«Potevano davvero i nostri eroi allearsi con Cosa Nostra?». Pierfrancesco Diliberto con la sua nuova commedia vuole «attirare la società su determinati argomenti, in modo che possano essere approfonditi». E promette: «Basta film sulla mafia, me lo ha sconsigliato anche l'analista»
In guerra per amore, la mafia nello sbarco degli alleati Regista Pif: «Idea nata una sera parlando di partigiani»
«La mia generazione è cresciuta col mito dello sbarco degli alleati
in Sicilia, per noi gli americani erano John Wayne e quelli che
combattevano gli indiani, Happy days e Starsky e Hutch, e ci chiediamo:
ma potevano davvero i nostri eroi allearsi con la mafia siciliana?».
Entra in scena a suon di battuta Pif, nome d’arte di Pierfrancesco
Diliberto, per scaldare subito il pubblico catanese che ha riempito la
sala del centro fieristico Le Ciminiere per la presentazione di In
guerra per amore (prodotto da Wildside con Rai Cinema e nelle sale dal
27 ottobre), nuovo film del palermitano classe 1972 che si è
consacrato tra i più apprezzati registi dopo il successo di La mafia
uccide solo d’estate.
«La risposta a questa domanda – spiega Pif,
che insieme ad alcuni protagonisti della nuova opera ha portato avanti
uno show tra spezzoni del film, chicche inedite e interviste ai
personaggi, che con gli abiti di scena sembrano arrivati davvero dalla
seconda guerra mondiale – va cercata proprio nel 43, nel momento dello
sbarco americano sull’isola, quando i nuovi arrivati hanno stretto
un’alleanza con il boss Lucky Luciano».
Un evento storico che ha
favorito l’insediarsi della mafia nei principali ruoli e funzioni del
nostro Paese e che Pif racconta con la sua ironia e semplicità, senza
mai banalizzare e dando vita a una commedia romantica e storica. «Sono
certo che la storia funzioni in questo modo – dice il regista a
MeridioNews mentre firma autografi e fa foto con i fan che lo
ringraziano per il lavoro che fa -. Non è un trattato sociologico, ma un
film girato dal mio punto di vista, un modo per attirare la società su
determinati argomenti, in modo che possano essere approfonditi leggendo
il libro di un giornalista o di uno storico».
«La commedia è un
genere altissimo – conferma Stella Egitto, protagonista insieme a Miriam
Leone e Andrea Di Stefano – e quando si fa commedia quello che fa
sorridere è l’inadeguatezza, il fatto che racconti qualcosa che non
immagini raccontata proprio in quel modo». Ci hanno messo il cuore,
assicura l’attrice, e sarà il pubblico a dire se funziona questo
meccanismo pensato da Pif, con cui «è stato emozionante lavorare, perché
attento, curioso, autoironico e aperto ai consigli della squadra
affiatata che abbiamo formato».
Una squadra che, a una settimana
dall’uscita ufficiale del film, è impegnata in un mini tour di
presentazione, in cui viene raccontato un preciso momento storico anche
attraverso le parole dello scrittore Leonardo Sciascia, che descrive il
modo in cui i siciliani vedono gli americani, e quelle del generale
statunitense Dwight Eisenhower, che parlando della Sicilia mette in
guardia i soldati dall’acqua imbevibile e dal pessimo sistema di igiene,
senza tralasciare un accenno al tanto primitivo quanto attuale rapporto
tra uomo e donna.
Così diverso dall’amore che sboccia nella New
York degli anni ’40 tra il lavapiatti siciliano Arturo e la nipote del
suo capo, Flora, promessa sposa del figlio di un importante boss
americano. Solo la benedizione del padre malato della ragazza potrà
cambiare le sorti di un destino che sembra inevitabile e nonostante «in
Sicilia c’è solo la seconda guerra mondiale» Arturo è pronto ad
affrontarla pur di sbarcare nel paesino dell’isola e ottenere il suo sì.
«Tutto è nato a casa di amici una sera in cui si parlava di
partigiani, un argomento leggero insomma – scherza Pif – e la moglie di
un amico ci ha proposto di fare un film sull’argomento». Sembrava una
follia, ma l’idea di raccontare qualcosa che nessuno ha mai raccontato
al cinema, soprattutto in questa chiave, ha allettato il regista
siciliano, che prima di salutare il pubblico, però, fa una promessa.
«Giuro che il terzo film non sarà sulla mafia, me lo ha sconsigliato
persino il mio analista».