Il viaggio del clown siracusano nei villaggi della Tanzania «La missione era ricordare ai bambini che sono bambini»

Palloncini, colori e bolle di sapone. Questo ha messo nello zaino Mariano La Rocca per il suo viaggio di volontariato come clown umanitario in Tanzania. «Sono i miei normali attrezzi di lavoro», racconta a MeridioNews rientrato da pochi giorni a Siracusa dopo tre settimane trascorse in due villaggi nello Stato dell’Africa orientale. «Una bellissima esperienza che sto ancora metabolizzando, l’impressione più forte che mi resta – sottolinea – è che i bambini lì non siano abituati al divertimento e all’allegria». 

Il 41enne siracusano, da tempo, fa parte dell’associazione Carovana clown che presta servizio nel reparto di Pediatria dell’ospedale Umberto I di Siracusa. «Da due anni mi sono trasferito a Malta, soprattutto per imparare l’inglese e avere più possibilità di andare in giro per il mondo per fare clowneria e clownterapia». Dopo un inizio da pizzaiolo, adesso lì lavora per una società di animazione e ha cominciato a fare anche l’artista di strada

«L’idea di portare la mia arte in Africa mi affascinava già da un po’ – spiega – così mi sono deciso a mettermi in contatto con un’associazione che organizza esperienze di questo tipo». È con Terra e popoli onlus che Mariano arriva in Tanzania, prima a Mapogoro Njiapanda nella regione di Iringa e poi nel villaggio di Kinyala in provincia di Kiwira nella regione di Mbeya. «Il progetto in cui sono stato inserito è quello realizzato da Terra e popoli in collaborazione con l’organizzazione no-profit locale Sauti Asilia (che in lingua swahili significa “la voce della natura“, ndr) che si occupa di promuovere l’arte, la cultura, l’istruzione e la tutela dell’ambiente in Tanzania». 

Partito con l’intenzione di fare una normale esperienza di volontariato in Africa, «dall’associazione, visto il mio lavoro e la mia passione, mi è stato chiesto di fare vivere ai bambini un’esperienza di leggerezza, di spensieratezza, di passare il tempo con loro facendoli divertire. Più semplicemente – afferma – la mia missione era ricordare loro che sono ancora dei bambini». Così nella scuola costruita dall’associazione nel villaggio di Mapogoro per i bambini più poveri, Mariano ha portato colori, palloncini e bolle di sapone che hanno riempito le loro pause tra le lezioni. «Dopo un paio di giorni avevano già imparato il mio nome – racconta – da lontano mi chiamavano e venivano ad abbracciarmi». Tra spettacoli di clownerie, la novità dei palloncini modellabili e lo stupore di fronte alle enormi bolle di sapone, Mariano si è guadagnato la fiducia dei bambini e anche degli adulti.

«Il giorno più bello – racconta – è stato quello in cui ho voluto sperimentare con circa 35 bambini un workshop in cui ho dato loro dei colori e chiesto di usare il mio corpo come tela». Sdraiato a terra, Mariano si è lasciato circondare e assalire. «L’idea era quella di fare in modo che potessero lasciare libera la propria espressività. Dopo qualche ritrosia iniziale – dice – si sono sciolti e si sono scatenati. Sono luoghi in cui il dovere viene sentito ed è presente molto più del piacere anche per i più piccoli che non sono abituati a divertirsi e quindi riescono a farlo davvero con poco». 

Delle tre settimane di permanenza in Tanzania «mi porto addosso tanta energia e un mix di emozioni: la gioia di avere donato tanti sorrisi ai bambini, di riflesso lo stupore che ho visto nei loro occhi e, però, anche un velo di senso di colpa». Con il pensiero già al prossimo viaggio, Mariano ripensa all’esperienza che si è appena lasciato alle spalle: «Ho sempre cercato di non essere invadente con la tecnologia, valutando se e quando utilizzare il cellulare e la macchina fotografica che mi ero portato dietro. Non mi era mai capitato di sentirmi così tanti sguardi addosso, eppure – ammette – con il mio lavoro sono abituato a stare al centro dell’attenzione. Ero l’unico di pelle bianca e mi sono sentito guardato come uno straniero, alcuni sguardi inizialmente diffidenti si sono poi trasformati in sorrisi». 


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