L'organismo parlamentare d'inchiesta ha fissato per il 14 gennaio l'audizione del primo cittadino. L'ex senatore della Margherita dovrà chiarire i termini della telefonata con l'editore ed ex direttore del quotidiano La Sicilia, recentemente prosciolto dall'accusa di concorso esterno alla mafia
Intercettazione Mario Ciancio ed Enzo Bianco Il sindaco in commissione antimafia a gennaio
Nell’agenda 2016 di Enzo Bianco c’è già una data segnata con la penna rossa. È quella del 14 gennaio. Giorno in cui il primo cittadino sarà sentito da parlamentari e senatori della commissione d’inchiesta sul fenomeno delle mafie. La decisione è arrivata dopo la lettura di documenti e intercettazioni contenute nei 47 faldoni dell’indagine su Mario Ciancio, editore ed ex direttore del quotidiano La Sicilia dopo il passaggio del testimone al figlio Domenico. L’imprenditore, accusato dalla procura di Catania di concorso esterno in associazione mafiosa, è stato prosciolto nei giorni scorsi dalla giudice Gaetana Bernabò Distefano. L’esito giudiziario, giunto in fase preliminare, adesso potrebbe modificare anche i termini del confronto tra lo stesso Bianco e la commissione presieduta da Rosy Bindi e dal suo vice Claudio Fava.
Bianco e Ciancio erano finiti al centro di un approfondimento esclusivo di MeridioNews, riguardante un’intercettazione risalente al 18 aprile 2013. L’attuale sindaco, all’epoca candidato a primo cittadino, decideva di telefonare all’imprenditore già sotto indagine, il giorno dopo l’approvazione in consiglio comunale del Pua (Piano urbanistico attuativo, ndr). Un mega affare da 300 milioni di euro che dovrebbe essere realizzato lungo il litorale della Playa nella zona sud della città. A pesare sul progetto c’è l’ombra della speculazione edilizia e della mafia. Il collegamento tra la chiamata e la maxi opera viene fatto dai carabinieri: secondo i quali Ciancio nella telefonata avrebbe espresso apprezzamento per «la serietà di Bianco nell’impegno assunto nei suoi riguardi». Una tesi che l’ex senatore della Margherita ha smentito sulle pagine del nostro giornale attraverso un’intervista via mail. Il ruolo nell’affare dell’editore riguarda la proprietà di alcuni terreni che ricadono nell’area in cui l’opera dovrebbe essere realizzata. L’imprenditore – secondo l’accusa – non si sarebbe limitato alla vendita degli appezzamenti, ma avrebbe continuato a seguire l’iter del progetto, prestando il suo aiuto e le sue conoscenze politiche. A realizzare tutto dovrebbe essere la società Stella polare srl. Una compagine, oggi guidata dall’impresario veneto Renzo Bissoli, ma che nel 2005 aveva tra i suoi soci fondatori Salvatore Modica e Francesco Strano, ritenuti vicini al clan Laudani e Santapaola.
Dopo la pubblicazione della notizia riguardante la telefonata non si erano fatte attendere le reazioni nel mondo politico – dal segretario regionale Pd Fausto Raciti ai deputati e senatori M5s – e della società civile etnea. A prendere la parola era stato anche il vice presidente della commissione nazionale antimafia Claudio Fava, definendo l’intercettazione come «il sigillo d’infamia per la città di Catania».