La lenta agonia dell’Antico Corso

Cuore pulsante di una memoria tutta popolare, ricco di preziosi resti del passato, povero di servizi e spazi per i cittadini. L’Antico Corso è l’esempio di come un quartiere antico e orgoglioso della sua identità, faccia ancora fatica ad imporre i suoi diritti alle istituzioni locali.

Sulla carta è uno dei tanti pezzi della prima municipalità ma è un tipico esempio di come gli abitanti di una porzione di centro storico, ancora legati tra di loro da legami di sangue e di buon vicinato, mostri problematiche tutte sue, non facilmente assimilabili a quelle di altri quartieri.

Ad oggi conta circa 4.000 abitanti, contro i 10.000 degli anni Novanta, su 60.000 di tutta la circoscrizione. Non si tratta solo di curiosità statistiche. La “fuga” degli abitanti dell’Antico Corso- tutti lavoratori dipendenti, disoccupati, precari, o piccoli artigiani- è riconducibile ad un problema solo apparentemente fisiologico: una specie di diaspora causata dal caro prezzi delle case del quartiere che, anche se spesso fatiscenti e poco sicure, sono pur sempre una manna per i proprietari dopo l’allegra invasione della popolazione studentesca. Loro, i ragazzi fuorisede di Lettere, Lingue, Scienze della formazione e Giurisprudenza, ma anche di “pezzi” di Medicina e Scienze politiche, rappresentano sì una risorsa per tutti (ne sanno qualcosa le trattorie e le piccole botteghe della zona), ma anche un oggetto di forte speculazione sul fronte degli affitti. Di solito tutti, maledettamente, in nero.

L’Antico Corso è anche il quartiere di ben tre ospedali (S. Bambino, V. Emanuele, Garibaldi), un ex ospedale oggi con alcuni ambulatori (S. Marta), un’autorimessa della Provincia, il deposito Amt, un liceo classico ed uno scientifico, il Genio Civile, parecchi sindacati, uffici comunali.

Eppure per i bambini del quartiere mancano gli spazi e le strutture di aggregazione, fatta eccezione per il laboriosissimo centro sociale occupato “Experia” di via Plebiscito 782 che, piaccia o non piaccia, è diventato in diciassette anni di attività un punto di riferimento fondamentale. Sono le mamme – le stesse che non possono contare su un consultorio o su centri sociali istituzionali- le vere garanti delle attività gratuite di doposcuola, di sport, di aggregazione e di cultura del centro dalle bandiere rosse. Ed ora che l’Experia è stato chiuso dalla magistratura, tutti i problemi di questo pezzo di città sovrastato dall’ imponente Monastero dei benedettini balzano all’attenzione dell’opinione pubblica. Il quartiere Antico Corso implode di traffico automobilistico e implora pianificazione urbanistica. I piccoli artigiani chiedono attenzione così come la popolazione scolastica a rischio di perenne dispersione. Difficile riuscire in un ritratto completo. Più facile, forse, tentare di evidenziare almeno la punta dell’iceberg

[Luigi Marino e l’entrata secondaria dell’Experia – foto Dario Azzaro]


“Purità” un cantiere fermo da dieci anni

Il cantiere dell purità a cavallo tra la via Plebiscito e la via Bambino, è ancora un ricettacolo di immondizia e di pericolosi dirupi. Le ruspe sono ferme da dieci anni, e da almeno cinque non sono ufficialmente noti né i tempi, né le modalità di prosecuzione dei lavori bloccati dalla magistratura. La chiesa omonima dovrebbe trasformarsi in un superauditorium della Facoltà di Giurisprudenza. Cosa succederà nello spazio attiguo non è ancora chiaro. Ma, soprattutto, non è chiaro tra quanto riprenderanno i lavori. Ai bimbi che oggi giocano nell’attiguo cortile della scuola “Manzoni” bastano due o tre salti per calpestare le erbacce e i rifiuti del cantiere, dal 2004 delimitato da una barriera che poco serve alla sicurezza effettiva dell’area.

