La lotta per l’acqua pubblica nel Sud Italia, da Fontamara ai ‘Professionisti dell’Antimafia’ degli affari…

da Salvatore Petrotto
ex Sindaco di Racalmuto
riceviamo e volentieri pubblichiamo

Anche in Sicilia si è privatizzato tutto, persino l’aria, l’acqua e il sole!

Avete fatto caso al vento che fa girare quelle migliaia di pale eoliche disseminate nelle nostre campagne?

Quelle pale sono buone solo a fare guadagnare centinaia di miliardi di euro ad alcuni ‘prenditori privati’, arricchitisi con i nostri soldi, quelli che paghiamo con le bollette elettriche alla voce: incentivi per le energie rinnovabili.

Le avete sicuramente viste quelle distese di pannelli solari che hanno preso il posto delle colture agricole.

Fateci caso: assolvono alle stesse finalità plutocratiche! Servono cioè a far arricchire, sempre a nostre spese, le solite cordate private.

Di sicuro sappiamo che alcuni ascari siciliani riconducibili ai vari governi Cuffaro, Lombardo e/o Crocetta, per loro tornaconto e su ordine dei loro padroni romani, e tutti quanti figli di TROIKA (FMI-UE-BCE), sono riusciti al grido al grido, lo vuole l’Europa, lo esige l’Europa, privato è bello, privato è meglio, persino ad ‘arrubbari lu suli’ ecco perché la Sicilia chiangi!, come giustamente canterebbe a squarciagola, e come solo Lei sapeva fare, la licatese Rosa Balistreri.

Vi dicono nulla i recenti scandali miliardari culminati con arresti e sequestri di beni per miliardi di euro, relativi alla gestione dei rifiuti, dell’acqua, dell’energia (solare, eolico e biomasse), della sanità, dei porti, della formazione professionale e di quant’altro è stato recentemente sfasciato per regalare tutto ad alcuni predatori privati?

E gli affidamenti illegali, garantiti senza gare d’appalto sempre alle stesse ditte per qualche miliardo di euro dei più costosi e pessimi servizi di raccolta e smaltimento dei rifiuti, con annesse discariche private, tutte quante sotto inchiesta?

E poi come dimenticare la faccenda dell’acqua che, in Sicilia, è stata regalata ai soliti noti ‘prenditori privati’ (altro che imprenditori!), assieme a tutti gli impianti e le infrastrutture del valore di diversi miliardi di euro.

Ma non bisognava recuperare in economicità ed efficienza perché la gestione pubblica non garantiva alcuna qualità dei servizi?

Avete visto com’è finita con le privatizzazioni di tutto, aria, acqua, rifiuti, scuola, formazione professionale, sanità etc. etc.? Un disastro finanziario per Regione e Comuni ed una montagna di debiti per cittadini ed imprese!

Ed i servizi pubblici? A mo’ d’esempio, è stato posto in liquidazione, un ente pubblico, l’Eas (l’Ente acquedotti siciliani) sempre per regalare, a delle ben individuate lobby private, impianti, dighe, condotte e reti fognarie costate alla collettività decine di miliardi di euro.

Opere e servizi pubblici privatizzati: perché? Per fare triplicare i costi delle tariffe idriche, mentre delle ben assortite società per azioni private, chiamate a gestire questi vitali servizi pubblici essenziali, usufruiscono e/o usufruiranno di ulteriori finanziamenti pubblici, erogati dall’Unione Europea.

Non sarebbe stato più logico per la Sicilia ed i Siciliani continuare ad essere i padroni dell’acqua, del vento, del sole? Perché abbiamo permesso di farci saccheggiare?

Abbiamo regalato strutture, risorse economiche e servizi pubblici alla solita ordalia del malaffare privato!

Riguardo alle dinamiche che hanno caratterizzato queste devastanti privatizzazioni vorrei fornire un piccolo ma emblematico esempio agrigentino su come la Regione siciliana retta da Raffaele Lombardo e dai suoi seguaci, quali l’avvocato Gaetano Armao, hanno soffiato la gestione delle risorse idriche nell’Agrigentino agli enti pubblici.

Ciò avvenne attraverso una società catanese, l’Acoset, praticamente nelle mani del Presidente Lombardo e di suo fratello Angelo.

Si tratta della cessione degli impianti e della gestione dei cosiddetti servizi idrici integrati, per trent’anni, a Marco Campione, l’attuale amministratore delegato e azionista di maggioranza, con il suo 51%, della società Girgenti Acque.

