Ipocrisia, dignità e…the doors

Vedere Bill Gates sul palco a fianco di Bono all’apertura del Live Eight è cosa che m’ha fatto sinceramente senso. Se su Bono si potrebbe parlare a lungo, su Bill Gates il discorso è molto più breve. Il cantante degli U2 è stato più d’una volta l’inconsapevole “utile idiota” – figura retorica: dicesi di chi viene usato finchè serve e quando poi non comoda messo da parte o ridotto al silenzio, ovviamente senza che questi abbia consapevolezza dell’esser usato mentre lo svolgersi è in atto – che ha legittimato (andandoci a cena assieme, facendosi immortalare in strette di mano etc..) personaggi che di fatto creano miseria (o peggio: vi basta il nome di Putin? – vedi alla voce Cecenia) pensando che parlandoci li avrebbe convinti a ridurre il debito dei paesi del terzo mondo, la fame nel mondo e altre cause nobili…Meglio avrebbe fatto a vendere il proprio appartamento (di grandissimo valore) su Central Park, a New York, e usare il ricavato per le cause sopra scritte.

 

Se a Bono va data l’inconsapevolezza, per il signor Bill Gates il discorso diventa diverso: per essere dei benefattori non basta donare, come ha fatto lui, in sette anni trenta milioni di dollari (a fronte di un patrimonio personale di oltre cinquanta miliardi di dollari/ oltre quaranta miliardi di euro) in beneficenza e nel contempo avere partecipazioni cospicue in industrie che sfruttano la manodopera del terzo mondo e causano ancora più povertà di quella già presente (inquinando moltissimo e rovinando così il microsistema ecologico/economico) o peggio (vedi malattia e morte a causa di tale fortissimo equinamento), e risulta patetico affermare (sempre come fatto da lui) che in Africa ci vorrebbe un computer in ogni casa, mentre in moltissime zone le case non hanno né l’acqua né l’elettricità, e la fame stermina.

E non va dimenticato che se Bono è stramilionario (o stramiliardario, parlando in lire, con proprietà vastissime), Bill Gates è in assoluto uno degli uomini più ricchi del pianeta (e il più ricco degli U.S.A.).

 

Chissà che effetto farebbe sapere che c’è qualcuno che si preoccupa affinché tu abbia un computer (e, guardacaso, è persona che al mondo dei pc è tutt’altro che estranea) mentre intanto tu muori di fame, o ti accalchi attorno ad un camion dove viene distribuito del cibo con il quale ti nutrirai per qualche giorno e poi chissà…Ho visto (non di sole veline è fatta la TV) sempre dignità nei volti delle persone che dovevano (quando fosse possibile) ricorrere a ciò per sperare in altri giorni e settimane, una dignità che m’è subito venuta alla mente accendendo una sera tarda la televisione. C’era un servizio ove si vedevano molte persone in barca cercare di spiare da quanto più vicino possibile gli yacht dei VIP, con lo scopo di vedere/intravedere questo o quell’altra…le cose talvolta sfociano nel delizioso, e vi assicuro che era cosa unica sentire l’appassionata cronaca in voce d’uno (un fortunato dotato di binocolo) che stava descrivendo parte della doccia di Flavio Briatore **

e di come un cameriere gli passasse l’asciugamano; oppure sentire i fremiti perché di un’attrice di cui non ricordo il nome s’era reso visibile il seno ignudo.

Ma il massimo è stato quando da una delle barche sono stati gettati in regalo dei mitra ad acqua: quasi tutti i VIP-watcher (cacciatori visivi dei VIP n.d.r.) hanno cominciato ad accalcarsi, spingere, spintonare per accalappiare il giocattolo e correre via felici: al confronto i cani cui gettano l’osso, o l’avanzo del piatto dopo una  cena, sono “Cavalieri della Dignità”

Vedendo questa scena non so cosa avrebbe detto un signore che non c’è più, so solo che avrebbe verbalmente fatto polpette e tartara dei bavosi di VIP-watcher. Aveva una buona capacità di scrittura, un occhio spesso senza pietà, una cultura vastissima, un carisma ed un magnetismo inossidabili; pur se nel corso dei degli anni la sua immagine è stata usata per vendere t-shirt, poster, adesivi e quant’altro, la sua parte artistica è rimasta quella predominante, e quella di ribelle ancor di più a livello di immaginario collettivo.

