Italia-Kenia, tra gli spalti anche le bandiere africane La storia di Oki che tifa «per tutte e due le squadre»

«È stato bellissimo andare a salutare le atlete keniane. Abbiamo scambiato anche qualche parola in swahili. Erano felicissime: un’esperienza unica». Queste le parole di Lella Pennisi, subito dopo la partita di ieri sera al PalaCatania in cui si l’Italia ha battuto il Kenya. Per la nazionale africana, però, c’era un tifo speciale. Tra i sei tifosi, c’era anche la mediatrice culturale catanese con l’Africa nel cuore e Oki, suo figlio di undici anni. In mezzo a un tripudio fatto di azzurro e vessilli tricolore, le loro tre bandiere con le classiche bande orizzontali nero, rosso e verde separate da due strisce bianche, spiccavano in tribuna. A far parte del ristretto ma festoso gruppo di supporter delle ragazze in maglia e pantaloncini rossi ci sono anche Gianluca, Alessandro e Fabrizio (con la piccola Miriam al seguito) che arrivano da Piacenza.

Cosa unisce una mediatrice etnea a tre piacentini? La risposta si trova nella onlus Amani di Milano, una organizzazione impegnata da ormai vent’anni nella costruzione di case accoglienza, centri educativi, scolastici e professionali in Kenya, Zambia e Sudan. «Collaboro con Amani (che vuol dire pace in swahili, ndr) dal 2001 – afferma Lella – e lavoro da sempre nel campo dell’immigrazione. Ho scoperto il Kenya nel momento in cui ho deciso di prendermi un anno sabbatico: a Nairobi studiavo e mi documentavo su pace e sviluppo nell’area dei grandi laghi africani. Alloggiavo nelle case-famiglia: è stato in quel frangente che ho conosciuto il futuro padre di Oki, coordinatore in Kenya dei progetti della ong milanese».

«Per molti anni – ricorda – ho fatto la spola tra Europa e Africa: nel 2008 è nato mio figlio e siamo tornati assieme in Kenya nel 2010. Oki vive la doppia identità con un po’ di normale confusione: viviamo prevalentemente in Sicilia ma quando andiamo in Africa con i progetti dell’associazione faccio in modo che possa integrarsi il più possibile. In Kenya – aggiunge – lui gioca con i bambini di strada coinvolti nelle nostre attività: lo swahili lo conosce poco, ma l’inglese sì. Il bello, però, è che tra ragazzini si comunica a gesti: il gioco è un linguaggio universale». 

L’ultima battuta spetta ovviamente a Oki. Alla domanda su chi tifasse tra Italia e Kenya la sua risposta, sincera e accompagnata da uno splendido sorriso, è stata: «Per tutte e due le squadre». Evidenza di come non si possa scegliere tra due patrie. La serata speciale dei sei tifosi si è poi conclusa con la visita nello spogliatoio della squadra e la sorpresa delle atlete nel vedere che anche qui, a migliaia di chilometri di distanza da Nairobi, ci fosse qualcuno sugli spalti che esultava a ogni loro punto. 


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