Per raggiungere tali risultati fu necessario l’apporto fattivo di dieci Comuni che erano, contemporaneamente, soci di Campione, attraverso un consorzio pubblico denominato ‘Il Voltano’ e membri del consiglio di amministrazione e dell’Assemblea dell’Ato idrico, l’organismo pubblico, cioè, che avrebbe dovuto programmare e soprattutto controllare e sanzionare eventuali irregolarità gestionali.

In altri termini, quei Comuni, con Agrigento in testa, in pieno conflitto d’interesse, si auto aggiudicarono il servizio idrico per trent’anni, asserviti com’erano al regime delle privatizzazioni selvagge.

Tant’è che gli amministratori di tali Comuni, subito dopo la costituzione di Girgenti Acque, in cambio di prebende, posti di lavoro e quant’altro, hanno ceduto le azioni pubbliche interamente a Campione che, grazie proprio a loro, diventa azionista di maggioranza della società e pertanto il padrone incontrastato dell’acqua, ad Agrigento.

Venti Sindaci – ed io tra questi – ci opponemmo, con tanto di ricorsi e di denunce penali, contro un’aggiudicazione avvenuta, previo parere dell’avvocato Gaetano Armao.

A nostro avviso, furono violate una serie di norme di legge, in materia di procedure di gara, di illegittima diminuzione del capitale sociale dell’unica società partecipante, oltre che del già citato conflitto di interesse, in cui versavano i dieci Comuni, genuflessi al cospetto di Girgenti Acque e dei suoi onnipotenti rappresentanti che facevano capo al Presidente Lombardo.

L’amministratore delegato di Girgenti Acque dell’epoca, il catanese e lombardiano Giuseppe Giuffrida (attualmente sotto inchiesta da parte della Procura della magistratura per l’inquinamento ambientale, sin dal 2007, del litorale di Agrigento ) riuscì a mettere tutti quanti nel sacco, promettendo a destra ed manca posti di lavoro, incarichi e servizi e persino soldi, come mi consta personalmente!

Annegò un’intera provincia inondandola di promesse clientelari, riuscendo ad ottenere la stipula di uno scellerato contratto, firmato dall’allora Presidente della Provincia Regionale di Agrigento e presidente dell’ATO idrico, l’attuale deputato regionale e già parlamentare nazionale, l’alfaniano Vincenzo Fontana.

Non ci stancheremo mai di ricordare queste vicende, anche perché abbiamo sperimentato a nostre spese che cosa significa mettere in evidenza queste nefandezze.

Io ho avuto, pensate un po’, l’ardire di presentare, a febbraio del 2011, una dettagliata denuncia alla Procura della Repubblica di Agrigento su queste spericolate scorribande societarie Agrigentine e Catanesi.

Recentemente, di queste cose ne ha parlato pure il Maggiore dei Carabinieri Arcidiacono, nel corso di un’udienza del processo per concorso esterno in associazione mafiosa a carico dell’ex Presidente della Regione, Raffaele Lombardo, e di suo fratello Angelo.

E fu proprio Angelo che era amministratore della società di gestione dei servizi idrici catanesi, l’Acoset, che cedette il suo posto nel consiglio di amministrazione allorquando fu eletto deputato nazionale, a Giuseppe Giuffrida, uomo, ovviamente, vicino ai fratelli Lombardo.

Il lombardiano Giuffrida, da navigato personaggio politico qual è, riuscì a realizzare una tortuosa combine societaria, assieme a Marco Campione di Agrigento.

Si tratta dello stesso Campione già condannato in via definitiva per falso e truffa, reati commessi quando ha costruito il nuovo Ospedale di Agrigento, il San Giovanni di Dio. I magistrati agrigentini si accorsero che quella creatura edilizia, partorita dalla sua impresa non riusciva, a causa dei calcestruzzi depotenziati e degli scadenti materiali utilizzati, a reggersi in piedi.

Quell’ospedale appena ultimato era cioè destinato a crollare, alla stregua di un castello di sabbia. Il Tribunale della città dei Templi dovette procedere al sequestro cautelativo dell’immobile in quanto dichiarato pericolante e gli agrigentini rischiarono, seriamente, di rimanere senza ospedale.

Tant’è che dovette intervenire d’urgenza la Protezione Civile Nazionale per rimediare ai gravissimi difetti di costruzione del nosocomio agrigentino, imputabili in buona sostanza all’attuale gestore privato dell’acqua in provincia di Agrigento.

