La nonviolenza attiva di Danilo Dolci

Un film in anteprima su vita, pensieri e azioni di Danilo Dolci. Lo presenterà il prossimo 10 gennaio la Convenzione per la Pace, cui aderisce anche la facoltà di Lingue. Il film, di Alberto Castiglione, si intitola “Danilo Dolci. Memoria e Utopia” sarà proiettato nell’Auditorium dei Benedettini, alle ore 18,30. Saranno presenti il regista, i figli e gli ex collaboratori di Dolci. Presenterà la giornalista  Maria Lombardo.

Danilo Dolci è stato un personaggio di grande spessore nella Sicilia del Novecento, forse dai più poco conosciuto. Ecco chi era.

                
Danilo Dolci, nato a Sesana (Trieste) nel 1924 da Enrico, impiegato nelle Ferrovie dello Stato, e da Meli Kontely, di origine slava, studia alla Facoltà di Architettura del Politecnico di Milano.
Nel 1943 è arrestato, a Genova, dai nazifascisti e imprigionato riesce a fuggire. Si rifugia nelle montagne abruzzesi per raggiungere da lì, successivamente, Roma. Conosce don Zeno Saltini e condivide con lui per qualche tempo l’esperienza di Nomadelfia, una comunità di accoglienza ai bambini privi di genitori, nata nell’ex campo di concentramento nazista non lontano da Carpi, in Emilia.

Il padre era stato capostazione a Trappeto, paesino della Sicilia in provincia di Palermo. Nel ’52 Danilo decide di tornare proprio lì, per le immagini di estrema miseria del paese che gli erano rimaste fin da bambino. Sposa Vincenzina, una vedova povera con cinque figli, e da lei ne avrà altrettanti.
Nell’area del Golfo di Castellammare, vicino a Palermo, nel corso degli anni ’50 e ’60, svolge un’attiva opera di intervento sociale per il riscatto delle società locali dalle condizioni di miseria e l’avvio di un’esperienza di sviluppo endogeno, orientata verso forme di auto-organizzazione, ispirandosi al principio della nonviolenza attiva – digiuni, scioperi alla rovescia, “pressioni” sociali etc. – e a quello educativo, teso a favorire lo sviluppo della cooperazione e di azioni solidaristiche nella società locale.

Nel 1952, quando fonda il Borgo di Dio, i tassi di violenza che si registravano nel territorio erano tra i più elevati d’Italia. Un bracciante o un pescatore guadagnavano 400 lire per dodici ore di lavoro, quando si riusciva a trovarlo. Nel quartiere Spine Sante a Partinico, su 330 famiglie 319 non avevano acqua in casa, i due terzi delle case non avevano fognature, il tasso delle malattie mentali era elevato. Emblematica di questa condizione di diffusa miseria è la sua prima inchiesta sociologica nella zona di Palermo, ripresa poi in “Fare presto (e bene) perché si muore” (La Nuova Italia, Firenze 1954).

I suoi metodi di lotta nonviolenta diventano ben presto famosi: il 14 ottobre 1952 Danilo inizia il suo primo digiuno sul letto di un bambino morto per fame; nel novembre 1955 un secondo digiuno a Spinesante (Partinico), mira a sollevare il problema della diga sul fiume Jato. Dolci aveva scoperto che, per migliorare la situazione agricola ed economica della zona, era stato fatto un progetto che, da molti anni, giaceva sepolto in qualche ufficio ministeriale: una diga sul fiume Jato. Ma la mafia si era coalizzata contro il progetto, perché temeva potesse rivoluzionare l’assetto politico-economico della zona.

Le iniziative di Dolci faranno riemergere il progetto dal fondo dei cassetti e autorizzeranno l’inizio dei lavori, alla cui realizzazione Danilo collabora, con i fondi del premio per la pace e di tanti comitati di amici nati in Italia e all’estero. Ma Danilo ed i suoi collaboratori ricevono intanto anche qualche minaccia dalla mafia. In cella, conosce dei banditi che avevano fatto parte della banda di Giuliano. Da quell’esperienza, ha origine un altro libro: “Banditi a Partinico” (1955). Nel ’55 pubblica su Nuovi Argomenti, la rivista diretta da Moravia e Carocci, dei racconti autobiografici di ragazzi che vivevano negli ambienti degradati di Palermo.

Subisce dal Ministero degli Interni, presieduto da Tambroni, il ritiro del passaporto, con l’assurda motivazione di avere diffamato l’Italia all’estero, e un processo a porte chiuse, immotivato, per pornografia. Per il libro “Inchiesta a Palermo” otterrà nel ’58 il premio Viareggio e il Premio Lenin per la pace, i proventi del quale verranno utilizzati nella fondazione del Centro Studi e Iniziative a Partinico.

Nel 1956 si colloca il digiuno dei mille sulla spiaggia di  Trappeto, seguito dallo sciopero alla rovescia a Partinico, nel corso del quale Danilo e qualche centinaio di contadini avevano occupato una vecchia “trazzera” e avevano cominciato ad aggiustarla, per mettere in evidenza che i lavori da eseguire da parte della collettività erano tanti e che i contadini avevano il diritto a lavorare. La loro richiesta era che lo Stato non si proponesse in Sicilia solo in funzione di poliziotto, ma piuttosto, col volto di assistente sociale e di aiuto allo sviluppo. Fu “caricato” dalla polizia, denunciato come individuo con spiccate capacità a delinquere, messo in galera all’Ucciardone per due mesi con i sindacalisti che lo avevano appoggiato (Salvatore Termini, Ignazio Speciale e tanti altri), processato e condannato.

Il processo fa nascere un vero “Caso Dolci” che vede numerosi intellettuali italiani e stranieri (Silone, Parri, Pratolini,Carlo Ho, Sereni, Moravia, Fellini, Cagli, Mauriac, Sartre) schierati in comitati di solidarietà e mozioni di protesta. Nel 1958 fonda a Partinico il “Centro Studi e Iniziative” frequentato da molti suoi amici: Elio Vittorini, Lucio Lombardo Radice, Ernesto Treccani, Antonio Uccello, Eric Fromm, Johan Galtung, Emma Castelnuovo, Clotilde Pontecorvo, Paolo Freire. L’esperienza del Centro è una tra quelle più rilevanti di sviluppo di comunità (insieme a quella del Movimento di Comunità, promosso da Adriano Olivetti) nell’Italia del dopoguerra.

Dopo le azioni di lotta per la diga sul Belice (1963) , Dolci denuncia le connivenze politico-mafiose e nel 1967 organizza i duecento chilometri di marcia “per la Sicilia Occidentale e per un mondo nuovo”.  Nel ’68 viene fondato a Trappeto il Centro di formazione per la Pianificazione Organica e il 26 marzo 1970, dopo un giorno solo di vita, viene distrutta e sequestrata la “Radio libera di Partinico“, fondata su iniziativa del Centro di Dolci per dar voce ai poveri cristi. Dolci prosegue la sua esperienza, viaggiando e tenendo conferenze nelle università di Princeton, Standford, Berkeley, Columbia, Georgetown, Chicago, Hiroshima, Ahmedabad, New Delhy, alle scuole medie ed elementari del sud e nord Italia. Muore il 30 dicembre del 1997, a 73 anni. 

                                                                


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