Nelle prossime ore è probabile che il governo Musumeci chieda alla discarica pubblica di Gela e a quelle private di Catanzaro e Oikos uno sforzo in più. I nodi però sembrano essere tutti venuti al pettine e compaiono le prime forme di campanilismo dei rifiuti
La chiusura di Sicula porta alla luce l’inerzia del pubblico Srr non pianificano impianti e Regione non finanzia progetti
Se non proprio sovranismo, quantomeno un accenno di campanilismo della spazzatura. Nella situazione per nulla rosea che sta vivendo il settore in seguito all’ulteriore riduzione dei conferimenti accettati da Sicula Trasporti, da una parte all’altra dell’isola i sindaci si chiedono cosa fare nell’immediato e se il peggio debba ancora venire. E così, come in ogni crisi che si rispetti, ognuno inizia a pensare al proprio. «Non è che ora pensano di portare tutto da queste parti?», è il pensiero che accomuna i primi cittadini di aree geograficamente distanti dalla discarica di Lentini. Al contrario, chi sta nella parte orientale dell’isola ragiona su un’altra questione: «Va premiato chi, in questi anni, è stato capace di fare una buona differenziata», auspica un sindaco della fascia ionica, alludendo a chi invece a poche decine di chilometri continua a registrare percentuali tragicamente basse.
L’annuncio della saturazione della discarica di Grotte San Giorgio ha disturbato il sonno di buona parte della Sicilia. A fare riferimento al sito gestito dai fratelli Leonardi fino all’anno scorso, quando l’inchiesta giudiziaria Mazzetta Sicula ha portato all’arresto dei due imprenditori e al sequestro della società, è stata in questi anni metà isola. Attualmente più di un terzo dei comuni. Una situazione di per sé straordinaria, se si considera che la legge prevede che il ciclo dei rifiuti urbani si chiuda all’interno dell’ambito territoriale. La Sicilia da questo punto di vista è divisa in 18 aree, ma la riforma che arranca all’Ars vorrebbe ridurle a nove e farle coincidere con i confini provinciali. A occuparsi della governance degli ambiti – dalla pianificazione della raccolta dei rifiuti fino all’individuazione degli impianti necessari per il loro trattamento e smaltimento – dovrebbero essere le Srr (la riforma vorrebbe cambiarne il nome in Ada e farle diventare soggetti di diritto pubblico), enti che come soci hanno i Comuni e che, tranne alcune eccezioni, hanno fin qui fatto la parte degli spettatori nonostante la legge deleghi proprio a essi un ruolo centrale.
E per quanto la situazione attuale ponga il maggior carico di stress proprio sui sindaci, che rischiano di vedersi indicati come primi responsabili della mancata pulizia delle città, va ricordato che se la chiusura di una mega-discarica, che per anni ha operato in deroga alle norme, diventa un grosso guaio lo si deve alla passiva accettazione mostrata dalle istituzioni davanti all’oligopolio dei privati. Sul punto ad avere un ruolo di protagonista in negativo sono state proprio le Srr, indicate dalla legge regionale come il soggetto deputato a scegliere le tecnologie idonee per gestire la quantità di rifiuti prodotte all’interno del proprio ambito. Da una parte all’altra della Sicilia si è rinunciato alla possibilità di rendersi autosufficienti creando impianti e siti di abbancamento commisurati ai propri fabbisogni. Un atteggiamento che da un lato ha favorito gli interessi dei privati e dall’altro ha lasciato impreparata l’intera regione.
Anche in questi giorni l’aria che si respira dalle parti delle Srr è quella dell’attesa. Attesa di un intervento esterno e precisamente dalla Regione. «Sono gli enti territoriali che devono occuparsi della gestione del ciclo dei rifiuti nel proprio ambito», ricorda qualcuno dal dipartimento regionale. Ma l’assunto per quanto rispettoso delle norme si scontra con quella che è stata la prassi in tutti questi anni. «Ma le ordinanze che autorizzano i Comuni a conferire la spazzatura non le firma la Regione?», è la replica di uno dei funzionari delle 18 Srr. Guardando alle azioni fattibili sul breve termine, è molto probabile che gli uffici regionali già dalle prossime ore tentino una nuova opera di convincimento con i gestori delle tre discariche che nei mesi scorsi avevano accettato di ricevere parte dei rifiuti che non trovavano già posto da Sicula: Oikos nel Catanese, Catanzaro Costruzioni a Siculiana (Agrigento) e la discarica pubblica di Gela. L’accordo, al di sotto delle aspettative specialmente per quanto riguarda Gela, si era trovato su duecento tonnellate al giorno. Per sopperire alla saturazione di Lentini, la quantità andrebbe di fatto raddoppiata ma non è detto che tanto i privati che i sindaci della parte sud della provincia di Caltanissetta accettino di tornare sui propri passi.
Ciò significa che finché non si troverà una soluzione – l’altra sarebbe tornare seriamente a valutare l’ipotesi dell’invio all’estero – chi prima arriverà a Sicula potrà lasciare i rifiuti, che saranno trattati nel Tmb e poi inviati alle altre tre discariche, gli altri saranno costretti a tornare indietro. Nei giorni scorsi è successo già agli autocompattatori della Dusty provenienti da Catania, la città tallone d’achille della Sicilia in tema di differenziata. «Siamo sicuri che il principio di chi prima arriva meglio alloggia sia quello corretto? – commenta a MeridioNews un sindaco – È chiaro che chi si trova geograficamente più vicino alla discarica sarà più avvantaggiato, a partire da Catania. Allora mi chiedo se non andrebbero premiati quei centri che in questi anni hanno dimostrato di sapere ridurre l’indifferenziata». C’è poi anche chi ragiona sull’ipotesi che a bloccarsi possano essere anche le altre tipologia di raccolta. «Si compromette anche la raccolta dell’umido di lunedì, alla luce del fatto che gli stessi camion che dovranno essere utilizzati sono fermi perché pieni, e neanche lunedì probabilmente potranno scaricare perché per l’inizio della settimana c’è già la fila di mezzi parcheggiati in attesa della riapertura dell’impianto», ha scritto in una nota il sindaco di Aci Sant’Antonio Santo Caruso.
In una storia come questa, in un rompicapo così difficile da risolvere, cose che non sembrano funzionare se ne trovano a tutti i livelli. E coinvolgono anche la politica e la burocrazia regionale. Ad aprile, per esempio, la Srr Catania Provincia Nord, che abbraccia una quindicina di Comuni, ha ricevuto la notizia di uno stanziamento di 70 milioni per finanziare la realizzazione degli impianti pubblici. A mancare però sono i soldi per la progettazione e l’iter da un anno è fermo agli studi di fattibilità. Stando a quanto appreso da MeridioNews, dalla Regione hanno fatto presente che i contributi economici possono essere utilizzati soltanto per le opere mentre la progettazione dovrà essere finanziata dalla Srr e, dunque, dai Comuni. I quali, dal canto loro, sostengono di non avere le risorse per affrontare queste spese.