[le transenne al vecchio ospedale Bambino – foto Dario Azzaro]

“Cosa sarebbe successo se invece di puntare sul progetto “De Carlo”, si fossero tirati fuori tutti i resti archeologici che probabilmente ci sono qui sotto?”, si chiede Luigi Marino, del Comitato Experia che fino a qualche settimana fa godeva di un ingresso a parte proprio dal cortile della scuola, oggi anch’esso chiuso da lucchetti e sigilli della magistratura. Marino indica quello che una volta era un terrapieno, poi spazio per i giochi estivi dell’Experia, ed oggi  area sporca e sempre più a rischio.

“Più volte il quartiere ha chiesto che tutto questo venisse adibito a Parco archeologico. Invece- prosegue Marino- le ruspe si sono fermate quando i rimpalli di responsabilità sono divenuti insostenibili. E l’Antico Corso, al momento non possiede né i beni archeologici che attirerebbero molti turisti, né la bambinopoli dell’Experia, e neppure le tanto discusse aule di Giurisprudenza”.

La storia

Il reclusorio della Purità è delimitato dalle vie S. Maddalena, Plebiscito, Bambino, Purità e Marziano, ed occupa una parte della collina di Montevergine.

Nacque dalle iniziative filantropiche e di assistenza promosse dal clero alla fine del 700 e nel 1928 una parte del reclusorio che si estende lungo la via Plebiscito venne venduto, per essere restaurato e trasformato in casa del Balilla. La sua forma a “L” circoscrive un ampio spazio libero che in parte viene utilizzato dagli alunni della scuola media “Manzoni” che occupa parte dell’edificio nella parte sopra elevata del cortile. L’area custodisce resti delle mura normanne e di una torre di difesa, analoga a quelle di via Torre del Vescovo. Nel 1995 l’amministrazione comunale insieme all’Università, inserì la chiesa della Purità tra le opere previste nell’ambito della misura 3 del progetto Urban, per realizzare un auditorium e locali annessi per attività ricreative – culturali in favore degli abitanti, ma ovviamente a piena disposizione per l’attività didattica o quant’altro deciso dall’Università.

Il progetto

Il progetto di “Recupero e riqualificazione del complesso della Purità” è costituito da un intervento di restauro della Chiesa della Purità o della Visitazione, da adibire ad auditorium per la facoltà di Giurisprudenza. Prevedeva inoltre le demolizioni di un certo numero di ruderi di edifici del Settecento per recuperare la volumetria che serve a realizzare due aule di 600 posti ciascuna e servizi per il funzionamento della struttura. Ma un parere della commissione comunale edilizia chiarì che non si potevano conteggiare i volumi, preesistenti al Prg stesso.

 Fin da subito il progetto assunse due percorsi che si scontrarono tra loro: il primo politico, poiché i tempi per usufruire dei finanziamenti dell’allora programma Urban erano stringenti, il secondo più tecnico, legato al rispetto delle norme e della correttezza dell’iter. Una parte dei fondi, comunque, andò perduta.

 
Il “no” dei cittadini

Furono soprattutto i cittadini a non volerne sapere. Considerarono il progetto “inopportuno ed illegale”.  Era “inopportuno per l’ennesimo carico urbano in un’area dove non esistono neanche i più elementari servizi per accogliere il flusso di mezzi e persone previsti dal progetto (due aule da 600 posti ciascuna), per i processi di speculazione edilizia innescati gia da tempo e causati dalla politica di espansione e concentrazione dell’Università (25.000 studenti), che si è tradotta per gli abitanti del quartiere in migliaia di sfratti e aumenti considerevoli dei canoni di affitto, per i gravi fenomeni di disgregazione sociale e ambientale che si traduce in dispersione dell’identica storica del quartiere e gravi fenomeni di inquinamento dovuto al caos automobilistico”. I cittadini, inoltre, puntarono il dito contro “l’uso improprio di come sono stati utilizzati ingenti finanziamenti pubblici europei”, e definirono il progetto illegale poiché incompatibile con l’attuale (ma la nota è del 1999 ndr) destinazione urbanistica dell’area prevista dallo strumento di Prg” .