JAMES DOUGLAS MORRISON, o più semplicemente Jim Morrison se preferite o vi suona più familiare…

Jim Morrison…The Doors…

Gennaio 1967, un esordio discografico scuote il mondo della musica e non solo: “ THE DOORS “. Quarantanni portati ottimamente per quest’album che a tuttoggi viene acquistato con regolarità da persone che al tempo non erano neanche nate. In tempo di diffuso “flower power” quei solchi trattano di complesso edipico (testo censurato), di una fine ineluttabile, di amanti che entrano dalla porta di servizio, dell’aprirsi un varco verso l’ altra parte ed altre quisquiglie simili. Ma ciò che conta è come lo fanno: in un gruppo privo del basso !!! le tastiere di Ray Manzareck, la chitarra di Robbie Krieger e la batteria di John Densmore fanno da tappeto o ben di più alla voce ed alle aperture vocali di Jim Morrison, il deus ex macchina della band.

Molti hanno parlato di lui come di uno sciamano, l’affermazione va presa con le molle, ma nessuno è riuscito a incarnare su di un palco tale ruolo come e più di lui. Non cantava versi che contemplassero la politica come viene normalmente intesa (ma leggetevi la sua “An American Prayer”, l’equivalente nel rock delle “Ceneri di Gramsci“ di pasoliniana memoria) e in studio di registrazione si divertiva a canticchiare “Love me tender” di Elvis Presley, in compenso il suo definirsi un “politico erotico” ed il manifestarlo sul palco risultavano socialmente più destabilizzanti che mai. Quella sua capacità di coinvolgere il pubblico (dopo un loro concerto vennero trovati, nello spazio riservato al pubblico, molti capi di biancheria intima…) nel 1967 risultavano alquanto ostici al “way of life” dominante, inversamente alla “trasgressione in garanzia“ usata oggi da molti per vendere dischi (un nome a caso: Madonna).

 

Ma voglio ora tralasciare tale aspetto, molto sfruttato commercialmente dopo la morte di Morrison, per tornare e porre l’accento su quello artistico suo e della band: il sound non era geniale ma inconfondibile, i testi unici, della presenza sul palco ho già detto, e non ho ancora citato il loro brano icona (come “Heroes“ per Bowie, “Satisfaction“ per gli Stones, “Born to run“ per Sprignsteen etc.. etc..) nell’immaginario collettivo: “Light My Fire“ (oltre sei minuti la versione originale),  sempre presente sul “The Doors“, e poi da vari artisti di più generi musicali (un nome a caso: Al Green).

 

Se già li conoscete vi segnalo l’uscita di “Perception“, un cofanetto della Rhino Records, esteticamente splendido e contenente la loro discografia in studio (sei album) sia su CD che in DVD audio, con qualche raro bonus aggiunto; il box costa parecchio, cercando in internet potreste risparmiare un bel po’; se non li conoscete vi segnalo i primi due album ( “The Doors“ e “Strange Days“) e poi “L.A. Woman“ , disponibili a prezzo economico, più il loro doppio cd live.

 

In merito alla parola scritta:

– riguardo alla storia la biografia di Morrison “Nessuno uscirà vivo di qui“ di Daniel Sugarman e Jerry Hopkins per Kaos Ed., “Jim Morrison. Vita e parole del re lucertola“ di Jerry Hopkins per Ed. Arcana o  “Light my fire“ di Ray Manzareck per Ed. Riuniti

– riguardo le poesie e gli scritti di Morrison “Tempesta elettrica“ per Mondadori; non aspettatevi un altro Rimbaud ma la noia non diverrà comunque vostra regina.

E per questa volta è tutto, chiudo qui.

Chi (Bono) si rende “utile idiota“, chi (Gates) fa carità pelosa per rifare il lifting alla propria immagine, chi sbava per vedere le terga di Briatore e veline, chi (Morrison) cantava “…prima di morire voglio sentire l’urlo della farfalla …” e tendeva ad aprire le porte della percezione.

Questione di gusti, e molto di più.

 

 

 

** Ottimo talent scout di piloti e team manager di formula uno, insorto e associatosi con altri “ espropriati “ a causa di 1000 euro di tassa in più per posteggiare stabilmente il suo yacht in Costa Smeralda. Afferma che  per essere definiti ricchi bisogna avere almeno venti milioni di euro.

– il mio mod. 101 ascolta e ride, mettiamola così. n.d.r. –

 


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