La ‘caduta’ di Patrizia Monterosso. I grillini: “Deve andare via”

SONO 4 I MILIONI CHE LA CORTE DEI CONTI CHIEDE IN RESTITUZIONE A POLITICI E BUROCRATI. RESTANO DUBBI SULLA LEGITTIMITA’ DELL’INTEGRAZIONE AL FINANZIAMENTO CONCESSO TRA IL 2005 E IL 2010 PER GLI ADEGUAMENTI CONTRATTUALI A SEGUITO DI RINNOVO PER PARTE ECONOMICA DEL CCNL DI CATEGORIA

La notizia delle condanne eccellenti, di politici e burocrati, da parte della Corte dei Conti, sulla vicenda dei fondi extrabudget, apre uno squarcio nella gestione dell’ultimo decennio della Formazione professionale in Sicilia e le polemiche intorno alla legittimazione all’integrazione del finanziamento concessa negli anni che vanno dal 2005 al 2010 a diversi enti formativi siciliani.

Il caso più eclatante è quello di Patrizia Monterosso, attuale segretario generale della Regione siciliana, che all’epoca dei fatti, il 2008, rivestiva la carica di dirigente generale del dipartimento Formazione professionale, che è stata condannata dai giudici contabili a restituire circa un milione e 279 mila euro.

E adesso che accadrà? Il presidente della Regione, Rosario Crocetta, uomo di legalità, cosa deciderà di fare? Terrà con se il dirigente esterno a capo della burocrazia regionale oppure taglierà il cordone ombelicale con il precedente governo del condannato Lombardo? Avrà forza politica ed impeto istituzionale per tenere al suo posto un dirigente che all’epoca ha semplicemente dato seguito alla applicazione di un a serie di leggi regionali vigenti? Oppure la caccerà perché condannata, seppur a nostro avviso con qualche perplessità circa la legittimità dell’integrazione e non dell’extrabudget ?

Ciò che appare poco chiaro, nel rispetto delle sentenze emanate dalla magistratura contabile e dal grande lavoro che gli si riconosce, è che le procedure di erogazione delle integrazioni al finanziamento concesso a diversi enti formativi, avveniva in applicazione del Contratto collettivo di lavoro della categoria a copertura di arretrati contrattuali per i rinnovi della parte economica relativi al periodo dal 2003 al 2010. E questa pratica amministrativa trova la sua fonte nella normativa vigente e nell’atto di adesione che obbligava gli enti di formazione a rispettarlo.

Quindi è sbagliato il sistema di disposizioni normative regionali in vigore, oppure c’è dell’altro? E poi è stata la stessa Corte dei Conti, recentemente a chiarire la vicenda. Secondo i magistrati contabili, chiamati a giudicare l’operato di assessori regionali, dirigenti generali e funzionari dell’assessorato alla Formazione professionale, le integrazioni “vanno corrisposte agli enti che li utilizzano secondo quanto previsto dalla legge: cioè per coprire la differenza delle retribuzioni là dove scattano gli aumenti contrattuali”.

A quanto pare, sempre secondo la magistratura contabile, ci sarebbero enti che avrebbero usato queste somme per fare nuove assunzioni e, in generale, per finalità diverse da quelle previste dalla legge. Il tutto con la connivenza di politici e alti dirigenti regionali. In quest’ultima ipotesi si configurerebbe il reato e la Procura della Corte dei Conti avrebbe avanzato richiesta di una condanna a 4 milioni di euro di risarcimento per comportamento doloso e colposo.

Se ci sono enti formativi che hanno utilizzato le integrazioni al finanziamento per nuove assunzioni perché non perseguirli e chiudere la vicenda con i recuperi? Diversamente, a nostro modesto avviso, i dubbi permangono.

Ci chiediamo: come può accadere che la Corte dei Conti da un lato ha dato, negli anni interessati dal giudizio contabile, la legittimità procedurale ai contributi integrativi, cioè risorse comunitarie indirizzate al finanziamento del Piano, elevati a misura per il Prof e destinati agli enti per coprire il maggior onere per la voce di costo personale legata agli adeguamenti contrattuali, e dall’altro condanna i dirigenti che hanno applicato la legge, il Ccnl e l’atto di adesione?

Una decisione che genera confusione nell’amministrazione, perché trattasi di procedura consolidata nel tempo e legittimata dallo stesso organi di controllo che è la Corte dei conti. E adesso che accadrà? In ballo ci sarebbero circa quaranta milioni da recuperare. Altro che extrabudget.

Intanto le reazioni politiche non tardano ad arrivare. A sparare a zero sulla Monterosso e sul Governo Crocetta il M5S all’Ars.

“La Monterosso va rimossa al più presto, Crocetta non può ignorare pure la sentenza della Corte dei Conti, che è il sigillo su una gestione fallimentare del mondo della Formazione, caratterizzato da conduzioni allegre, clientelari e dalla totale

Tutti i Candidati del Movimento 5 Stelle

assenza di controlli”, leggiamo in un comunicato dei grillini.

