La caduta (o quasi) di Berlusconi e la Sicilia

Come ha scritto ieri sera il nostro Aldo Penna, Silvio Berlusconi si prepara a lanciare in politica la figlia Marina. Con i mezzi che ha a disposizione – soldi e tv – non farà fatica a organizzare un altro ‘grande sogno’.

Non sta a noi giudicare la sentenza che lo ha condannato. A noi interessano gli effetti politici della sua condanna e della probabile entrata nell’agone politico della figlia Marina. E ci interessa, in particolare, quello che potrebbe avvenire in Sicilia, terra che ha avuto con Berlusconi, sin dal 1993, un legame molto particolare.

Forza Italia è stata pensata in Italia. Ma in Sicilia ha avuto subito basi solidissime che solo la mediocre e litigiosa classe dirigente azzurra della nostra Isola è riuscita in parte a sfasciare.

E’ grazie alla Sicilia che Berlusconi ha costruito molte delle sue fortune. Ed è partendo dalla Sicilia che si dovrebbe provare a tirare un bilancio di vent’anni di berlusconismo. Ma temiamo che tale analisi non ci sarà. Temiamo che si passerà da Silvio a Marina Berlusconi senza alcuna analisi.

Noi, invece, proviamo ad analizzare, anche se andando per sintesi, questi vent’anni di berlusconismo in Sicilia. Avventurandoci, come facciamo spesso, in qualche previsione per l’immediato futuro.

Il primo raggiro di Berlusconi in Sicilia è lessicale. Cavalcando Tangentopoli, all’inizio degli anni ’90, il Cavaliere si presentava come l’antipolitica. Mentre predicava di “cambiamenti radicali”, di “svolta liberale” e via continuando con gli slogan, proprio in Sicilia gli uomini del Cavaliere, ben prima di ufficializzare la nascita di Forza Italia, tessevano accordi con gli ex democristiani, con gli ex socialisti e con ‘pezzi’ di quelli che, nella Prima Repubblica, erano i Partiti laici: Psdi, Pri e Pli.

Forza Italia, in Sicilia, trova il proprio personale seguendo tre vie: in minima parte attraverso una strana ‘selezione’ basata più su criteri ‘estetici’ì che politici; la parte maggiore stringendo accorci con le grandi famiglie politiche democristiane, socialiste e, in minima parte, dei Patiti laici. Una terza parte, che verrà subito bloccata da Gianfranco Miccichè (all’epoca coordinatore degli azzurri siciliani), da ambienti, come dire?, un po’ ‘strani’. Va a merito di Miccichè – lo ribadiamo per onestà di cronaca – se questa terza, ‘strana’ forma di ‘intruppamento’ (in qualche caso di ‘auto-intruppamento’) di personale politico viene interrotta.

Tuttavia, da siciliani che non hanno vissuto a Oslo ma a Palermo, non possiamo fare a meno di notare che personaggi della ‘Vecchia Sicilia’, in quegli anni, finiscono comunque tra i berlusconiani. Magari non direttamente in politica, magari non direttamente in Sicilia, ma comunque nei ‘rami d’azienda’ dell’impero del Cavaliere.

Per completezza d’informazione, la nascita di Forza Italia non farà scomparire la tradizione democristiana. Sarà, soprattutto, Totò Cuffaro a portare avanti le istanza di una Dc rivisitata, spesso in contrapposizione con i berlusconiani.

Non è questa la sede per parlare delle grane giudiziarie di tanti esponenti berlusconiani siciliani. Anche se – per onestà verso i nostri lettori – diciamo subito di non appartenere alla schiera dei giustizialisti

A noi i processi indiziari non ci convincono proprio. Soprattutto quando si parla di rapporti tra politica e mafia sarebbe opportuno trovare le prove inconfutabili, oggettive, e non testimonianze e registrazioni ambientali poco chiare, con un perito che dice una cosa e l’altro perito che ne dice un’altra. A nostro avviso, nel dubbio non si può condannare una persona per reati gravissimi.

Tolta di mezzo la questione giudiziaria, inevitabile quando si parla di Berlusconi e di alcuni dei suoi ‘scienziati’ siciliani, vorremmo parare un po’ dei risultati politici e amministrativi ottenuti in Sicilia dai berlusconiani.

