La Corte Costituzionale dà ragione alla Sicilia (nonostante le rinunce di Crocetta)

Nonostante il Governo regionale di Rosario Crocetta si sia piegato agli appetiti del Governo nazionale, riununciando, con un contestatissimo accordo, ai contenziosi con lo Stato (potete leggere qui le ultime novità sul tema), la Corte Costituzionale continua a dare ragione alla Sicilia e continua a riaffermare i diritti sanciti dallo Statuto speciale (e quindi, dalla Costituzione).

Questa volta lo fa con una sentenza, datata 9 Luglio 2014, e depositata  nei giorni scorsi, che riconosce alla Regione la prerogativa di trattenere nelle proprie ‘casse’ il maggiore gettito di alcuni introiti (tra cui l’Iva), derivante da agevolazioni fiscali che, manco a dirlo, avrebbe voluto incassare Roma.

Di una sentenza storica parla il Presidente dell’Ars, Giovanni Ardizzone:La Corte Costituzionale, con la sentenza n. 207 del 9 luglio scorso, ha riconosciuto che il maggiore gettito di alcuni introiti (tra cui l’Iva), derivante da agevolazioni fiscali, debba rimanere nelle casse della Regione, in conformità agli articoli 36 e 37 dello Statuto. È la risposta migliore – sottolinea Ardizzone- nei confronti di tutti coloro, siciliani e non, che, quotidianamente, non perdono occasione di picconare la nostra Autonomia, chiedendone l’abolizione”.

Ecco il testo della sentenza:

SENTENZA N. 207

ANNO 2014

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori: Presidente: Sabino CASSESE; Giudici : Giuseppe TESAURO, Paolo NAPOLITANO, Giuseppe FRIGO, Alessandro CRISCUOLO, Paolo GROSSI, Aldo CAROSI, Marta CARTABIA, Sergio MATTARELLA, Giancarlo CORAGGIO, Giuliano AMATO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 21, comma 3, alinea e lettera a), del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 (Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2013, n. 90, promosso dalla Regione siciliana con ricorso notificato il 2 ottobre 2013, depositato in cancelleria il 9 ottobre 2013 ed iscritto al n. 91 del registro ricorsi 2013.

Visto l’atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 24 giugno 2014 il Giudice relatore Giancarlo Coraggio;

uditi l’avvocato Marina Valli per la Regione siciliana e l’avvocato dello Stato Gianni De Bellis per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso notificato il 2 ottobre 2013 (reg. ric. n. 91 del 2013) e depositato in cancelleria il 9 ottobre 2013, la Regione siciliana ha impugnato l’art. 21, comma 3, alinea e lettera a), del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 (Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2013, n. 90, «ove applicabile ricomprendendo nell’aumento di gettito derivante dalle misure previste dagli articoli 14, 16, 19 e 20, da utilizzare a copertura degli oneri derivanti allo Stato per effetto delle disposizioni indicate nell’alinea, anche la parte relativa a tributi riscossi in Sicilia e quindi di spettanza della Regione», per violazione degli artt. 36 e 37 dello statuto della Regione siciliana (Regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello statuto della Regione siciliana»), nonché delle correlate norme di attuazione di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria ) ed in particolare dell’art. 2.

L’art. 21 del d.l. n. 63 del 2013, ai commi 1 e 2, così dispone: «l. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo l, comma 7, del decreto­legge 20 maggio 1993, n. 148, convertito, con modificazioni, dalla legge 19 luglio 1993, n. 236, confluita nel Fondo sociale per l’occupazione e la formazione, di cui all’articolo 18, comma l, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2, è incrementata di 47,8 milioni di euro per l’anno 2013 e di 121,5 milioni di euro per l’anno 2014, per essere destinata al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga di cui all’articolo 2, commi 64, 65 e 66, della legge 28 giugno 2012, n. 92. 2. L’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5 della legge 6 febbraio 2009, n. 7 è incrementata di 413,1 milioni di euro per l’anno 2024». La Regione ricorrente censura, in modo particolare, il successivo comma 3, secondo cui «3. Agli oneri derivanti dagli articoli 14 e 16 e dai commi l e 2 del presente articolo, pari a 47,8 milioni di euro per l’anno 2013 a 274 milioni di euro per l’anno 2014, a 379,7 milioni di euro per l’anno 2015, a 265,1 milioni di euro per l’anno 2016, a 262,2 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2017 al 2023 e a 413,l milioni di euro per l’anno 2024, si provvede: a) quanto a 47,8 milioni di euro per l’anno 2013, a 194 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2014 al 2023 e a 379 milioni di euro per l’anno 2024, mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dalle misure previste dagli articoli 14, 16, 19 e 20; […]».