“La notizia di oggi – affermano i deputati grillini dell’Ars – fa il paio con quella altrettanto grave riferita ieri in quinta commissione all’Ars dalla dottoressa Corsello, che ha ammesso la totale mancanza di controlli nei rendiconti degli enti negli anni passati. I quali, a dire la verità, erano già stati denunciati e segnalati dalla dirigente in relazioni mandate al governo precedente”.

L’assenza di controlli, secondo i parlamentari del M5S, avrebbe favorito, infatti, oltre alle gestioni truffaldine, anche il proliferare di contratti, consentendo agli enti, da un lato di mettere in mobilità o in cassa integrazione il personale, dall’altro di continuare ad assumere personale con contratti atipici. Le irregolarità avrebbero rallentato anche la macchina dei finanziamenti. La percentuale delle somme non erogate agli enti per le annualità pregresse, secondo quanto riferito dalla dirigente, sarebbe il frutto del rifiuto da parte di alcuni enti di presentarsi in assessorato per chiarire le irregolarità emerse in questi mesi. Un fatto, questo, che potrebbe esporre gli stessi enti alla restituzione delle somme già percepite.

Sulla vicenda contorta delle integrazioni al finanziamento il giornale più volte ha esaminato gli aspetti giuridici, tecnici e giudiziari. Il risultato conferma come la politica siciliana abbia perso la bussola e l’orientamento in un mare in tempesta, quello della Formazione professionale e dei miliardi di euro mandati dall’Unione europea e che la Sicilia, e la sua peggiore espressione politica, forse non riesce a gestire.

Il nostro giornale si è interessato da subito della vicenda che ha assunto aspetti socio economici rilevanti. Sin dall’inizio abbiamo cercato di contribuire alla ricostruzione della verità dei fatti, spingendoci fino ad affermare che, stante al quadro giuridico in vigore ed alla giurisprudenza consolidata in materia, l’integrazione riconosciuta agli Enti formativi nel corso degli anni era dovuta

Proseguiamo su questa strada richiamando altri elementi a supporto della tesi che vedrebbe la legittimazione al riconoscimento dell’extra budget, ovviamente se finalizzato alla copertura delle maggiori voci di costo contrattuale, non preventivabili in sede di approvazione del Piano regionale dell’offerta formativa (Prof).

Cominciamo col dire che la posizione assunta in primo grado dal giudice contabile, determinando la condanna per danno erariale dell’assessore regionale dell’epoca Mario Centorrino, del dirigente generale pro tempore, Gesualdo Campo e di altri dirigenti di servizio, è apparsa, ad avviso di chi scrive, non condivisibile, così come lo ribadiamo anche per la condanna a Patrizia Monterosso, all’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo ed agli altri ex assessori e dirigenti della Regione siciliana.

Abbiamo riferito in altro articolo, ma la sostanza anche questa volta non cambia che, secondo quanto riportato nella sentenza di primo grado n.2947/2012 della Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione siciliana, il principio affermato dai giudizi contabili è stato quello che la consistenza del finanziamento determinato dal Prof costituisce una soglia non superabile per l’amministrazione regionale, alla quale sarebbe preclusa ogni possibilità di corrispondere integrazioni al finanziamento successive all’approvazione del Piano, secondo la lettura data alla circolare regionale 11 giugno 2004, n.6 ed all’articolo 39 della legge regionale 23 dicembre 2002, n.23.

Dunque, da una diversa rivisitazione della citata circolare del 2004 emergerebbe un preciso limite, quello secondo cui la consistenza del finanziamento determinata dal Prof costituisca una soglia non superabile per l’ente formativo e non già per l’amministrazione regionale.

E invece, dall’attenta lettura dell’articolo 39 della citata legge n.23/2002 emergerebbe una diversa volontà del legislatore siciliano. La norma imporrebbe agli enti formativi di accendere un apposito conto da utilizzare esclusivamente per le spese del personale dipendente per ogni singolo progetto formativo, al fine di impedire che le somme accreditate dalla Regione per il pagamento delle retribuzioni del personale e degli oneri connessi potessero venire confuse e destinate ad altri scopi, come in passato, del resto, accaduto.

Cosa diversa da quanto sostenuto in sede processuale circa un divieto implicito o esplicito introdotto con l’articolo 39 della legge n.23/2002 per l’amministrazione regionale di integrare il finanziamento originariamente concesso ai singoli enti gestori.

Alla base di tale ragionamento, ritorniamo a raccontarlo, è essenziale chiarire, per quanto possibile, il rapporto che si é configurato tra Regione siciliana e enti gestori nel settore della Formazione professionale durante gli anni in cui si è operato con il Prof. Si tratta di un rapporto che non è configurabile come un qualsiasi appalto di pubblico servizio, svolto, cioè, da un privato in forza di un contratto oneroso nell’esercizio di un’attività imprenditoriale onde far valere i comuni principi in tema di concorrenza e di tendenziale immodificabilità del finanziamento. In tal caso non ci si troverebbe in presenza di un corrispettivo della prestazione del servizio erogato.