Tanto per cominciare, non hanno mai vinto un’elezione regionale. Nel 1996 sono riusciti a portare a Palazzo d’Orleans, sede della presidenza della Regione, il professore Giuseppe Provenzano. Forza Italia raggiunge la maggioranza relativa all’interno del centrodestra. Provenzano viene travolto subito da polemiche legate alla sua attività di commercialista. Sullo sfondo, le accuse di intrattenere rapporti professionali con parenti di mafiosi.

La gestione della Regione, da parte di Provenzano, è corretta. Forse troppo corretta: tant’è vero che viene fatto fuori dagli stessi suoi compagni di Partito e da altri ‘intellettuali’ del centrodestra siciliano in combutta con alcuni comitati di affari.

Questo già è il primo segnale: Forza Italia, in Sicilia, non rappresenta il cambiamento, ma la continuità con il vecchio sistema politico e amministrativo. E chi prova a cambiare schema viene allontanato.

Nella legislatura 1996-2001 il centrodestra perderà per circa un anno la guida della Regione per riconquistarla nella primavera del 2000.

Nel complesso, i risultati politici e amministrativi di Forza Italia, in questa prima legislatura regionale, sono pessimi. Negli uffici e nello ‘stile’ dell’amministrazione non c’è alcun cambiamento, non c’è la ‘svolta liberale’ millantata da Berlusconi. C’è solo un clientelismo efferato, non molto diverso da quello dei Partiti della cosiddetta Prima Repubblica.

Nel 2001, per la prima volta, si vota con l’elezione diretta del presidente della Regione. Gli azzurri provano a candidare un proprio esponente. Ma vengono ‘stoppati’ dagli ex democristiani. Alla fine passa la candidatura di Totò Cuffaro che vincerà le elezioni.

Gli azzurri vanno al Governo della Regione incamerando tanti assessorati. Ma nell’attività di governo non ci sarà alcuna svolta. L’unico pensiero dei leader di questo Partito è quello di avere le mani libere nella legislatura successiva.

Cuffaro verrà rieletto nel 2006. Ma durerà meno di due anni. Il resto della storia è nota: l’arrivo di Raffaele Lombardo nel 2008, che sfrutterà a dovere le divisioni interne ai berlusconiani siciliani, sempre divisi per questioni di potere.

L’ultimo regalo dei belusconiani si chiama Rosario Crocetta, l’attuale presidente della Regione. Senza la candidatura di Gianfranco Miccichè alla presidenza della Regione – candidatura nata per ‘stoppare’ il candidato del centrodestra, nello Musumeci – Crocetta non avrebbe mai vinto.

Cosa resta, dal 1996 ad oggi, dell’esperienza dei berlusconiani alla Regione? Hanno governato fino al 2008 senza portare alcuna innovazione. A parte qualche assessore azzurro che ha cercato di introdurre qualche novità, il buio è assoluto.

Nei quattro anni successivi – dal 2008 al 2012 – non sono riusciti nemmeno a organizzare una seria opposizione. Buio pesto anche su questo fronte.

In tutto questo, qualche anno fa, è nato il Pdl. Un’occasione che Berlusconi ha utilizzato con sapienza per distruggere Alleanza nazionale, grazie soprattutto all’insipienza politica di Gianfranco Fini. Operazione perfettamente riuscita anche in Sicilia, dove gli esponenti di An non hano trovato di meglio che dividersi in quattro o cinque gruppi agevolando il compito dei loro avversari.

Questo punto è importante perché, come ora vedremo, l’elettorato di An e i seguaci di Cuffaro sono rimasti nell’area moderata.

Dalla Regione ai Comuni. Come per gli assessorati regionali, non è da escludere che, anche negli enti locali, ci possano essere state esperienza positive, da parte dei berlusconiani. Ma, nel complesso, anche nei Comuni, i risultati ottenuti dagli azzurri sono stati disastrosi.

