha un numero a cui corrisponde una scheda con bibliografia, sintesi critica, foto e disegni quando sono disponibili. Compreso un rimando all’accessibilità dei beni, «anche se non si tratta di una guida turistica», specifica Tortorici. Due capitoli sono dedicati all’epoca precedente ai greci – a cura di Massimo Cultraro del Cnr – e a quella greco-romana: divisi in periodi, con tavole a colori per ogni fase storica. La seconda parte della pubblicazione è invece incentrata su temi più specifici. «Il collega di Unict Vincenzo Ortoleva ha curato un commento critico su Lorenzo Bolano, archeologo catanese a cui è seguita una serie di storiografi seicenteschi che hanno falsato alcune cose – anticipa il docente – Poi vengono trattati altri problemi di storia dell’arte di cui poco si parla». Uno a proposito dei resti di interesse storico-artistico greci – a cura di Maria Teresa Magro della Soprintendenza etnea – e uno su quelli romani – scritto da Paolo Barresi dell’università Kore di Enna.