Da qualche giorno su tutti i pc dell'Ateneo di Catania è scattato il filtro per alcune pagine Internet, come Facebook o Twitter. Dopo l'avvertimento a disinstallare software potenzialmente dannosi, la Direzione amministrativa ha deciso di agire "a monte", per contrastare l'uso improprio della Rete - Unict contro Facebook
La Cina è vicina
Nonostante il ritardo nell’istituzione di una cattedra di lingua e filologia cinese nell’Università di Catania, la Direzione Amministrativa ha bruciato i tempi: dal 30 aprile 2010, almeno un po’ della cultura del grande Paese asiatico è entrata nel nostro Ateneo. Parliamo in particolare dell’atteggiamento nei confronti dei nuovi mezzi di comunicazione di massa, che come è noto Pechino tenta di arginare intervenendo “a monte”, vale a dire controllando gli accessi.
Proprio “a monte”, senza alcun preavviso, facendo seguito a una circolare dell’amministrazione centrale diramata il 2 aprile, è stato bloccato l’accesso a cinque dei più diffusi socialnetwork della rete.
Chi, da una qualsiasi postazione della rete d’ateneo, comprese le aree wireless dalle quali si accede con un proprio portatile, tenta di collegarsi a Facebook, Netlog (il sito belga che si rivolge in particolare alla gioventù europea), MySpace (la comunità virtuale fondata all’interno dell’Università della California, tra Berkeley e Los Angeles) o Twitter (sempre più usato per diffondere notizie, come strumento di giornalismo partecipativo) vede apparire un avviso analogo a quello che segue:
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L’URL Richiesto e’ stato filtrato come da nota della D.A. Prot.30797/I/5
La direttiva del Dipartimento della Funzione pubblica, pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 28 marzo 2002, affermava in premessa l’opportunità di favorire “scelte organizzative e strategiche che influiscono positivamente sulla visibilità e sull’immagine aziendale e che coinvolgono trasversalmente tutto il processo produttivo, attraverso azioni di comunicazione interna”, e poneva opportunamente l’accento sulla “realizzazione di un sistema di flussi di comunicazione (…), sia per migliorare la qualità dei servizi e l’efficienza organizzativa, sia per creare tra gli operatori del settore pubblico senso di appartenenza alla funzione svolta”.
È coerente con questi obiettivi l’idea di bloccare indiscriminatamente l’accesso ad alcuni social network (senza spiegare perché questi siti e non altri) che costituiscono ormai un modo tradizionale di comunicazione e d’espressione della comunità studentesca? Pare proprio di no. E si possono nutrire dubbi sia sull’efficacia del provvedimento, sia sulla sua logica. Intatto rimane per esempio l’accesso ai siti peer-to-peer (la cui inibizione del resto si può facilmente aggirare); nonostante il fatto che dal download p2p, piuttosto che dall’accesso ai social network giovanili, siano derivate in passato diffide legali nei confronti dell’ateneo, oltre all’enorme spreco di banda e a tutti i conseguenti problemi di rete, compresa la diffusione di virus nel sistema.
È bene sapere che la rete d’ateneo consente di intervenire selettivamente anche sul singolo computer e su tutti i dispositivi di rete periferici. Se è perciò comprensibile che si voglia bloccare l’accesso a determinati servizi da una sala studio, o dai computer di uso collettivo di una biblioteca di facoltà, o dai computer di un determinato ufficio di segreteria, appare immotivata questa sindrome della Grande Muraglia, che mette in un unico calderone personale tecnico-amministrativo, docenti e persino studenti.
Alcuni illustri docenti dell’ateneo avevano pubblicamente manifestato le proprie critiche alla circolare del 2 aprile a firma del Direttore amministrativo. Si legga l’intervista a Step1 di un esperto della materia, il prof. Davide Bennato. Si vedano, sul forum ufficiale della Facoltà di Lettere, le sensate osservazioni del prof. Antonio Di Grado. Non ci risulta che sia stata fornita loro alcuna risposta.