In particolare, gli articoli da ultimo richiamati prevedono rispettivamente: l’innalzamento e la proroga del regime di detrazione fiscale per interventi di miglioramento dell’efficienza energetica negli edifici (art. 14); la proroga delle detrazioni fiscali per interventi di ristrutturazione edilizia e per l’acquisto di immobili (art. 16); l’eliminazione del regime agevolato IVA per taluni prodotti editoriali, e cioè supporti integrativi a quotidiani e prodotti editoriali diversi dai libri scolastici e universitari (art. 19); l’applicazione del regime ordinario IVA per la somministrazione di alimenti e bevande con distributori automatici (art. 20).

Pertanto, dagli artt. 14 e 16 del d.l. n. 63 del 2013 è previsto un maggior gettito risultante dalla differenza tra il costo delle agevolazioni fiscali ivi stabilite e i maggiori introiti per imposte dirette ed IVA conseguenti all’incremento delle attività economiche agevolate; dagli artt. 19 e 20 è poi previsto un maggior gettito come diretta conseguenza della eliminazione del regime IVA agevolato nel settore editoriale e dell’innalzamento dell’IVA sugli alimenti somministrati mediante distributori automatici.

1.1.– La Regione «paventa» che con l’art. 21 si sia inteso stabilire che tutti gli aumenti di gettito suddescritti confluiscano nel bilancio statale, anche se derivanti da tributi regionali riscossi in Sicilia e promuove «in via cautelativa» la questione di legittimità costituzionale avente ad oggetto la disposizione de qua. La disposizione impugnata, «ove applicabile ricomprendendo nell’aumento di gettito derivante dalle misure previste dagli articoli 14, 16, 19 e 20, da utilizzare a copertura degli oneri derivanti allo Stato per effetto delle disposizioni indicate nell’alinea, anche la parte relativa a tributi riscossi in Sicilia e quindi di spettanza della Regione», violerebbe gli artt. 36 e 37 dello statuto nonché l’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, in quanto non sussisterebbero i presupposti, previsti dallo statuto, che consentono di derogare al principio di attribuzione alla Regione siciliana di tutte le imposte statali riscosse nell’isola, ovvero a) la natura tributaria dell’entrata; b) la novità di tale entrata; c) la destinazione del gettito «con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime». Relativamente ai maggiori proventi fiscali che ci si attende dalla ripresa economica stimolata dalle (maggiori) agevolazioni di cui ai citati artt. 14 e 16, difetterebbe il carattere di novità dell’entrata tributaria; mentre, relativamente sia a questi che agli aumenti di gettito IVA derivanti dai successivi artt. 19 e 20, mancherebbe la specifica destinazione a finalità contingenti o continuative dello Stato.

2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri, ritualmente costituito in giudizio, sostiene, innanzitutto, l’inammissibilità del ricorso, non avendo, la ricorrente, adempiuto all’onere, cristallizzato dalla giurisprudenza di questa Corte (sentenza n. 246 del 2012), di allegare la precisa quantificazione del pregiudizio lamentato, i criteri utilizzati per la sua definizione e le partite dei rispettivi bilanci finanziari dalle quali si ricavano le relative censure.

2.1.– Viene, inoltre, sostenuta la infondatezza del ricorso in quanto, per espressa affermazione della ricorrente, dalle norme impugnate non emergerebbe alcun danno, stante anche la recente pronuncia di questa Corte, in fattispecie di analogo contenuto, secondo cui dalle norme statutarie non sarebbe desumibile alcun principio di invarianza di gettito per la Regione in caso di modifica di tributi erariali, fatta salva la dimostrazione che la dedotta riduzione di gettito rende impossibile lo svolgimento delle funzioni regionali (sentenza n. 241 del 2012).

