Tra mille difficoltà Nicola Santangelo ha tentato di salvare Gelato In Srl a Bagheria. Ma tra debiti per centinaia di migliaia di euro lasciati dalla precedente gestione, un'opera di boicottaggio iniziata subito dopo il sequestro e ripetute minacce e atti vandalici la società chiuderà i battenti il prossimo 30 novembre
Il volto onesto della gestione dei beni confiscati Il racconto di un amministratore giudiziario
Non solo caso Saguto&Co. Nella gestione dei beni confiscati – e dunque nell’amministrazione giudiziaria – c’è anche un lato onesto e pulito, che non va dimenticato mai, fatto di gente che lavora tra mille difficoltà e mille rischi, che si scontra con subculture e con ciò che la gestione mafiosa precedente ha lasciato. Un’eredità che, nonostante gli sforzi degli amministratori giudiziari, porta spesso alla chiusura definitiva delle attività. È il caso, ad esempio, di Gelato In Srl di Bagheria, di proprietà di Anna Rita Pedone, moglie di Francesco Raspanti, arrestato insieme al fratello Giancarlo nel 2014 nell’ambito dell’operazione antimafia Reset, che portò in carcere complessivamente 31 persone accusate di imporre il pizzo alle attività commerciali del comprensorio. Per gli investigatori i fratelli Raspanti erano due imprenditori considerati «collettori degli interessi della famiglia mafiosa di Bagheria».
Dopo il blitz antimafia, l’11 novembre dello scorso anno, la società Gelato In Srl è stata sottoposta a provvedimento di sequestro da parte della sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo. Come racconta a MeridioNews l’amministratore giudiziario dell’azienda, Roberto Nicola Santangelo, pochi giorni fa, però, sono state consegnate a tutti i lavoratori della società le «lettere di licenziamento per giustificato motivo oggettivo» con decorrenza 30 novembre 2015.
«Il motivo è legato esclusivamente alla precedente gestione – spiega -. Abbiamo condotto, come da prassi, una revisione contabile dalla quale è emerso un allarmante quadro economico, patrimoniale e finanziario. Abbiamo trovato conti correnti vuoti, in uno c’erano circa 3mila euro, e debiti accertati per circa 600mila euro». Si tratta di verifiche che richiedono del tempo. «Intanto – spiega ancora l’amministratore giudiziario – abbiamo cercato di mettere tutto a regime, per quanto possibile, regolarizzando la posizione dei dipendenti, prima sfruttati. Sono stati messi anche a norma i sistemi di sicurezza. Come abbiamo fatto a pagare gli stipendi dei lavoratori? Navigando a vista, con risorse finanziarie e guadagni fatti giorno per giorno».
Ma la strada del fallimento purtroppo resta oggi l’unica percorribile. «Da aprile ci sono stati incontri con i sindacati e si è andati avanti nonostante le difficoltà e gli atti vandalici – dice ancora Santangelo -. Però di fronte alla perdita di esercizio di 173.337 euro, nonché ai debiti accertati, contratti dalla precedente amministrazione e pari a 605mila euro a fronte di un valore del capitale sociale di appena 40mila euro, il Codice civile prevede l’azzeramento del capitale sociale e la ricostituzione al minimo di legge – che nelle srl è di 10mila euro – ma non possiamo farlo noi ovviamente. Adesso l’attività passerà al curatore fallimentare per poi tornare di nuovo a me. L’amministrazione giudiziaria – precisa – non è proprietaria dell’azienda, ma semplice custode ed è chiamata a gestirla per incrementarne, dove possibile, la redditività aziendale, ma senza poter rimpinguare il capitale. L’unica strada percorribile adesso, nel rispetto assoluto delle norme di legge e al fine di garantire la salvaguardia del patrimonio sequestrato e i diritti dei creditori e dei lavoratori, è la richiesta di fallimento».
Ma secondo Santangelo a rendere ancora più difficile la ripresa e la continuità di una società è «l‘opera di boicottaggio che viene innescata dai cittadini, dagli altri commercianti, dai vecchi clienti che – come nel caso della tabaccheria anch’essa oggetto del provvedimento di sequestro – prima venivano e ora si mettono a fumare davanti il negozio, acquistando le sigarette da altri rivenditori seppur a un chilometro di distanza. Così si è registrato un calo del fatturato di circa il 30 per cento». Per non parlare dei furti. «L’ultimo in ordine di tempo – racconta ancora – è avvenuto il 14 ottobre scorso quando hanno portato via 1200 euro. Dopo la denuncia c’è stato un ulteriore cambio di atteggiamento degli ex clienti».
Furti e opera di boicottaggio e non solo. Nei mesi si sono susseguiti gli atti vandalici con escrementi di cane lasciati davanti la saracinesca del tabacchi e, persino, urina all’interno di entrambi gli esercizi commerciali. Poi sono arrivate le minacce all’amministratore unico, il ritrovamento di una vipera all’interno della tabaccheria e i tentativi di estorsione ai dipendenti, fatto anche questo denunciato e che ha portato all’arresto da parte dei carabinieri di Bagheria di una persona. «Per il bar – racconta ancora l’amministratore – abbiamo provato a fare di tutto, abbiamo organizzato anche delle rassegne musicali per attirare clienti, una delle cantanti coinvolte è stata avvicinata e minacciata, le hanno detto che non doveva più esibirsi».
Il messaggio che rischia di passare è che finché l’azienda è in mano al mafioso di turno va bene, quando entra in amministrazione giudiziaria va fatta chiudere. L’amarezza di Santangelo è tangibile: «Noi facciamo il possibile per mantenerle in vita, purtroppo non sempre riusciamo, indipendentemente dal nostro operato. Di fronte a questo dilagare di notizie che portano discredito – conclude – è bene ricordare sempre che ci sono amministratori che fanno il lavoro seriamente, onestamente, con abnegazione e in un clima fin troppo spesso ostile. È già abbastanza difficile per noi senza bisogno che la nostra professione venga macchiata da certe notizie che tendono purtroppo a fare di tutta l’erba un fascio senza distinzioni».