Il turno negli uffici dell’Asp 6 di Palermo

Palermo. Sede dell’Azienda sanitaria provinciale numero 6 in via Giacomo Cusmano. Siamo qui da mezz’ora per prenotare una visita. La fila è chilometrica. Conoscendo ormai troppo bene la ‘rivoluzione copernicana’ in materia di sanità pubblica attuata dal presidente della Regione, Raffaele Lombardo, e dal suo ‘fido’ assessore, Massimo Russo, ci siamo portati dietro un libro.
A un certo punto entra una signora piuttosto giovane. La guardia giurata, che a quanto pare nella sede della Asp 6 funge da portiere (non abbiamo capito se per risparmiare o perché considerano gli utenti elementi da ‘contenere), la blocca.

– “Dove sta andando’”, chiede alla signora con fare brusco.

– “Devo andare in fondo a destra”, replica la signora.

– “Di qua non si può entrare. Entri dall’altro ingresso”.

La stessa scena subita dalla signora – e ora diremo perché subita – è capitata a noi. Questo perché già sappiamo che l’altro accesso è chiuso e, d’altronde, manca qualsiasi indicazione che inviti gli utenti a rivolgersi alle guardie giurate per capire come regolarsi nei turni. Proviamo a bloccare la signora. Ma per la gran confusione che c’è in sala non faccciamo in tempo.

Puntuale – dopo 4 minuti e 12 secondi cronometrati con il nostro swatch – riecco la signora.

– “Scusi – dice sempre la signora – dall’altra parte l’accesso al pubblico è impedito. Mi hanno detto di rivolgermi a lei. Ma lei, poco fa, mi ha mandato da loro… Come la mettiamo?”.

A questo punto, bontà sua, la guardia giurata-portiere, chiede:

– “Signora, lei che deve fare?”.

– “Devo recarmi nella stanza delll’assegnazione dei presidi sanitari”.

– “L’elenco ce l’ho io”, replica ‘magnanimo’ la guardia giurata-portiere.

“Scusi, perché mi ha mandato da quella parte se sa che da lì non si può entrare? Perché quello che mi dice ora non me l’ha detto prima? Comunque mi metta a turno”.

– “Mi dica come si chiama che la segno e poi la chiamo”, dice la guardia giurata-portiere.

A questo punto la replica della signora è piccata:

– “Scusi, mi vuole chiamare con il nome davanti a tutti gli utenti? Lo sa che esite la legge sulla privacy? Lai mi deve dare un numero. E poi, chiama il numero”.

Risposta del gentleman guardia giurata-portiere:

-”Mi dia un numero a suo piacimento che la chiamerò con questo numero”.

La signora indica un numero. E comincia ad allontanarsi.

Avvertiamo una voce: è quella della guardia giurata portiere che si rivolge al suo collega dislocato all’altro capo della sala:

– “La vuoi sentire l’ultima?”.

E’ un attimo: la signora capisce al volo che stanno ironizzando su di lei, si gira verso la guardia giurata-portiere e, con tono fermo, ribatte:

– “Scusi, mi vuole pure prendere in giro davanti a tutti quando io ho ragione e lei ha torto? La conosce o no la legge sulla privacy? Come si permette di offendere un utente che chiede solo di esercitare un proprio diritto?”.

A questo punto la guardia giurata-portiere precisa:

– “La Usl ci dà questi mezzi e quindi dobbiamo fare così. Se vuole vada a fare reclamo”.

La signora si allontana per interrompere la discussione. E’ piuttosto infastidita e nervosa. Si guarda attorno, cerca un posto a sedere. Probabilmente ha capito che i tempi saranno lunghi, visto che in sala ci sono, a occhio e croce, oltre centocinquanta persone. Noi siamo in piedi. E in piedi sono almeno i due terzi degli utenti. Le sedie sono insufficienti. E, quelle che ci sono, sono in parte rotte. Un delirio.

Noi stiamo osservando la scena da quasi tre quarti d’ora. E’ una scena da terzo mondo o giù di lì. Accanto a noi c’è un signore su con l’età. Scambiamo qualche parola. Ci spiega che, a parte gli anziani in buona parte in piedi, in sala sono presenti almeno tre o quattro persone che portano in viso i segni di malattie avanzate. Stiamo parlando con un medico? Chissà. In particolare, ci indica una signora in piedi, che cerca un posto, che porta – così ci dice – i segni di una malattia di fegato che lui definisce “scompensata”.

