L’intervista al fumettista Rick Leonardi. «Mi ispiro sempre ai vecchi film di combattimento»

Rick Leonardi oltre a essere una leggenda del fumetto mondiale è anche uno dei nostri. Un
italoamericano la cui famiglia ha origini proprio nei nostri territori. Durante le giornate di Etna Comics è stato uno degli ospiti ed è arrivato a Catania accompagnato dalla figlia. Leonardi è l’orgoglioso padre dello Spiderman 2099 Miguel O’hara, in onda su tutti gli schermi dall’1 giugno come protagonista della pellicola animata Across the Spiderverse che, a pochi giorni dall’uscita, è già un successo con riconoscimento di critica e pubblico. Durante Etna Comics lo abbiamo intervistato.

Da italoamericano con origini siciliane, come si è trovato qui per la prima volta in Sicilia?
«In realtà, non è la mia vera prima volta qui – fa uno switch e con un perfetto italiano dice – Studiavo a Firenze nel 1976, in gita con quella scuola siamo andati a Taormina, ma è stata un’esperienza fugace, dove ci siamo visti tra l’altro con i miei genitori all’hotel San Domenico di Taormina. Stare qui per me è un lusso: il cibo è migliore, così come le temperature e le persone. Da tempo pensiamo a quando ci trasferiremo qui, quando faremo questo grande passo».

Vivendo da italoamericano negli States, è cresciuto comunque all’interno di comunità con discendenze
simili alla sua, ci parli delle grandi differenze che ha notato tra quelle comunità e le persone qui in Italia.

«Ne stavo proprio parlando con mia figlia alla festa di apertura del festival. L’atmosfera è felice, la gente
qui è genuinamente felice, apertamente gioiosa. Ed è una cosa che non vedi con consuetudine negli
States, le persone lì sono quasi sempre diffidenti – interviene la figlia – si è vero, in America c’è quel
grande senso di costruito, artificioso nei rapporti, qui sembra l’esatto opposto».

Cosa le piace di più del suo lavoro?
«Mi permette di rimanere giovane, faccio un lavoro sedentario, non devo buttarmi nel caos metropolitano
e questo penso serva a preservarmi».

Negli anni ’90 ha disegnato due importantissime storie per la Marvel, una era quella degli X Men a Genosha e l’altra Spiderman 2099, le due storie avevano forti connotati politici ma erano anche piene di azione. Qual è stato il suo approccio grafico alle due storie?
«In realtà, già quando scrivevo Cloak and Dagger, sempre per la Marvel trattavamo temi importanti, come il traffico di minori e l’abuso di droghe. Ma abbiamo alzato il tiro con Chris (Claremont, ndr) che venne da me con un’idea su una storia che dovesse riprendere gli avvenimenti in Sudafrica e l’apartheid. Sicuramente non fu la prima storia della Marvel che parlava di temi sociali, ma era quella col profilo più alto, visto che metteva in scena il più famoso supergruppo, ovvero gli X Men».

Il personaggio creato da lei è Peter David ed è sul grande schermo dall’1 giugno. Come ci si sente a vedere il proprio nome associato a un così sfaccettato e carismatico personaggio che a breve diventerà
mainstream?

«Sono molto curioso, ho disegnato qualche immagine che potrebbe apparire nel film, oltre ad avere
disegnato molti sfondi per il film, alla Sony erano molto curiosi di capire tutto il lavoro di creazione di
Miguel O’Hara, lavoro al quale ha partecipato anche il colorista Williamson. La loro intenzione era
trasferire le immagini del fumetto nel film».

Parliamo un attimo del suo personaggio, l’uomo dietro la maschera di Spiderman 2099, Miguel O’Hara. Oggi ogni volta che una minoranza viene rappresentata è oggetto di controversia, quali sono i suoi ricordi di quel periodo, riguardo l’entrata in scena di Miguel?
«Molti la chiamano wokeness anche se non capisco che diamine voglia dire – ride – per noi era
semplicemente essere un po’ più coscienti nel rappresentare persone che non somigliano a te.
Miguel quando lo rappresentammo era più O’Hara che Miguel. Nel film abbiamo rimarcato di più
l’aspetto mesoamericano del personaggio e le persone di discendenza latina sono molto compiaciute di
questo. Per me è un’ottima cosa e trovo assurdo che si protesti su una cosa così».

Qual è la storia che per lei rappresenta il picco della sua carriera artistica?
«Sicuramente Nightwing e Batgirl per la Dc. Adesso ho una graphic novel in lavorazione della quale sono
anche lo sceneggiatore. Non so quando uscirà».

I personaggi di Batman ci portano a un’altra domanda, i suoi fumetti sono sempre molto movimentati,
pieni di azione anche frenetica. A volte mi ricordano vecchi film di arti marziali, quali sono state le sue
ispirazioni?

«Il modo in cui un personaggio si muove, sta fermo ma soprattutto combatte dice molto del soggetto.
Il modo in cui combatte Dick Grayson per esempio l’ex Robin è un modo gioioso di lottare, cerca di
imbarazzarti muovendosi con grazia. Barbara Gordon invece combatte in modo più essenziale, pratico
essendo cresciuta in un ambiente poco verbale, quindi vincerà alla fine, ma deve essere senza sforzo.
Batman invece è tutta un’altra faccenda, sarà bruto e senza scrupoli e di sicuro non ha tempo per
preoccuparsi di cosa succederà al suo avversario. Le mie ispirazioni sin dall’inzio sono state videocassette
di film di combattimento, con l’arrivo di Youtube tutto è cambiato».

Cosa vi aspetta per il tempo rimanente qui in Sicilia?
Risponde la figlia: «Sicuramente vedremo Taormina, Siracusa e andremo a trovare un cugino di secondo grado di papà».


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