Imprenditore si rivolge a clan Ercolano per riavere soldi Quattro le ordinanze cautelari per estorsione aggravata

Avrebbe costretto un suo cliente debitore a pagarlo attraverso le minacce del clan mafioso  Ercolano di Catania che avrebbe agito come una illecita società di recupero crediti. È l’accusa contestata al 54enne Salvatore Sinatra, socio della Sicilsole, posto agli arresti domiciliari dalla guardia di finanza etnea perché avrebbe fatto intervenire la cosca per esigere un credito di 20mila euro. Per estorsione aggravata dal metodo mafioso sono stati anche indagati tre presunti esponenti di vertice della famiglia di cosa nostra Santapaola Ercolano.

Si tratta del boss Aldo Ercolano, 44 anni, figlio dello storico capomafia Sebastiano, che si trova detenuto nel carcere de l’Aquila dal 2016 perché coinvolto nell’operazione Brotherhood che ha fatto emergere i rapporti illeciti esistenti nel capoluogo etneo tra esponenti della massoneria, imprenditoria catanese ed appartenenti alla criminalità organizzata. L’ordinanza è stata eseguita anche nei confronti del presunto ex reggente della famiglia Ercolano, Antonio Tomaselli, di 52 anni inteso Penna bianca, e per Rocco Biancoviso, di 51 anni, entrambi già detenuti dal 2017. 

I militari del nucleo di polizia economico-finanziaria di Catania, in collaborazione con personale del servizio centrale di investigazione sulla criminalità organizzata di Roma, avrebbero accertato che gli indagati hanno messo in atto il forzato recupero dei crediti in danno di un’impresa con sede a Scordia a favore dell’impresa Sicilsole, con sede a Mazzarrone, operante nel settore dei trasporti.  In più occasioni i tre appartenenti al clan avrebbero minacciato il debitore facendo valere l’appartenenza al clan e paventando l’ipotesi di danni all’azienda e di impadronirsi dei macchinari. Il debitore, in questo modo, sarebbe stato costretto a fare subito un bonifico di duemila euro.

L’attività investigativa è stata sviluppata dalle fiamme gialle etnee a seguito della perquisizione domiciliare eseguita nell’abitazione di Aldo Ercolano dopo l’applicazione della misura in carcere disposta per l’operazione Brotherhood, nel corso della quale furono ritrovati messaggi scritti a penna su fogli di carta. Annotati sui pizzini, importi e nominativi di persone e di aziende, e fotocopie di documentazione riferibili a pratiche di recupero crediti affidate a Ercolano. Questi elementi indiziari sono poi stati supportati da intercettazioni telefoniche e ambientali e dall’analisi della documentazione bancaria dalla quale è emerso che alcuni documenti sarebbero stati rappresentativi di somme che dovevano essere riscosse da parte degli esponenti apicali del clan per conto di un imprenditore che si era rivolto a loro. Riscontri sono stati trovati anche nelle dichiarazioni di un collaboratore di giustizia


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