A ciò si aggiunge che la finalità delle disposizioni recate dal d.l. n. 63 del 2013 e, in particolare, di quelle relative alle detrazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica, sarebbe il recepimento – doveroso – della direttiva comunitaria 2010/31/UE in materia di prestazioni energetiche per la definizione di procedure d’infrazione. Pertanto, il maggior gettito (peraltro come effetto indotto) derivante dalle disposizioni di carattere fiscale, dettate tipicamente da obblighi di adeguamento comunitari, non apparirebbe essere diretto a costituire una riserva erariale in senso tecnico. Del resto, lo Stato, nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia di rapporti con l’Unione europea nonché in materia tributaria, sarebbe legittimato ad introdurre misure, anche di carattere fiscale, al fine di favorire la standardizzazione delle prestazioni energetiche e garantire coesione sociale e internazionale, senza che l’eventuale minor gettito debba essere necessariamente accompagnato da misure compensative per la finanza regionale.

Alla luce di quanto esposto il resistente chiede il rigetto del ricorso in epigrafe.

Considerato in diritto

1.– Con ricorso n. 91 del 2013, la Regione siciliana ha impugnato l’art. 21, comma 3, alinea e lettera a), del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 (Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2013, n. 90, «ove applicabile ricomprendendo nell’aumento di gettito derivante dalle misure previste dagli articoli 14, 16, 19 e 20, da utilizzare a copertura degli oneri derivanti allo Stato per effetto delle disposizioni indicate nell’alinea, anche la parte relativa a tributi riscossi in Sicilia e quindi di spettanza della Regione», per violazione degli artt. 36 e 37 dello statuto della Regione siciliana (Regio decreto legislativo 15 maggio 1946, n. 455, recante «Approvazione dello statuto della Regione siciliana»), nonché delle correlate norme di attuazione di cui al d.P.R. 26 luglio 1965, n. 1074 (Norme di attuazione dello Statuto della Regione siciliana in materia finanziaria) ed in particolare dell’art. 2.

La disposizione censurata prevede la copertura degli incrementi di alcune autorizzazioni di spesa individuate dai commi 1 e 2 dello stesso art. 21 e degli oneri derivanti da agevolazioni fiscali introdotte dagli artt. 14 e 16 del medesimo decreto-legge «mediante corrispondente utilizzo delle maggiori entrate e delle minori spese derivanti dalle misure previste dagli articoli 14, 16, 19 e 20; […]».

In particolare, dagli artt. 14 e 16 del d.l. n. 63 del 2013 è previsto un maggior gettito risultante dalla differenza tra il costo delle agevolazioni fiscali ivi stabilite e i maggiori introiti per imposte dirette ed IVA che si prevedono come conseguenti all’incremento delle attività economiche agevolate; dagli artt. 19 e 20 del medesimo decreto-legge è poi previsto un maggior gettito come diretta conseguenza della eliminazione del regime IVA agevolato nel settore editoriale e dell’innalzamento dell’IVA sugli alimenti somministrati mediante distributori automatici.

1.1.– A parere della Regione la disposizione censurata, «ove applicabile ricomprendendo […] anche la parte relativa a tributi riscossi in Sicilia e quindi di spettanza della Regione», violerebbe gli artt. 36 e 37 dello statuto nonché l’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, in quanto non sussisterebbero i presupposti, previsti dallo statuto, che consentono di derogare al principio di attribuzione alla Regione siciliana di tutte le imposte statali riscosse nell’isola, ovvero a) la natura tributaria dell’entrata; b) la novità di tale entrata; c) la destinazione del gettito «con apposite leggi alla copertura di oneri diretti a soddisfare particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate nelle leggi medesime».

Quanto ai maggiori proventi fiscali previsti sulla base della ripresa economica stimolata dalle agevolazioni di cui ai citati artt. 14 e 16, difetterebbe il carattere di novità dell’entrata tributaria. Con riferimento sia ad essi che agli aumenti di gettito IVA derivanti dai successivi artt. 19 e 20, mancherebbe la specifica destinazione a finalità contingenti o continuative dello Stato.