Il rapporto che si sarebbe creato, invece, tra la Regione siciliana e gli enti gestori costituirebbe una forma di avvalimento, in base al quale la Regione rimarrebbe pur sempre il soggetto tenuto alla erogazione del finanziamento, e quindi, garante dei pagamenti dovuti dagli enti gestori dei corsi al personale in esso impiegato, come confermato dalla sentenza n.10960 del 17 ottobre 1991 delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione o come precisato dalla sentenza n.1020 del 2 febbraio 1998 della Sezione Lavoro della Corte di Cassazione. Tanto più che la giurisprudenza consolidata in materia da oltre venti anni (Cassazione, Sezioni unite, 30 marzo 1990, n.2611) afferma, senza contrasti, che tra ente regionale ed ente gestore del corso di addestramento professionale si configura certamente un rapporto di servizio. Obbligo giuridico di integrare il finanziamento concesso in capo alla Regione siciliana che emergerebbe non solo nel caso si mancata erogazione di una porzione del finanziamento originariamente accordato, ma anche quando non abbia concesso parte del finanziamento per il maggiore costo rinvenibile dagli adeguamenti contrattuali previsti dalla contrattazione collettiva.

Il quadro normativo di riferimento che confermerebbe la sussistenza dell’obbligo in capo alla Regione siciliana come garante sembrerebbe essere chiaro e inconfutabile.

Si tratta della legge regionale n.24 del 6 marzo 1976, dell’articolo 16, comma 4 della legge regionale n.27 del 1991 (che richiama la legge regionale n.12 del 1987), dell’articolo 2, comma 1 della legge regionale n.25 del 1993, dell’articolo 39, comma 3 della legge regionale n.23 del 2002.

Sulla scorta di queste considerazioni appare complicato comprendere il perché di tutte queste condanne.

Ad ulteriore chiarimento della tesi sin qui illustrata giova precisare che dal quadro normativo esposto e dalla giurisprudenza consolidata in materia, si potrebbe desumere che la Regione siciliana avrebbe, lo ripetiamo, un vero e proprio obbligo giuridico di integrare il finanziamento concesso. E questo obbligo emergerebbe, non perché vi sia stata una variazione non concordata del progetto formativo originario da parte dell’ente gestore o sia stata fatta una spesa non ammissibile in quanto non riconducibile all’attività formativa autorizzata, bensì perché si sarebbe verificata una inevitabile lievitazione della spesa strutturalmente autorizzata in conseguenza del mutamento dell’assetto normativo o contrattuale vigente al momento dell’affidamento del servizio.

E questo sarebbe accaduto a seguito della mancata previsione degli aumenti retributivi introdotti dall’entrata in vigore, a cadenza triennale, dei contratti collettivi di lavoro della categoria, oltre che di alcuni oneri accessori della retribuzione e fiscali previsti dalle norme di legge già in vigore.

Nel caso poi del Piano dell’offerta formativa del 2008 il procedimento amministrativo che ha portato all’approvazione del Prof è stato particolarmente complesso e si è concluso dopo mesi di produzione di decreti assessoriali e decreti dirigenziali di finanziamento. Perché? La risposta è semplice, a seguito dell’entrata in vigore degli aumenti contrattuali, previsti dal rinnovo del Ccnl della categoria, l’amministrazione si è trovata di fronte la necessità di dover integrare il finanziamento già decretato in sede di approvazione presso la Commissione regionale per l’impiego del Piano per garantire al personale dipendente di percepire in busta paga una cifra maggiore per effetto degli aumenti previsti dall’accordo contrattuale. E se la ratio della legge regionale n.2476 è che la Regione siciliana si avvale per l’erogazione del servizio formativo di soggetti senza finalità di lucro, diventa ovvio che il maggiore onere spetta integrarlo alla stessa Regione.

È possibile affermare, quindi, che, attraverso l’integrazione dei finanziamenti, la Regione siciliana non avrebbe fatto altro che adeguare la spesa ai costi effettivi, senza modificare in alcun modo la struttura organizzativa e gestionale dei progetti formativi approvati, di anno in anno e previo parere della Commissione regionale per l’impiego (Cri), in sede di Prof.

Secondo noi la storia, purtroppo, non finisce qua.

Su un altro incandescente tema, quello delle “compensazioni”, tra non molto la Sicilia sarà inondata, a nostro parere, da possibili condanne per l’unilaterale attività di prelievo coatto di fondi comunitari vincolati seconda quanto previsto dall’articolo 80 del regolamento Ce n.1083/2006. Questa è altra storia, seppur collegata strettamente alla vicenda delle integrazioni al finanziamento ottenute da una trentina di enti formativi nel periodo che va dal 2005 al 2010 quando il settore veniva finanziato con risorse regionale attraverso il Piano regionale dell’offerta formativa (Prof) e che ha spinto il dipartimento regionale della Formazione professionale a prelevare quote di finanziamento con risorse comunitarie da diversi enti formativi operanti con l’Avviso 20/2011.


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