 
L’inghippo

 
Il Comune finì per sollecitare i lavori, sempre sulla base delle scadenze del progetto PIC-URBAN, e il cantiere venne aperto nel giugno del 2000. Ma la Sovrintendenza non se la sentì di escludere che le opere di scavo, fondazione e realizzazione non avessero incidenza sulle antiche strutture murarie della città o su altri reperti di carattere storico ed archeologico.

L’Università a sua volta, si impegnò a procedere per gradi, in modo da accertarsi per tempo di eventuali conseguenze. I reperti, alla fine, vennero fuori davvero. Non è mai stato chiaro quanti e quali fossero; forse una necropoli o forse una vera e propria città sotterranea. Ma il Comune finì per bloccare i lavori in autotutela. Venne avviata anche un’inchiesta giudiziaria della magistratura in seguito alla denuncia di Legambiente e del “Comitato Antico corso”. Ad oggi non è cambiato granché.

Il comitato popolare

Così la gente lotta contro i disastri sociali

Sono trascorsi quasi dieci anni da quando il “Comitato popolare Antico corso” si è costituito tra gli stessi abitanti del quartiere. Il  nucleo organizzativo è di almeno trenta persone pronte a triplicarsi nei momenti di massima aggregazione, e si tratta di abitanti quotidianamente impegnati a fare da guardia ai diritti dei loro concittadini, a studiare problematiche e soluzioni, a vigilare sulle cose fatte o mai portate a termine dalle istituzioni locali, senza disdegnare i momenti di cultura e di festa.

 Il gruppo si formò nel 2000 al termine di un’assemblea di piazza in cui si discussero i gravi problemi del quartiere, si è subito proposto di delineare “i punti essenziali che dovranno ispirare la creazione di un Piano di recupero”. La mail del comitato è anticocorso@gmail.com

[Ciccio Mannino del comitato Antico Corso – foto Dario Azzaro]

Alcune domande in attesa di risposte

 
Sono almeno cinque le domande a cui l’Università di Catania dovrebbe rispondere sul caso Purità. Il preside di Giurisprudenza Vincenzo Di Cataldo si è detto disponibile alle richieste del nostro giornale, ma si è definito “non aggiornato sui fatti”. Le domande sono state dunque girate all’Ufficio Tecnico, e in particolare al dirigente dell’ area della Progettazione dello sviluppo edilizio e della manutenzione dell’Università ingegnere Mario Cullurà, che però ha dovuto rimandare tutto al Magnifico Rettore Recca per motivi di opportunità. A ieri sera non è arrivata alcuna risposta. Dall’ufficio stampa dell’Ateneo ci sono state fornite rassicurazioni in merito alla possibilità che le domande trovino presto delle risposte. Eccole: il preside di Giurisprudenza Di Cataldo aveva dichiarato alla stampa che

l’auditorium della Purità poteva essere disponibile entro la fine del 2008. Come mai non è stato così?;  quali sono i tempi previsti, realisticamente parlando?; come mai non c’è alcuna vigilanza al cantiere?; la messa in sicurezza  del quartiere (le lastre) serve a proteggere l’area del quartiere, ma gli abitanti non al considerano sufficiente. Ne seguirà un’altra più consistente? Che progetto esiste in merito agli spazi adiacenti alla Chiesa della Purità? Saranno destinati a diventare le due mega aree del progetto De Carlo?

Gli articoli “La lenta agonia dell’Antico Corso” e “Senza case e senza servizi sociali” sono stati pubblicati su Il Giornale di Sicilia, edizione di Catania, lo scorso martedì 24 novembre, pag 23 e 24 a firma Rosa Maria Di Natale


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