1.2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri sostiene l’inammissibilità del ricorso, non avendo, la ricorrente, adempiuto all’onere di allegare la «precisa quantificazione del pregiudizio lamentato, i criteri utilizzati per la sua definizione e le partite dei rispettivi bilanci finanziari dalle quali si ricavano le relative censure», nonché la sua non fondatezza in quanto, per espressa affermazione della ricorrente, dalle norme impugnate non emergerebbe alcun danno. Inoltre, la finalità delle disposizioni recate dal d.l. n. 63 del 2013 e in particolare di quelle relative alle detrazioni fiscali per interventi di riqualificazione energetica, sarebbe il recepimento doveroso della direttiva comunitaria 2010/31/UE in materia di prestazioni energetiche; pertanto, il maggior gettito non sarebbe diretto a costituire una riserva erariale in senso tecnico. Comunque, lo Stato, nell’esercizio della potestà legislativa esclusiva in materia di rapporti con l’Unione europea nonché in materia tributaria, sarebbe legittimato ad introdurre misure, anche di carattere fiscale, al fine di favorire la standardizzazione delle prestazioni energetiche e garantire coesione sociale e internazionale, senza che l’eventuale minor gettito debba essere necessariamente accompagnato da misure compensative per la finanza regionale.

2.– Si premette che la questione promossa dalla Regione siciliana è ammissibile, sebbene formulata in via alternativa – sulla riconducibilità o meno alla disposizione in esame dei tributi riscossi nel territorio della Regione – in quanto, secondo costante orientamento di questa Corte, il giudizio in via principale, a differenza di quanto accade per il giudizio in via incidentale, può concernere questioni sollevate sulla base di interpretazioni prospettate dal ricorrente come possibili (sentenze n. 255 del 2013, n. 228 del 2003, n. 412 del 2001, n. 244 del 1997 e n. 242 del 1989).

3.– Sempre in via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di inammissibilità prospettata dal Presidente del Consiglio dei ministri per genericità del ricorso per la «mancata quantificazione del pregiudizio lamentato, i criteri utilizzati per la sua definizione e le partite dei rispettivi bilanci finanziari dalle quali si ricavano le relative censure».

L’eccezione non è fondata in quanto il principio della necessaria allegazione del danno affermato da questa Corte (sentenza n. 246 del 2012) trova una giustificazione quando la norma censurata dispone una minore entrata per la Regione e non anche quando comporti l’esclusione dal beneficio del maggior gettito da essa stessa introdotto.

4.– Nel merito la questione è fondata. La disposizione impugnata, come “paventato” dalla ricorrente, dispone in effetti che la globalità degli aumenti di gettito confluiscano nel bilancio statale, includendovi, quindi, anche quelli riscossi nel territorio della Regione siciliana.

Manca infatti una clausola di salvaguardia che preveda l’inapplicabilità delle disposizioni in esame alle Regioni ad autonomia speciale ove siano in contrasto con gli statuti e le relative norme di attuazione.

Va poi rilevato che la relazione tecnica, nel quantificare ed esporre i dati contabili ed economici ricollegabili alle misure introdotte, prende a riferimento le entrate riscosse in tutto il territorio nazionale.

Occorre, dunque, verificare se ricorrono i presupposti legittimanti la riserva allo Stato fissati dall’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965, la cui sussistenza è contestata dalla Regione.

5.– Essendo pacifico il carattere tributario dell’entrata, deve accertarsi, innanzitutto, la destinazione a «finalità contingenti o continuative dello Stato, specificate nelle leggi medesime». Questa Corte, con la sentenza n. 241 del 2012, ha evidenziato che tale condizione «è soddisfatta quando la legge statale stabilisce che il gettito sia utilizzato per la copertura di oneri diretti a perseguire “particolari finalità contingenti o continuative dello Stato specificate” nella legge stessa (sentenza n. 135 del 2012)».

Ebbene, gli obiettivi di impiego indicati nel censurato comma 3 dell’art. 21 rispondono ad esigenze specifiche di copertura degli «oneri derivanti dagli articoli 14 e 16 e dai commi l e 2».

