E' stato proiettato in anteprima al Teatro Rex di Giarre il docufilm che racconta la vita all'interno del Centro richiedenti asilo più grande d'Europa, attraverso i racconti di chi ci vive e tramite la storia di finzione di un giornalista, con numerosi pregiudizi nei confronti degli immigrati, che viene inviato al Cara per un reportage. Viene fuori un quadro idilliaco, lontano dalla realtà fatta spesso di tensioni e proteste. Ma il progetto verrà portato in tutte gli istituti della Sicilia
Io sono io e tu sei tu, il film sul Cara di Mineo La realtà edulcorata proiettata nelle scuole
«Penso che sia il campo migliore d’Italia». «Sono molto contento di essere qui, amo la vostra assistenza». «E’ un grande cantiere umano di relazioni». «Non si registra nessun episodio di intolleranza». «Per noi il Cara è un modello da esportare». Dopo aver visto Io sono io e tu sei tu, documentario che racconta la vita nel Centro d’accoglienza per richiedenti asilo di Mineo, e ascoltato le interviste ad ospiti ed operatori, viene da chiedersi se il suicidio di un giovane eritreo, o i lacrimogeni respirati a Palagonia lo scorso 20 dicembre, o le pietre lanciate contro i poliziotti, o ancora la piattaforma di richieste formulata dai migranti al culmine di quella giornata piena di tensioni, facciano parte di un’altra realtà.
Il film, proiettato in anteprima ieri al Teatro Rex di Giarre, è firmato dalla regista Tiziana Bosco e si avvale della fotografia del noto regista Daniele Ciprì e del contributo di Rosario Lizzio, critico cinematografico, docente universitario ed ufficio stampa del Cara. L’obiettivo è mostrare come si svolge la vita all’interno del Centro richiedenti asilo più grande d’Europa: ciò avviene attraverso i racconti di chi ci vive, che hanno come filo conduttore l’intervista al direttore Sebastiano Maccarrone, e tramite la storia di finzione di un giornalista, rimasto da poco vedovo, con numerosi pregiudizi nei confronti degli immigrati, che viene inviato al Cara dal suo giornale per un reportage. Insieme a lui c’è il figlio, che si rifiuta di parlare da quando è morta la mamma e che ritroverà la parola grazie all’amicizia, nata tra i banchi di scuola, con un bambino africano ospite del Cara.
Davanti al microfono si alternano diversi ospiti: alcuni raccontano la loro storia. Il viaggio, lungo mesi, fatto di insidie, dolori, persecuzioni. Quasi tutti ricordano il passaggio in Libia come uno dei momenti peggiori. Sono le loro voci, inizialmente senza volto, ad aprire il docufilm. Nella seconda parte gli immigrati si concentrano invece sulla vita nel Centro: «Sono molto contento di essere qui, amo la vostra assistenza», afferma uno di loro. «Da quando siamo passati dalla gestione della Croce Rossa a quella del Consorzio, ci danno più cose, più soldi per mangiare», aggiunge una donna. Il quadro viene completato dalle testimonianze degli operatori, introdotte puntualmente dalla spiegazione del direttore Maccarrone, intervistato davanti alla grande foto, appesa nel suo ufficio del Cara, in cui viene portato sulle spalle dai migranti, in trionfo. La scena è stata immortalata a Lampedusa, all’epoca del suo incarico nel centro di prima accoglienza per conto del consorzio Sisifo, a cui recentemente è stata tolta la gestione della struttura a seguito del video denuncia del Tg2. Nel docufilm a parlare sono i volontari della Croce Rossa, che gestisce gli ambulatori nel Cara, gli psicologi, gli avvocati, chi si occupa della cucina.
Dalle loro testimonianze emerge un quadro quasi idilliaco, dove non esistono tensioni ed ogni ospite trova la sua dimensione. Si afferma inoltre che le presenze sono 1990. Mentre oggi sfiorano le quattromila, numero che si è impennato a seguito degli sbarchi della scorsa estate. Gli unici problemi, accennati in alcune dichiarazioni dei migranti, sembrano legati ai tempi di attesa per il responso della commissione territoriale in merito alle richieste di asilo. Eppure, il 20 dicembre, alla fine di nove ore di proteste, i circa 500 migranti che marciarono fino a Palagonia, elaborarono una piattaforma di richieste che non prendeva in considerazione solo le lungaggini per conoscere il loro futuro. Chiedevano di «imparare l’italiano, avere una migliore assistenza sanitaria e non mangiare sempre pasta». Ma nel docufilm si afferma che gli ospiti «passano gran parte del tempo a lezione». La verità, come spesso accade, sta nel mezzo: nel Centro si tengono lezioni di italiano, unora al giorno quattro volte alla settimana in 29 classi da 30 studenti. Appare forzato il tentativo di mostrare una realtà vicina alla perfezione, non menzionando le enormi criticità emerse nel tempo e le frequenti proteste dei migranti, soprattutto considerato che il video verrà proposto nelle scuole.
«Abbiamo girato il film nel novembre del 2012, quindi non abbiamo potuto documentare le tensioni. Oggi putroppo le presenze nel Cara sono raddoppiate», sottolinea Salvo Calì, presidente della Fondazione Integra che ha prodotto il documentario. Eppure tensioni, con centinaia di migranti scesi in strada per protestare, si sono registrate anche a maggio, a giugno, a luglio del 2011; e ancora nel dicembre del 2012.
Dopo la proiezione è seguito un dibattito moderato dal giornalista Turi Caggegi. Nei giorni scorsi invece il film è stato mostrato a Roma alla presenza di istituzioni e politici. Tra questi c’era il ministro per l’Integrazione Cecile Kyenge. Io sono io e tu sei tu si inserisce in un più ampio progetto che prevede la proiezione del video in tutte le scuole della Sicilia, anche se nelle scuole elementari e medie verrà mostrato solo il cortometraggio di finzione da 20 minuti; e la realizzazione, il 12 aprile allo stadio Massimino, di un’amichevole tra la squadra di calcio del Cara ed una composta da personaggi dello spettacolo, il cui incasso sarà devoluto alla realizzazione di una comunità alloggio per minori stranieri non accompagnati a Catania.