La mafia di libri e fotocopie

Università di Catania, facoltà di Giurisprudenza, sessione autunnale d’esami. Il prof. Giovanni di Rosa, ordinario di Diritto privato, Diritto dei nuovi contratti e Biodiritto, si è trovato davanti l’ennesimo studente con un blocco di fotocopie al posto di un intero testo originale. Secondo il racconto di uno studente presente il giorno dell’appello, il professore – che è anche autore di un paio dei libri inseriti nel programma di Diritto privato, e dei due testi di riferimento per Diritto dei nuovi contratti e Biodiritto  – avrebbe minacciato segnalazioni alla Guardia di Finanza, prendendo i nominativi di chi fosse in possesso di materiale fotocopiato. Una segnalazione che trova il suo fondamento nella legge sul diritto d’autore: «È consentita, nei limiti del quindici per cento di ciascun volume o fascicolo di periodico, escluse le pagine di pubblicità, la riproduzione per uso personale di opere dell’ingegno effettuata mediante fotocopia, xerocopia o sistema analogo». Regole, ha ribadito il docente, «ben note all’interlocutore di turno, che in quanto tali vanno rispettate».

L’episodio si riferisce a una prassi molto diffusa, ed è destinato a far discutere. Abbiamo cominciato con il sentire chi i libri universitari li vende e da anni sopporta la concorrenza (sleale) delle foto copisterie,  intervistando i proprietari di tre librerie nei pressi di Villa Cerami, sede della facoltà di Giurisprudenza, e dell’ex Monastero dei Benedettini, sede delle facoltà di Lettere e Filosofia e di Lingue e Letterature straniere.

Sono stati molto chiari: è vero, i libri costano e le famiglie non sempre possono permetterseli, però è vero anche che «tante volte si sfiora il paradosso», dice Angelo Murabito, proprietario della libreria e casa editrice “Il Cinabro”, a due passi da Giurisprudenza. «A Catania c’è lo sconto del 27% per gli studenti, e ci sono libri che costano dieci euro, che scontati diventano poco più di sette euro. Le fotocopie costano due euro, okay, risparmiano cinque euro: una birra la sera vale più di un libro. È palese che si tratti di  una questione culturale». Senza contare, poi, «l’evidente contrasto rispetto alla normativa vigente».

L’inizio delle lezioni coincide con la massima espressione di questo fenomeno: «Le fotocopisterie hanno i pdf dei testi per intero, e averli è facilissimo, basta che qualcuno lo compri e lo scansioni», spiega Carmelo Poratti, della libreria e casa editrice “Cuecm”.

Una pratica diffusissima, per contrastare la quale i librai non si mettono in campo singolarmente: «Noi facciamo presente il problema all’ALI, Associazione Librai Italiani, che invita la Guardia di Finanza a muoversi di conseguenza», aggiunge Murabito.

 

Sulle azioni delle forze dell’ordine interviene Giovanni Gigliuto, che ventidue anni fa ha rilevato libreria editrice “Torre”, in via Gallo, a pochi passi dall’ingresso posteriore di Villa Cerami: «Circa sei, sette anni fa, la Procura di Catania si è mossa a seguito di una denuncia dell’ALI e dell’AIE (Associazione Italiana Editori, ndr). Carabinieri, Polizia di Stato e Guardia di Finanza hanno setacciato le fotocopisterie catanesi e hanno trovato, tra le altre cose, circa ottocento testi universitari in formato digitale all’interno di cd. All’epoca si scelse di non contestare reati agli studenti che, se trovati in possesso di volumi illegalmente fotocopiati, sarebbero stati colpevoli di ricettazione».

In questi giorni, poi, sarebbe dovuta partire un’altra denuncia di questo genere, «s’era contattato il magistrato, era tutto pronto, ma l’ALI ha deciso di non dare corso alla cosa, per il momento».

 

«Un libro è una cosa che serve, che resta, un oggetto che è bello tenere e che si deve rivalutare», sostengono tutti e tre i librai intervistati, e Murabito e Poratti aggiungono che loro, in qualità di case editrici, cercano «di tenere bassi i prezzi, per renderli accessibili a tutti, ancora di più con lo sconto per gli studenti».

 

Ogni libro fotocopiato, inoltre, sarebbe un danno per tutta una filiera di lavoratori, «che spesso ci si dimentica», prosegue Gigliuto. Non si tratterebbe solo di autori, editori e librai, ma anche di tipografi, rappresentanti e distributori, il cui operato verrebbe vanificato e che perderebbero la maggior parte dei loro introiti. Introiti che, invece, le fotocopisterie vedrebbero continuamente aumentare: «Ce ne sono alcune che sono state più volte denunciate, diffidate, che hanno pagato sanzioni pecuniarie, eppure continuano ugualmente, perché a loro conviene», racconta Poratti.

Ma in certi casi, perfino l’illegalità sarebbe giustificata. «È raro che accada a Giurisprudenza, ma in alcune facoltà è una pratica diffusissima: alcuni professori costringono gli studenti a comprare fino a otto libri per un programma di appena due centinaia di pagine», ricorda Gigliuto. E Murabito, interrogato sullo stesso tema, rincara la dose: «È un abuso da parte dei professori, specie quelli che scrivono i libri, pretendere di vedere il proprio in mano allo studente. Una volta, addirittura, si usava controfirmare le copie. Quella era una piccola operazione di mafia».


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