Le procedure di revoca dei contratti stipulati dal Consorzio stabile progettisti costruttori vanno avanti. A rigettare i ricorsi presentati dai legali della famiglia Capizzi, imprenditori di Maletto attivi nel settore delle commesse pubbliche, contro l’interdittiva antimafia è stato il Tar di Catania. Poco prima di Natale, la quarta sezione del tribunale amministrativo, presieduta da Federica Cabrini, ha respinto la richiesta di sospensione delle rescissioni contrattuali avviate da diverse stazioni appaltanti della Sicilia, in seguito al provvedimento emesso dalla prefettura di Catania a inizio novembre.
Le quattro ordinanze, nei confronti delle quali gli avvocati hanno già presentato altrettante istanze di appello, hanno per il momento confermato la legittimità dei provvedimenti. Ad andare in direzione delle rescissioni contrattuali anche Anas che, nel 2020, ha aggiudicato al consorzio dei Capizzi due gare da cinque milioni di euro l’una per la manutenzione straordinaria della pavimentazione della rete autostradale e delle strade del Palermitano. «Rilevato a un primo e necessariamente sommario esame, giustificato dalle esigenze di celerità caratterizzanti il rito cautelare, il ricorso non appare assistito da fumus di fondatezza, l’impianto motivazionale dell’interdittiva – basata sui numerosissimi elementi indicati, da valutare non singolarmente ma congiuntamente – appare ampiamente condivisibile», viene riportato nelle ordinanze, in cui le generalità di ditte e imprenditori sono oscurati con la formula omissis.
Tra i motivi che hanno spinto i giudici amministrativi a non accogliere le richieste dei legali dei Capizzi c’è anche il riferimento a un soggetto che «risulta rinviato a giudizio per reati di mafia, tra cui l’articolo 416 bis (associazione mafiosa, ndr) in data 3 dicembre 2020». Elemento quest’ultimo che, si legge sempre nelle ordinanze, «rende attuale il pericolo di infiltrazione secondo la logica del più probabile che non». Considerata la presenza degli omissis non è possibile stabilire a quale componente della società il Tar faccia riferimento. Il 3 dicembre 2020, a essere rinviato a giudizio dal tribunale di Catanzaro, nell’ambito della maxi-inchiesta Rinascita della Dda guidata da Nicola Gratteri, era stato Giuseppe Capizzi. Per il 34enne architetto, l’accusa era di traffico d’influenze in una vicenda che aveva al centro una causa pendente al Tar della Calabria. Nessuna accusa, invece, riguardante reati di tipo mafioso. Per il traffico d’influenze, il giudice del tribunale di Cosenza – dove è stato trasferito parte del processo – ha accolto la richiesta di messa alla prova, inoltrata dai legali del 34enne. Servizi sociali che, stando a quanto appreso da MeridioNews, l’imprenditore dovrebbe svolgere a Bronte.
Nelle ordinanze, il Tar di Catania fa riferimento alla possibilità che i contratti interessati dalla rescissione proseguano tramite gli strumenti previsti dall’articolo 34 bis del codice Antimafia. Prevede che le imprese destinatarie di interdittiva antimafia possano richiedere al tribunale l’applicazione del controllo giudiziario. Ovvero, la nomina di un amministratore giudiziario. Altrimenti a disporre per le pubbliche amministrazioni l’obbligo di revoca dei contratti, salvo il pagamento delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione delle parti rimanenti, è lo stesso codice Antimafia. Tra i lavori aggiudicati di recente dal Consorzio stabile progettisti costruttori c’è anche la realizzazione del parcheggio interrato a San Berillo. In questo caso, però, l’iter si è bloccato in seguito all’annullamento da parte del Tar del bando e degli atti di gara. Una vicenda a cui di recente si è aggiunto un esposto in procura, che potrebbe portare l’appalto anche all’attenzione dei magistrati di piazza Verga.
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