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Inchiesta Basile, ex amante chiede 300mila euro «Fondatore Ksm riconosca paternità di mio figlio»
L’ex amante e dipendente di Rosario Basile, ex presidente della Ksm, finito sotto inchiesta per minacce e violenza privata nei confronti della donna, presenta ora il conto al titolare della società di vigilanza privata. Valentina Giunta, persona offesa nell’indagine penale, chiede 300mila euro e il riconoscimento del figlio avuto dalla relazione. La somma costituirebbe il prezzo della transazione per chiudere il procedimento civile per l’attestazione di paternità e quello intrapreso davanti al giudice del lavoro in seguito al licenziamento subito dopo la gravidanza.
La vicenda partì a settembre quando Basile fu messo agli arresti domiciliari dopo la denuncia della donna. Secondo Giunta, l’uomo d’affari palermitano avrebbe organizzato un piano per non riconoscere il bimbo nato dalla loro relazione e l’avrebbe licenziata. Giunta, oltre ad aver adito le vie penali, adesso chiede a Basile 300mila euro per chiudere il processo civile e quello di lavoro. Il giudice del lavoro nei giorni scorsi ha proposto un accordo alle parti che prevede il versamento di 14-15 mensilità alla ricorrente. L’ex patron della Ksm si è detto disponibile, ma l’avvocato della donna ha mandato una lettera ai legali di Basile ritenendo congrua la cifra di centomila euro «per 24-25 stipendi, risarcimento per il danno, le vessazioni e lo screditamento pubblico. […] Considerando che potrebbe essere interesse della società porre fine alla vicenda anche a mezzo silenzio stampa da parte della lavoratrice». Una proposta che per il legale di Basile, Nino Caleca, è da rigettare. Nel procedimento civile per il riconoscimento del figlio, invece, la donna ha chiesto duecentomila euro a titolo di danni morali più il riconoscimento del bambino. Intanto, il gip – sostenendo l’affievolimento delle esigenze cautelari – ha disposto per Basile il divieto di dimora a Palermo, sostituendo così la misura dell’obbligo di dimora a Milano.