«Io ho un datore di lavoro, la Regione siciliana, e soprattutto quando la richiesta mi viene presentata O fai, o fai, mi trovo obbligato a fare delle scelte». Avrebbe risposto così ai dipendenti della Società interporti Sicilia l’allora amministratore Rosario Torrisi Rigano, riguardo alla posizione di una collega, licenziata e riassunta in tempi e modi poco […]
La dipendente Sis della discordia: tra laurea e nomine false, «verrà riassunta, l’ha deciso l’innominato»
«Io ho un datore di lavoro, la Regione siciliana, e soprattutto quando la richiesta mi viene presentata O fai, o fai, mi trovo obbligato a fare delle scelte». Avrebbe risposto così ai dipendenti della Società interporti Sicilia l’allora amministratore Rosario Torrisi Rigano, riguardo alla posizione di una collega, licenziata e riassunta in tempi e modi poco comprensibili. Parole riportate in un esposto alla procura di Catania e che ieri hanno trovano un primo punto fermo: quattro arresti e l’indagine sulla corruzione e le ingerenze politico-imprenditoriali all’interno della Sis, partecipata per quasi il 90 per cento dalla Regione. Ai domiciliari sono finiti proprio Torrisi Rigano, ma anche gli altri protagonisti di questa strana vicenda: la dipendente in questione, Cristina Sangiorgi, e l’ex deputato regionale del centrodestra Nino D’Asero che per lei, secondo l’accusa, avrebbe mediato. Nel filone parallelo, figura anche l’imprenditore dei trasporti Luigi Cozza: anche qui ci sarebbe di mezzo un posto di lavoro, ma è un’altra storia. Ci sono poi i nomi di peso di altri due politici, tra gli indagati: l’ex e attuale assessore regionale Marco Falcone – prima alle Infrastrutture e ora all’Economia – e l’ex vicepresidente del governo siciliano e allora titolare del Bilancio Gaetano Armao.
La denuncia che ha dato inizio alle indagini è stata presentata a settembre del 2019 da alcuni dipendenti e dai responsabili della Filt Cgil Catania. Che raccontano una storia interna alla Sis: quella della dipendente Cristina Sangiorgi, assunta a tempo indeterminato 12 anni prima, a settembre del 2007, con il ruolo di segretaria di direzione. A quel tempo il suo curriculum riportava come titolo di studio un diploma conseguito nel 1989 al liceo artistico con il massimo dei voti. Un dato da aggiornare qualche anno dopo, nel 2010, almeno a giudicare dalla festicciola organizzata all’interno della stessa Società interporti per condividere con i colleghi la laurea in Scienze politiche conseguita all’università Kore di Enna. Il coronamento di un percorso che porta alla legittima comparizione della dicitura dottoressa nei documenti redatti da Sangiorgi, così come l’affidamento di incarichi via via più prestigiosi: da quello di Responsabile affari istituzionali a quello – oggi poco fortunato, a essere scaramantici – di Responsabile prevenzione corruzione e trasparenza. A cui si affianca la trasmissione alla società della nomina di dirigente sindacale Filt Cgil Catania, con la relativa possibilità di fruire dei permessi sindacali retribuiti.
Una carriera in evoluzione che, a leggere la denuncia, sarebbe iniziata a scricchiolare quando sorge il dubbio sulla laurea di Sangiorgi. Siamo al 2016 e passerà qualche anno tra autocertificazioni e curricula non senza sorprese: come rilevato dai colleghi, nel percorso di studi di Sangiorgi il liceo artistico e la laurea vengono sostituiti da un diploma e un’abilitazione alla professione di commercialista, in parte ancora in corso. Dalla Kore, intanto, sarebbe arrivata la conferma definitiva: Sangiorgi non è mai stata una loro iscritta. Così come dalla stessa Cgil arriva un no secco su eventuali nomine. È a questo punto – siamo intanto all’inizio del 2019 – che si apre un procedimento disciplinare nei confronti della lavoratrice, culminato con il licenziamento per giusta causa ad aprile, anche a fronte del mancato ricevimento di qualche parola di chiarimento. Un atto che in ogni caso non mette fine alla storia, ma la fa anzi entrare nel vivo.
Quando un mese dopo avviene quello che i denuncianti definiscono un coup de theatre. Una curiosa scelta di termini, considerata la passione attoriale di Sangiorgi che, proprio nel periodo clou della vicenda – stando alle cronache – sarebbe stata impegnata sul palco de L’aria del continente di Nino Martoglio. A seguito di un articolo che imputerebbe l’assenza di chiarimenti da parte della ex dipendente a una raccomandata mai arrivata e a un pasticcio di indirizzi, la società fa il primo passo indietro e si dichiara ancora disponibile a ricevere la nota entro fine mese. Parole che arrivano per via traversa: con una email inviata dalla Ugl – organizzazione sindacale a cui intanto Sangiorgi si è avvicinata – alla Regione. Che a sua volta la gira a Sis. Note in cui la dipendente rimanda al mittente le accuse, ipotizzando anzi un clima di falsità nei suoi confronti, specie nel caso della finta laurea. E sembra colpire nel segno, considerata la revoca del licenziamento e il reintegro – con uguale stipendio e mansioni – avvenuto a luglio. Un passo indietro che lascia sbalorditi dipendenti e sindacalisti.
Stupore che aumenta ad ascoltare le spiegazioni informali di Torrisi Rigano a proposito di «una volontà che proveniva dall’alto». «La signora verrà riassunta, perché così ha deciso l’innominato», si legge nella denuncia. Parole che diventano ancora meno sibilline nel corso di un incontro con gli stessi dipendenti. «Sono giunto a questa scelta non per mia volontà, ma perché così ho dovuto fare – avrebbe detto Torrisi Rigano – Io ho un datore di lavoro, la Regione siciliana, e soprattutto quando la richiesta mi viene presentata O fai, o fai da parte del presidente della Regione (allora Nello Musumeci, che non risulta indagato) e da parte dell’assessore alle Infrastrutture (Marco Falcone, indagato, e attuale assessore regionale all’Economia), quando mi si dice “La tua testa vale tanto quanto quella della signora”, mi trovo obbligato a fare delle scelte». Dalla chiara connotazione politica, secondo lo stralcio riportato dai lavoratori alla procura: «Ha dietro le spalle uno stronzo che evidentemente la tutela e che ha un peso politico – avrebbe riassunto l’amministratore – perché la questione è esclusivamente politica».