Impastato, casolare diventerà luogo della memoria L’impegno del Governo, Renzi: «Faremo esproprio»

Rendere luogo della memoria il casolare dove fu barbaramente assassinato dalla mafia Peppino Impastato 38 anni fa, anche a costo di espropriare l’immobile. A pronunciare oggi pomeriggio questa promessa è stato il presidente del Consiglio Matteo Renzi, durante la tappa conclusiva nell’Isola nel suo tour di due giorni per promuovere le ragioni del del referendum costituzionale. Dal piccolo palco allestito in una gremitissima e afosa sala del Florio Park Hotel – che, forse non a caso, si affaccia sulla via intitolata al giovane cronista eliminato il 9 maggio 1978 per volere del boss Badalamenti per essersi ribellato a Cosa Nostra – il premier ha fatto propria la richiesta rilanciata pochi minuti prima dal vicepresidente dell’Ars Giuseppe Lupo riprendendo, a sua volta, un desiderio espresso da tempo dal sindaco del piccolo comune alla porte di Palermo, Gianni Palazzolo, presente oggi all’incontro.

Un progetto da anni accarezzato dalla famiglia Impastato, ma che si è sempre arenato per colpa di alcuni impedimenti burocratici e che ormai si trascina da parecchi anni senza vedere mai luce. Il casolare, nonostante un progetto di recupero della Regione, nel frattempo è stato abbandonato al degrado e più volte Giovanni Impastato, fratello di Peppino, ha posto l’accento su questo denunciando lo stato di degrado della struttura. Ma oggi, finalmente, potrebbe arrivare una svolta grazie al pieno appoggio assicurato dal Governo.

«È un piacere essere di nuovo a Cinisi – ha esordito Renzi prendendo la parola -. Sono stato qui quattro anni fa e, in quella occasione, visitai la casa di Peppino Impastato. Vorrei dire, con molta franchezza, che ciò che Lupo ha appena detto, sulla necessità di recuperare il casolare dove fu ucciso come luogo della memoria, vede questo governo totalmente d’accordo». Quindi, rivolgendosi al primo cittadino di Cinisi ha aggiunto: «Signor sindaco può contare su di noi per ogni aspetto burocratico: se ci sarà bisogno di fare l’esproprio, si farà. Faremo tutto ciò che sarà necessario per rendere onore a una persona che ha pagato con la vita la bellezza dei suoi ideali, e lo facciamo volentieri perché credo sarà un gesto importante per le nuove generazioni».

Un incontro, quello di oggi, incentrato in realtà sul tema del lavoro e delle realtà imprenditoriali che caratterizzano la Sicilia e, in particolare, Palermo. In sala, accanto a figure di successo come il pasticcere di Castelbuono Nicola Fiasconaro e Ugo Parodi Giusino, il palermitano fondatore di Mosaicoon, era presente anche una delegazione dei lavoratori Almaviva. Saltato, invece, l’incontro con una delegazione di operai dei Fincantieri – previsto in realtà nel primo pomeriggio, ma poi slittato per motivi organizzativi -. A tal proposito, Renzi si è detto «dispiaciuto di non aver avuto il tempo di visitare i Cantieri, ma so che stanno facendo un lavoro straordinario, sono ottimista sul buono lavoro che possiamo fare lì».

Poi, affrontando il tema dei giovani e del lavoro che stenta a decollare al Sud, Renzi si è detto deluso: «Sul lavoro non sono per niente soddisfatto perché al Nord abbiamo realizzato più di 656 mila posti di lavoro grazie al Jobs act, mentre c’è un’Italia del Mezzogiorno che ancora fatica a ingranare la marcia e vedo un sacco di ragazzi andarsene». Quindi ha lanciato un appello alla sala, chiedendo a tutti «di dare una mano al governo su una visione nuova della Sicilia. Penso che l’Italia abbia un grande futuro se la Sicilia prenderà per mano il Mezzogiorno. Per farlo non basto io, non basta un deputato, ma ci vuole che la gente decida di mettersi in cammino». 

Renzi, infine, è tornato così sui motivi di questo nuovo tour in Sicilia, illustrando il nuovo disegno strategico del futuro della Sicilia. «Se il Mezzogiorno riparte, l’Italia torna a essere leader in Europa. Ieri, per la prima volta, dopo tanti anni, i dati del trimestre del Pil vedono l’Italia crescere più della Francia e della Germania. Sono soltanto i dati del terzo trimestre, non definitivi, sono un indicatore, come se si fosse accesa una spia che indica che l’Italia ce la può fare. Ma questi dati ancora scontano la mancanza di crescita straordinaria che il Sud può avere. Qualcosa è partito, ma è ancora troppo poco rispetto alle potenzialità che hanno queste regioni».


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