Vi lasciamo immaginare in che modo, questo signore, gestisce anche le risorse idriche! Alla condanna rimediata in Cassazione per l’affaire Ospedale di Agrigento, negli ultimi 4 anni ci sono da aggiungere una lunga serie di denunce, sempre per falso e truffa, presentate contro Marco Campione, non solo da associazioni di consumatori, sindacati, alcuni partiti politici e tantissimi privati cittadini, oltre a tutti e 43 i sindaci della provincia di Agrigento ma, udite udite, nel registro delle denunce presentate alla Procura della Repubblica di Agrigento ce n’è una davvero speciale.

Ci riferiamo alla denuncia presentata lo scorso anno addirittura, anche dall’ex amministratore delegato proprio di Girgenti Acque, Carmelo Salamone. Avete capito bene?

Il nostro Campione, presidente ed azionista di maggioranza di Girgenti Acque, è stato cioè denunciato, lo scorso anno, per una serie di ‘operazioni’ seriali del valore di oltre 40 milioni di euro, dal suo stesso amministratore delegato!

Allora vuol dire che potremmo definire Marco Campione una persona con la passione, oseremo dire con la vocazione all’inghippo? Una persona che certe ‘operazioni’ ce l’ha nel sangue vocazione?

No di sicuro, noi non ci spingiamo a tanto! Sta di fatto che, dopo una girandola di compravendite di azioni societarie, più che di diritto, come denunciato, acqua, immobili, infrastrutture ed impianti, anche ad Agrigento e provincia, sono transitati, in maniera del tutto gratuita, dal pubblico ad un privato dal cognome che a tanti ha fatto ben sperare.

Non per niente il padrone dell’acqua ad Agrigento si chiama Campione. Campione di nome e campione di fatto! Proprio perché è un gran campione anche nel distribuire incarichi, servizi e lavori in maniera del tutto ‘scollegata’, per così dire, dalle regole della pubblica amministrazione.

Sta usufruendo di un immenso patrimonio a lui regalato dalla premiata ditta ‘Fratelli Lombardo e company’, come si evince anche dalle dichiarazione del Maggiore dei Carabinieri Arcidiacono che per la verità si è spinto oltre dicendo che quel Campione lì è storicamente collegato con una certa ‘organizzazione’ siciliana sin dagli anni Ottanta, dai tempi del cosiddetto ‘tavolino’.

Da quando, cioè, l’impresa di Filippo Salamone, il cui titolare è stato condannato in via definitiva e dalla quale il Campione ha ereditato commesse e quant’altro, assieme ai cosiddetti Cavalieri del Lavoro di Catania ed a qualche grossa impressa nazionale, si spartivano i più grossi lavori pubblici, in Sicilia, a tavolino.

Quell’associazione a delinquere di stampo mafioso, con dentro politici, imprenditori e mafiosi, impediva cioè, a tutte le pubbliche amministrazioni, grazie al sanguinoso coordinamento dei gruppi di fuoco corleonesi, la celebrazione di regolari gare d’appalto.

La ditta Campione, adesso, si appresta a ricevere anche, quale ulteriore bonus, dei preziosissimi benefit, centinaia di milioni di euro di finanziamenti pubblici europei, che potrà utilizzare, spendere e spandere, direttamente, senza alcuna gara pubblica!

Un capolavoro di ingegneria societaria reso possibile dagli ‘autonomisti’ di Sicilia che, anche in questo caso, hanno regalato immobili, impianti e patrimonio, così come è avvenuto con l’Eas, costretto a cedere tutto in cambio di una montagna di debiti, a Sicilacque spa.

E’ la storia di sempre, gli utili, i guadagni ed i patrimoni se li sono fregati i privati e le perdite sono state diligentemente scaricati sulla Regione, ossia su noi cittadini contribuenti! Bravi no?

A Catania con ACOSET, od a Caltanissetta con Caltacque, ad Agrigento con Girgenti Acque, e così in tutta la Sicilia hanno vergognosamente regalato 55 anni di lavori, infrastrutture, dighe, condotte ed i patrimoni di una miriade di consorzi pubblici siciliani costati, a noi cittadini di questa nostra disgraziata Isola decine di miliardi di euro!

Lasciatemi concludere queste mie considerazioni evocando Ignazio Silone ed il suo capolavoro letterario, Fontamara.

Dio sa quanto storicamente amara è stata da sempre al Sud la storia di noi cafoni, quando osiamo sfidare i poteri deviati dello Stato e delle sue articolazioni periferiche.

I guardiani del regime vengono sguinzagliati per accanirsi e scatenarsi contro chi, come me, professa da sempre quel pensiero eretico proprio di chi crede nella gestione pubblica dei servizi, quali acqua, rifiuti ed energia.

Ma i soliti poteri feudali, ammantati di falsa democrazia, da un regime politico-affaristico all’altro si riciclano sempre!

