La nostalgia della leghista per la mafia di una volta «Fraintesa, ma oggi campo libero a quelle straniere»

«La nostra mafia ormai non ha più quella sensibilità e quel coraggio che aveva prima. Non esiste più: noi la stiamo completamente eliminando, perché nessuno ha più il coraggio di difendere il territorio». A parlare così, durante la manifestazione catanese a sostegno di Matteo Salvini, è stata Angela Maraventano. Quelle dell’ex senatrice leghista, ancora attiva nel comitato locale di Lampedusa, sono parole abbastanza clamorose e che non sono passate inosservate neanche alla ministra Teresa Bellanova e all’ex presidente del Senato Pietro Grasso, che hanno inviato la Lega a prendere una ferma posizione di fornte a queste affermazioni.

Contattata al telefono da MeridioNews, Maraventano prova a correggere il tiro. «Sono state prese soltanto alcune frasi da un discorso dove parlavo di immigrazione. Forse ho formulato male i concetti – ammette – Non ho nostalgia per alcun tipo di mafia, né di vecchio stampo né attuale, e continuerò sempre a lottare contro di essa. Ma con le politiche del governo attuale si è dato campo libero alle mafie africane d’infiltrarsi e si sta favorendo l’immigrazione, specie quella dei tunisini». A commentare ieri l’uscita della collega di partito è stato anche l’assessore Fabio Cantarella, che della Lega in Sicilia è anche vicesegretario. «Sono certo che Angela Maraventano nella foga del suo intervento a Catania abbia prodotto senza rifletterci un ossimoro che è evidentemente insostenibile, la mafia è un cancro che tutti noi combattiamo». Ancora meno comprensione da parte di Giuseppe Ciminnisi, coordinatore nazionale dei familiari di vittime di mafia. «Si vergogni per quello che ha detto, nella stessa misura in cui noi ci vergogniamo del fatto che a pronunciare queste parole sia stata una siciliana».

Di recente Maraventano era finita al centro delle cronache perché denunciata per interruzione di pubblico servizio insieme al vicepresidente della Lega di Lampedusa Attilio Lucia, in seguito a una protesta inscenata nell’isola delle Pelagie il 30 agosto. L’ex senatrice in quella occasione ha cercato di impedire il transito dei mezzi impegnati per il trasferimento di 369 migranti rimanendo sdraiata sulla banchina del molo. A giugno del 2019, invece, fu una dei protagonisti della protesta contro lo sbarco della Sea Watch 3, la nave guidata da Carola Rackete con a bordo quaranta migranti. Durante quell’azione di protesta molti manifestanti avevano augurato alla Rackete di essere stuprata, ma davanti agli insulti degli attivisti l’ex senatrice aveva preso le distanze. Oggi attacca il governo e accusa alcuni siciliani di essere «debolucci», incapaci di affermare i propri diritti. «A Lampedusa sono sbarcati tanti tunisini – prosegue – e io non me la sento di farmi pisciare addosso da loro». 

Poi, tornando alla polemica delle ultime ore, ribadisce: «Non volevo inneggiare a nessun tipo di mafia. Oggi (ieri, ndr) mi sono state rivolte diverse minacce di morte ma io vado avanti: continuerò a occuparmi della mia attività (un ristorante a Lampedusa, ndr) e a oppormi all’invasione».


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