Gli esempi eclatanti sono rappresentati dai Comuni di Palermo e Catania. Nella città Etnea gli azzurri ereditano un Comune indebitato dall’allora Sindaco, Enzo Bianco (che oggi è di nuovo Sindaco di Catanie e ha ereditato, per ironia della sorte, il vecchio indebitamento maggiorato da quello provocato dai berlusconiani). Ma la loro gestione sarà dissennata e porterà il Comune a sopravvivere grazie ai fondi che la Sicilia avrebbe dovuto utilizzare per gli investimenti (il riferimento è ai Fas, Fondi per le aree sottoutilizzate del Sud d’Italia).

A Palermo Diego Cammarata farà di peggio. Insediatosi come Sindaco nel novembre del 2001, in dieci anni, complici una legge nazionale e una legge regionale (entrambe per la stabilizzazione del precariato), l’amministrazione Cammarata riempirà di personale il Comune portandolo al collasso finanziario.

Questo avviene mentre Berlusconi governa a Roma e gli azzurri in Sicilia. Per sottolinea che, da Roma ai Comuni, passando per le Regioni, non c’è alcuna innovazione nella vita politica italiana.

Anzi, è Berlusconi che, tornando al Governo nel 2008, toglierà al Sud i soldi del Fas dirottandoli in buona parte nel Centro Nord Italia (operazioni del Ministro Giulio Tremonti) e in minima parte a Palermo e a Catania per pagare le politiche sbagliate dei Sindaci azzurri di queste due città.

Come si può notare, in Sicilia le esperienza politiche e amministrative dei berlusconiani sono state disastrose. Non siamo noi a dirlo: parlano i fatti.

Eppure – e qui l’articolo scritto ieri dal nostro Aldo Penna è illuminante – nonostante le penalizzazioni che l’ultimo Governo Berlusconi ha inflitto alla Sicilia, nonostante i guasti provocati dagli azzurri alla Regione e in tanti Comuni, in testa Palermo e Catania, alle ultime elezioni politiche, in Sicilia, Berlusconi ha vinto di nuovo. Perché?

Di mezzo c’è la sua abilità e, in parte – ma solo in parte – le sue tv (ricordiamo che il Cavaliere, dal 2006, ha quasi tutta la grande stampa italiana contro, ma vince lo stesso).

Con riferimento alla Sicilia, ci sono le difficoltà della sinistra siciliana emerse con le tante incomprensioni alle recenti elezioni comunali. Ma accanto alle difficoltà ci sono due elementi politici.

Il primo elemento – dimostrato dai risultato delle ultime elezioni nazionali in Sicilia (e, in parte, anche dai risultati delle elezioni regionali) – è che la scomparsa di An e l’eliminazione, fisica prima che politica, di Totò Cuffaro, non hanno spostato voti verso il centrosinistra. Questi elettori sono rimasti ancorati al centrodestra. A questo hanno contribuito in modo sostanziale i quattro anni di Governo Lombardo sostenuto dal Pd: quattro anni ‘pesanti’ che hanno appannato l’immagine di questo Partito.

Il secondo elemento è rappresentato dalla grande delusione dei primo nove mesi del Governo Crocetta. Piuttosto che compattare la propria maggioranza, il presidente sembra perseguire giochi di potere coperti da un’antimafia di facciata.

I risultati sono due: un disastro amministrativo generale (non c’è categoria sociale, in Sicilia che parli bene di questo Governo regionale) e i tentativi, piuttosto spregiudicati, di ‘chiudere operazioni’ temerarie, dal mega impianto agro fotovoltaico di Gela all’improbabile reindustrializzazione di Termini Imerese. Non capendo che cattiva amministrazione, antimafia di facciata e ‘operazioni’ finanziarie temerarie allontanano gli elettori piuttosto che avvicinarli.

Lungi dall’unire uno schieramento alternativo al centrodestra – che con la probabile discesa in campo di Marina Berlusconi sarà più ringalluzzito che mai – Crocetta e il suo sodale Beppe Lumia stanno solo creando fratture e divisioni che, alla fine, rischiano di avere un solo effetto: far passare per ‘innovatori’ gli esponenti del centrodestra siciliano che, negli anni passati, si sono ‘mangiati’ se non tutta la Sicilia almeno una buona parte della nostra Regione e dei nostri Comuni.

 

 

 


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