Sono così scoraggiato che ancora una volta sono costretto a dare ragione al mio più illustre concittadino, Leonardo Sciascia, quando sosteneva che la nostra Terra è Irredimibile!

Come sempre vengono asservite intere popolazioni, alla stregua di ciò che avviene in Africa. Ieri i nobili Gattopardi ed i gabelloti, oggi le iene e gli sciacalli, quali taluni professionisti dell’antimafia degli affari.

Dobbiamo continuare ad essere trattati come i soliti schifosi cafoni, schiavi di chi ci ruba le risorse del nostro territorio?

Ancora una volta dobbiamo soccombere, essere mortificati nel più profondo della nostra dignità di esseri umani; resi poveri e morti di fame a causa delle truffe miliardarie realizzate con la gestione della nostra acqua pubblica, dei rifiuti e dell’energia?

Da qualche decennio a questa parte, per favorire ingiustamente, alcune società private politicizzate che si fa? Si sfasciano le società ed i consorzi pubblici, si fanno fallire i Comuni e poi si predica e si strombazza in lungo ed in largo, attraverso i grandi media e la stampa nazionale che la gestione pubblica non funziona e che bisogna privatizzare tutto compresa l’acqua ovviamente e, prossimamente, anche l’aria che respiriamo!

Dimenticando che il boom economico, in Italia, tra la fine degli anni ’50 e gli inizi degli anni ’60 c’è stato grazie principalmente alle aziende pubbliche, con in testa l’ENI (Ente Nazionale Idrocarburi) di Enrico Mattei, anch’egli vittima del regime delle privatizzazioni ante-litteram, tenuto in piedi dalle multinazionali del petrolio, le famigerate sette sorelle.

Consci di rischiare ancora una volta di zappare all’acqua e seminare al vento, ci affidiamo alla pagina letteraria e confidiamo nel potere delle idee, piuttosto che nel potere di ciò che una volta veniva definito lo sterco del diavolo, ossia il vile denaro.

Fateci caso, siamo negli anni Trenta del Novecento, in piena era fascista ed a Fontamara, noi cafoni del Sud, tentavamo anche allora, disperatamente, di lottare per difendere l’acqua pubblica, così come avviene ancora oggi nella Sicilia dei professionisti dell’antimafia degli affari…

Da Fontamara di Ignazio Silone:

“La nuova realtà politica colpisce Fontamara in due punti vitali: l’energia elettrica e l’acqua. La prima è stata tolta al paese perché i Fontamaresi da tempo non pagavano i canoni, né avevano di che pagarla.

Del resto, essi non hanno molti rimpianti, essendo stati abituati da tempo ad usufruire del chiaro di luna. Ma, senza l’acqua, quei poveri contadini sono destinati a morire di fame. Ed il punto focale nel romanzo è, appunto, la tragedia che ha origine da un grave sopruso commesso da un influente gerarca fascista, detto ‘l’Imprenditore’, ai danni dei Fontamaresi.

Infatti costui aveva acquistato da qualche tempo le terre di don Carlo Magna, un grosso proprietario terriero ormai ridotto in condizioni economiche assai precarie. L’Impresario, un politico assai intrigante e abile negli affari, intende bonificare quelle povere e sterili terre facendo deviare l’unico corso d’acqua della zona, che era la vita dei Fontamaresi.

Solo per mezzo di quell’acqua i contadini da anni sopravvivevano, coltivando i campi irrigui sottostanti nella valle.

Ma nessuno può fermare l’Imprenditore, uomo senza scrupoli, politicamente sostenuto dai fascisti e dai signori locali; tanto più ora che egli è diventato podestà del capoluogo. I Fontamaresi sono povera gente, ingenua, impotente da sola a far fronte alle mire ambiziose di questo spregiudicato uomo senza scrupoli. Per di più egli ha la connivenza della classe dirigente locale, tra cui don Circostanza, don Abbacchio, il cavalier Pelino, i quali operano in suo favore, cercando di convincere il popolo alla nuova situazione politica.

Dinanzi al furto dell’acqua, tanto preziosa per loro, i contadini reagiscono immediatamente, ma interviene don Circostanza, il quale, d’accordo col notaio, si burla della povera gente dividendo l’acqua in parti ‘uguali’: tre quarti andranno all’Impresario e gli altri tre quarti ai contadini! Lì per li i contadini non comprendono la beffa, ma ben presto sono costretti alla fame per il furto “legale” della loro acqua. Di qui i torbidi e la rivoluzione.’

Non è forse sempre la stessa storia?

 


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