Il personale dei due ospedali palermitani ha chiesto un incontro congiunto ai sindacati per denunciare «livelli di stress insopportabili. L'amministrazione sta risparmiando soldi sulla nostra pelle e a discapito dei livelli minimi di assistenza»
Infermieri costretti a 17 ore di lavoro consecutive Le carenze di Arnas Civico all’assemblea sindacale
«Un infermiere mi ha appena scritto che non è potuto venire a questa assemblea sindacale perché ha fatto 17 ore di lavoro consecutive. Io da un infermiere già non mi farei assistere dopo 10 ore di lavoro, figurarsi come deve sentirsi dopo 17 ore consecutive di turno». All’aula magna dell’ospedale Cristina quello che sorprende è il modo in cui i colleghi guardano Aurelio Guerriero, coordinatore Rsu che fa parte del sindacato Nursind. Nessuno, tra le decine di lavoratori assiepati tra le scale dell’aula, si mostra sconvolto. Quel massacrante turno di lavoro sembra infatti essere la norma all’ospedale Arnas Civico. Tanto che è stato il personale a chiedere un incontro congiunto ai sindacati – Cgil Fp,Cisl Fp, Uil Fpl, Fials Confsal, Nursind e Nursing Up.
«Lo scopo è di trovare insieme delle soluzioni per le croniche carenze che gli ospedali dove lavoriamo hanno, e che riguarda tutte le figure – dice Guerriero, anch’egli infermiere – E invece la direzione dice che siamo 500 in più rispetto ai numeri previsti. Noi abbiamo risposto che nei reparti questa cosa non si nota, e chi aveva fatto le ferie se n’è pentito perché al ritorno si è ritrovato con pazzeschi carichi di lavoro accumulati in sua assenza. Possiamo dire già da ora che ci sarà un autunno caldo, perché anche la Regione Siciliana fa poco».
Così, dopo l’introduzione dei vari rappresentanti sindacali, a prendere la parola sono stati i lavoratori. Decine gli interventi che hanno ribadito le tante mancanze degli ospedali pubblici – Civico e Di Cristina. «Non siamo alla Fiat, non possiamo essere giudicati secondo criteri prettamente aziendali» ha ribadito Filippo Trubia, del direttivo aziendale Cgil e componente Rsu. «Tutte le aziende che tagliano personale muoiono – ha aggiunto Emanuele Bordonaro, capogruppo Cisl – Noi siamo la sanità pubblica e abbiamo bisogno di valorizzare le nostre risorse. Perché i livelli minimi li sceglie l’azienda? Se si guardano le linee guida della Regione, si indica che se un ospedale è inserito in una rete di hub e spoke si deve puntare alle linee massime, e noi quello siamo».
A colpire, comunque, sono state soprattutto le voce dei lavoratori. Che hanno elencato una lunga serie di disagi a cui quotidianamente devono far fronte, cercando di non riversarli poi sugli incolpevoli pazienti. Dal parco ambulanze sempre più scarno alle carenze amministrative (che si riversano a loro volta anche nel buco di bilancio dei due nosocomi), dai macchinari guasti (coi pazienti a volte rinviati a Villa Sofia) ai bambini ricoverati in corridoio, come ha raccontato un’infermiera del pronto soccorso del Di Cristina. «Lavoro qui da sette anni – ha segnalato il collega Vincenzo Cascino – e non ho mai assistito a un’assemblea sindacale. Dall’esterno sembra che funzioni tutto, perché non abbiamo protestato, mentre invece se da quattro infermieri per turno a reparto siamo diminuiti a uno non se ne accorge nessuno. L’unico medico ematologo che c’era qui non c’è più, col rischio che aumenta per pazienti e infermieri».
Le mancanze comunque non riguardano solo gli infermieri. «Tanti medici sono andati in pensione e non sono stati sostituiti – ha osservato Giovanna Di Rosa, medico al Civico – Ultimamente nei corsi di aggiornamento ci dicono che le dotazioni organiche sono ampie, ma noi chiediamo di verificare come questo personale viene distribuito. Nel mio reparto 18 pazienti devono avere a che fare con un solo infermiere e un operatore socio sanitario che si barcamena su tre piani. Oltre al personale così soffre l’utenza. Sappiamo che il buco di bilancio deve essere colmato, ma non può essere fatto a scapito delle qualità. E così potrebbero aumentare le denunce da parte dei pazienti, con il rischio di aumentare il deficit». Le ha ha fatto eco Marcello Vella, coordinatore di Cardiologia Pediatrica al Di Cristina («al primo piano manco i turni si sono riusciti a fare»), mentre la coordinatrice di Urologia del Civico è stata ancora più netta: «Non credo che ci sia un’unità operativa che abbia il personale adeguato per andare avanti».
La prossima riunione sindacale è stata aggiornata per il 15 novembre, probabilmente al Civico, e c’è chi ha chiesto di invitare «la triade dirigenziale» (ovvero il direttore generale, quello sanitario e quello amministrativo). «La gravissima carenza di personale – hanno aggiunto i sindacati in una nota congiunta – determina l’impossibilità di garantire il numero adeguato di operatori per garantire le guardie per quasi tutti i reparti. Il personale ha raggiunto livelli di stress correlati al lavoro insopportabili. Non è più possibile rispettare i limiti imposti dalla normativa e garantire i livelli minimi assistenziali. Questa amministrazione non ha alcuna intenzione di implementare l’organico ridotto al lumicino con nuove assunzioni, nel tentativo di dimostrare che sta risparmiando soldi sulla nostra pelle e a discapito dei livelli minimi di assistenza da garantire ai pazienti. Nulla perviene, invece, sul fronte degli investimenti futuri e sul reale dimensionamento del personale necessario a fronteggiare le crescenti richieste del pubblico».