Un’autonomia energetica data dalle sole fonti rinnovabili. Per tutto e tutti. Entro la fine del 2026. È l’obiettivo del ministero dell’Ambiente per le isole minori: 19 quelle abitate in tutta Italia, 14 delle quali in Sicilia. Pantelleria, Ustica, Eolie, Egadi e Pelagie a cui andranno anche due terzi dei 200 milioni di euro stanziati dal Pnrr – il Piano nazionale di ripresa e resilienza -, tra gli altri fondi, proprio per raggiungere il risultato. Sempre più urgente, considerato il costo – ambientale ed economico, sia per i privati che per lo Stato – dell’attuale approvvigionamento di energia delle piccole isole. «Tipicamente convenzionale, con impianti vetusti, molto inquinanti e poco efficienti», spiega Mariano Ippolito, docente di Sistemi Elettrici per l’Energia a Unipa. «Andrei cauto sulle date. Il 2026 è la scadenza del Pnrr e faremo in modo di rispettare gli obiettivi, pur consapevoli delle difficoltà – commenta Francesco Forgione, sindaco di Favignana e delegato Ancim (Associazione Nazionale Comuni Isole Minori) – In questa fase sono state approvate le schede dei progetti, ma adesso bisogna passare alla fase concreta, alla rapida apertura dei cantieri, che è la parte più difficile con le carenze degli uffici comunali, pur mitigate dalla possibilità di rivolgersi a esperti esterni».
Non collegate alla rete nazionale, nelle isole minori la luce è prodotta ancora per lo più da generatori elettrici alimentati a combustile, di solito un derivato dal petrolio. Combustibile che peraltro deve prima arrivare in questi territori, così come il personale che deve gestire la manutenzione o eventuali guasti: viaggiano tutti via mare, con un aggravio di inquinamento e costi. Per questo, nelle isole minori l’energia elettrica costa di più e a colmare la differenza con il prezzo pagato dagli utenti – lo stesso di chi vive sulla terraferma – ci pensa lo Stato. Le rinnovabili sarebbero quindi un bel risparmio, «ma anche i privati che gestiscono la rete trarrebbero un vantaggio da nuovi sistemi più affidabili e sicuri – spiega Ippolito – Perché nelle piccole isole c’è un problema diffuso di frodi dell’energia». Dalle manomissioni dei contatori agli allacci abusivi. Con numerosi conteziosi giudiziari: un altro costo, insomma. E non va meglio se si pensa a un altro bene primario: l’acqua. «Alle Egadi stiamo puntando molto sulla depurazione – spiega Forgione – per renderci autonomi e risparmiare sui costi per portare sulle isole l’acqua potabile via nave. Oltre al trasporto sostenibile, con mezzi elettrici, e all’illuminazione pubblica solare».
Nuovi sistemi necessari, insomma – più efficienti e più sicuri – che vengono sperimentati proprio sulle isole minori, perfetti laboratori naturali per la ricerca perché non interconnesse. «Per capirci, in una casa a Palermo alcuni aspetti della rete elettrica dipendono da quello che succede a poche centinaia di metri, altri invece a chilometri di distanza, rendendo più complicato studiare e testare nuove soluzioni tecnologiche – spiega Ippolito – Nelle isole minori, invece, tutto dipende dalla rete locale, che per di più ha un unico operatore che gestisce tutta la filiera: dalla produzione alla fornitura». Ricerche che oggi – tra la crisi energetica e gli obiettivi di decarbonizzazione – sembrano subire un’accelerazione in numero e finanziamenti, ma che in realtà vengono condotte da oltre dieci anni. A partire da un accordo tra Enea – l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile – e UniPa nell’isola di Pantelleria. Studi e soluzioni che, con il Pnrr, riguarderanno tutte le isole minori, con progetti da quasi 23,5 milioni per la stessa isola del Trapanese, 53 milioni per le Eolie – eccetto Salina, destinataria di progetti singoli per quasi nove milioni -; 41 milioni di euro per le Pelagie, 17 milioni alle Egadi e, infine, nove milioni e mezzo per Ustica.
«Tra le ricerche recenti, segnalo il progetto BloRin, coordinato dalla collega di UniPa Eleonora Riva Sanseverino, sull’implementazione di una piattaforma innovativa a Favignana e Lampedusa», commenta Ippolito. Lo studio di questo nuovo modello di rete elettrica vede la partecipazione anche dei privati che gestiscono l’energia sulle isole – Sea per Favignana e Selis per Lampedusa – e della società Exalto. Il fattore novità sta nella tecnologia utilizzata, la blockchain, «ossia specifici algoritmi che gestiscono lo scambio di dati tra i nodi della rete – spiega Ippolito – Ma, a differenza di come è adesso con un sistema centrale e dei contatori periferici nelle nostre case, con quella tecnologia ogni nodo della rete ha la stessa funzione: produce, consuma, scambia dati». Il che renderebbe questo tipo di rete più affidabile e sicura rispetto a quelle tradizionali, «perché un nodo guasto verrebbe supplito dagli altri e non c’è un centro da colpire, senza il quale il resto non funziona». Una rete gestita anziché da un contatore con un interruttore principale e altri specifici, da una sorta di piccolo computer in ogni casa, «capace anche di modificare il carico secondo i bisogni – aggiunge Ippolito – e favorire lo scambio decentralizzato di energia a chilometro zero all’interno di comunità energetiche rinnovabili».
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