Ci chiediamo se questa è la ‘rivoluzione’ della sanità pubblica siciliana magnificata sui giornali. Ci interroghiamo sul modo barbaro di trattare gli anziani e i malati. Notiamo che la maggioranza di questi utenti non mostra di appartenere ad una classe socio-culturale medio alta. Persone che sono facile preda dell’educazione ‘inglese’ delle varie figure messe a ‘guardia’ della struttura. Utenti che sono le vere vittime di questa sanità pubblica da brivido.

A questo punto abbiamo capito che dobbiamo dimenticare di essere utenti e indossare i panni del cronista. Del resto, quando abbiamo cominciato a fare questo mestiere, nei primi anni ‘80, al giornale L’Ora di Palermo, ci spedivano nei Pronto soccorso per capire che aria tirava in città, se i servizi funzionavano. Se la gente si lamentava. Mettiamo da parte il libro e decidiamo di ascoltare qualche testimonianza di questi signori che sono qui con noi in attesa. Una signora anziana ci dice:

– “Sono qui perché voglio cambiare medico di famiglia. Sono venuta ieri mattina alle dieci e già i biglietti da assegnare per questo turno erano finiti. Sono qui da stamattina all’apertura. E ancora non so se riuscirò ad entrare”. Un signore anziano ci dice di essere stanco. Vorrebbe sedersi. “Alla mia età non dovrei nemmeno venire qui. Dovrebbero venire loro a casa mia ad assistermi. Invece…”.

Interrompiamo le nostre interviste perché, nel frattempo, è arrivata una signora di colore. Una donna che non parla e non comprende molto bene la nostra lingua. Siamo curiosi di scoprire con quale ‘affabilità’ la guardia giurata-portiere risponderà alla signora. La nostra curiosità non va delusa.

La cosa che ci colpisce subito è che le due guardie giurate-portieri si rivolgono alla signora dandole del ‘tu’. Nella nostra società il ‘tu’ o ha un tono confidenziale o, quando non concesso, ha un tono tutt’altro che amichevole.

La signora chiede dove deve prendere il biglietto. Questa – testuale – la risposta:

– “Ci sono novanta persone prima di te. Chissà se ci arrivi entro oggi…”. Della serie, te ne puoi andare a casa.

La signora prende il suo biglietto e si mette a turno. Ovviamente, senza avere compreso il’tono’ tenuto dalle due guardie giurate-portieri nei suoi confronti. Ci chiediamo: a che titolo questi signori utilizzano il ‘tu’ verso una signora?

Passa un’altra mezz’ora. Vediamo che la prima signora – quella che ha messo sull’attenti la guardia giurata-portiere – ritorna per verificare a che punto è il turno. Si accorge – e ce lo fa notare – che non è stato chiamato alcun utente.

Passano altri dieci minuti. Forse un quarto d’ora. Qualcuno chiede spiegazioni. La guardia giurata-portiere spiega che i computer sono bloccati. Nel frattempo dalla stanza dei presidi esce un gruppo di persone. Uno di loro spiega:

– “I computer sono bloccati. Ci hanno fatto lasciare i libretti. Ci toccherà tornare”.

La guardia giurata-portiere, quasi ‘trionfante’ si rivolge agli utenti della stanza presidi e dice:

– “Avete visto? Tutto bloccato. Per oggi potete andare via”.

Una signora anziana esclama:

– “Ma io sono qui da due ore. Tutto questo mi sembra incredibile”.

Un altro signore, anche lui anziano, chiede:

– “Prima di mandarci via si può informare se il blocco dei computer è definitivo?”.

La guardia giurata-portiere, un po’ infastidita, va ad informarsi. Nel frattempo esce un medico dalla stanza del presidi sanitari e dice:

– “Faccia scorrere il turno”.

Tutto questo mentre alcuni utenti erano già andati via e mentre altri erano già sull’uscio. E’ una scena incredibile.

Cosa è successo dopo non lo sappiamo. Perché chi scrive, dopo quasi due ore di estasiata ‘ammirazione’ dei risultati della ‘rivoluzione copernicana’ di Lombardo e Russo, ha deciso di pagare di tasca propria la prestazione sanitaria.

 

 

 

Giulio Ambrosetti

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