Immagine dal vero, storie di migranti di successo Il film che racconta l’altra faccia dell’immigrazione

C’è Desmond, cinquantenne della Sierra Leone, che in Africa era un professore universitario e un allenatore di pallavolo in serie A e che adesso a Termini Imerese aiuta i ragazzi più poveri. E c’è Irene arrivata in Italia a bordo di un barcone fatiscente per ritrovare il padre, che a Palermo ha aperto una parrucchieria. È l’altra immigrazione, storie di migranti che non si sono rassegnati a una vita in ombra, a esistenze ai margini e senza diritti. Da parcheggiatori abusivi e lavavetri. Sono loro i protagonisti di “Immagine dal vero”, il film documentario finanziato nell’ambito del progetto “Giovani no profit” della presidenza del Consiglio dei ministri – dipartimento della Gioventù e del Servizio civile nazionale.

«Il progetto – racconta a MeridioNews il regista Luciano Accomando – nasce dalla fusione di arte e psicologia. Ad animarlo è stato un bisogno: dimostrare che c’è sempre una strada alternativa per parlare di immigrazione». Certo, il fenomeno migratorio resta un’emergenza sociale per il Paese. Ma occorre smontare «la visione negativa veicolata anche da giornali e tv, che ci consegnano un’immagine distorta. Ci siamo chiesti come poter aiutare questi immigrati e le comunità che li accolgono – dice ancora il regista -. Perché l’obiettivo è duplice: da un lato dare una mano agli immigrati a inserirsi nel nuovo tessuto sociale, stimolando la loro autostima, e dall’altro combattere i pregiudizi».

Nel lungometraggio non ci saranno immagini di repertorio, nessun fotogramma di barconi fatiscenti, nessuna carretta del mare stipata all’inverosimile. «Non vogliamo evocare i sentimenti pietistici che si accompagnano ai racconti dei viaggi della speranza – dice Accomando -. La nostra, al contrario, sarà una narrazione che dà speranza». Il film mira a combattere i pregiudizi dei “bianchi”, ma punta anche a lanciare un messaggio ai migranti in terra straniera, affinché possano superare il sentimento di sfiducia e di inadeguatezza che spesso li attanaglia dal momento in cui arrivano.

Le riprese sono iniziate da qualche settimana a Termini Imerese e Palermo e proseguiranno poi in tutta la Sicilia. Nella cittadina del palermitano, nota alle cronache per l’abbandono della Fiat e per le protesta delle tute blu dell’ex fabbrica del Lingotto, da anni in bilico tra progetti di rilancio industriale mai partiti, vive Desmond. La troupe lo ha raggiunto lì per raccontare in presa diretta la sua storia. In Italia è arrivato nel 1997 per le Universiadi di Catania, perché in Sierra Leone allenava una squadra di serie A di pallavolo. E qui è stato costretto a rimanere a causa della guerra civile scoppiata nel suo paese. Ma il cinquantenne con una laurea in tasca non si è mai rassegnato a una vita ai margini. Oggi ha una sua società di basket dilettantistico con un centinaio di iscritti e aiuta i ragazzi più poveri a giocare e a non arrendersi.

Irene, invece, vive a Palermo. Fa la parrucchiera. Ha aperto un negozio nel centro storico, in via Candelai. In Italia è arrivata nel 2002 a bordo di un barcone. Un’esperienza che l’ha profondamente segnata e che non dimentica. Il mare lo aveva affrontato per cercare suo padre che l’aveva abbandonata piccolissima per venire a cercare lavoro in Europa. Un affetto che non ha ritrovato, ma a Palermo ha costruito una vita diversa.

Sono dodici in tutto le storie che il film racconta. Alle spalle della produzione il lavoro condotto da un team di psicologi e mediatori culturali che hanno scandagliato il mondo dei migranti siciliani per trovare i racconti di vita più significativi. «Sono quelle di medici, imprenditori, artisti. C’è anche una ragazza algerina, diventata in Sicilia una campionessa di kick boxing. E persino il racconto di una gestazione» aggiunge Accomando. Il filo conduttore di tutte queste storie di successo è «la voglia di farcela e di andare avanti». Nonostante tutte le difficoltà. Burocratiche e umane. «Il pregiudizio e il razzismo nei loro confronti non li ha fermati né scoraggiati e nessuno di loro, mai per un momento, si dice pentito di essere in Italia. La cosa che colpisce è che molti di questi immigrati che arrivano dall’Africa sub sahariana il mare non lo hanno mai visto. Mai prima di quel viaggio della speranza, stipati su barconi in balia delle onde». 

Il film, che sarà distribuito gratuitamente nelle scuole, fa parte di un progetto più ampio messo a punto dall’associazione Anteprima, nata nel 2010 senza scopo di lucro e da allora impegnata nel sociale con iniziative culturali rivolte soprattutto ai giovani. «Accanto al film un gruppo formato da psicologi, assistenti sociali e mediatori culturali sta portando avanti una ricerca psicosociale sui pregiudizi nei confronti dell’immigrazione e sull’autopercezione dei migranti». La ricerca, iniziata a maggio e che andrà avanti fino al prossimo giugno, analizzerà un campione rappresentativo scelto nelle scuole, nei Caf, nelle Università, nei centri di accoglienza. 

«Il fenomeno migratorio è una questione complessa, spinosa, difficile da decifrare – conclude il regista -. Occorrerebbe, però, puntare invece che sull’assistenzialismo sulla valorizzazione di queste persone». Per vedere l’altra faccia dell’immigrazione.


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