Essi riguardano, rispettivamente, le detrazioni fiscali introdotte da tali norme per gli interventi di miglioramento dell’efficienza energetica negli edifici e per le spese di ristrutturazione edilizia; l’incremento dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 1, comma 7, del decreto legge 20 maggio 1993, n. 148 (Interventi urgenti a sostegno dell’occupazione), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 19 luglio 1993, n. 236, confluita nel Fondo sociale per l’occupazione e la formazione e destinata al rifinanziamento degli ammortizzatori sociali in deroga di cui all’art. 2, commi 64 e 65, della legge 28 giugno 2012, n. 92 (Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita); l’incremento dell’autorizzazione di spesa di cui all’art. 5 della legge 6 febbraio 2009, n. 7 (Ratifica ed esecuzione del Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione tra la Repubblica italiana e la Grande Giamahiria araba libica popolare socialista, fatto a Bengasi il 30 agosto 2008), relativa agli oneri derivanti dagli impegni assunti con il Trattato nonché dal riconoscimento di ulteriori indennizzi a soggetti titolari di beni, diritti e interessi sottoposti in Libia a misure limitative, individuati nell’art. 4 della medesima legge n. 7 del 2009.

6.– A conclusioni parzialmente diverse si giunge quanto al requisito della novità della entrata, in ordine al quale deve essere operata una distinzione tra i due gruppi di diposizioni.

6.1.– Le misure di cui agli artt. 19 e 20 del d.l. n. 63 del 2013 rientrano nel perimetro della nozione di «nuova entrata tributaria» tracciato dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale può considerarsi tale anche la maggiore entrata derivante da disposizioni legislative che aumentano le aliquote di tributi preesistenti (sentenze n. 97 del 2013, n. 143 del 2012 e n. 348 del 2000).

A tale fattispecie possono senz’altro assimilarsi l’eliminazione del regime IVA agevolato per i prodotti editoriali e, a maggior ragione, l’aumento dell’aliquota IVA per la somministrazione di alimenti e bevande con i distributori automatici.

6.2.– Non rientra, invece, nella nozione di «nuova entrata tributaria» il maggior gettito previsto come effetto indotto delle misure di cui agli artt. 14 e 16 del d.l. n. 63 del 2013 risultante, cioè, dalla differenza tra il costo delle agevolazioni fiscali introdotte dalle norme richiamate e i maggiori introiti per imposte dirette ed IVA conseguenti all’incremento delle attività economiche derivante dalla loro agevolazione.

Si tratta di tributi già dovuti in base alla precedente normativa fiscale, il cui gettito non muta per il mutare della norma ma aumenta (rectius, potrebbe aumentare, per l’ipotizzato effetto incentivante sugli investimenti nei settori specifici interessati dalle norme. Difatti per le «somme già dovute in base alla precedente normativa fiscale» va escluso il carattere di novità dell’entrata tributaria (sentenza n. 241 del 2012).

In termini più generali, questa Corte, con la sentenza n. 306 del 2004, ha poi chiarito che l’art. 2 del d.P.R. n. 1074 del 1965 va inteso nel senso che deve essere assicurato alla Regione il gettito derivante dalla «capacità fiscale» che si manifesta nel suo territorio, e cioè dai rapporti tributari che sono in esso radicati, in ragione della residenza fiscale del soggetto produttore del reddito colpito o della collocazione nell’ambito territoriale regionale del fatto cui si collega il sorgere dell’obbligazione tributaria. Ciò che rileva, quindi, è che venga assicurato che alla Regione giunga il gettito corrispondente alla sua capacità fiscale, a nulla rilevando che, come nel caso di specie, l’incremento di quest’ultima sia dovuto a detrazioni fiscali introdotte dal legislatore statale, peraltro comunque poste a carico della Regione.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 21, comma 3, alinea e lettera a), del decreto-legge 4 giugno 2013, n. 63 (Disposizioni urgenti per il recepimento della Direttiva 2010/31/UE del Parlamento europeo e del Consiglio del 19 maggio 2010, sulla prestazione energetica nell’edilizia per la definizione delle procedure d’infrazione avviate dalla Commissione europea, nonché altre disposizioni in materia di coesione sociale), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 3 agosto 2013, n. 90, nella parte in cui ricomprende nell’aumento di gettito derivante dalle misure previste dagli artt. 14 e 16 del d.l. n. 63 del 2013 anche i tributi riscossi nella Regione siciliana.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 luglio 2014.

F.to:

Sabino CASSESE, Presidente

Giancarlo CORAGGIO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 16 luglio 2014.

Il Direttore della Cancelleria

F.to: Gabriella MELATTI

Le ‘carte’ ufficiali della rinuncia al contenzioso con Roma: Il Governo Crocetta ha nascosto un miliardo e mezzo di euro?


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