Nelle carte dell'inchiesta Àpate i dettagli degli investimenti nel gioco d'azzardo. L'uomo, classe 1952, si sarebbe mosso su quattro province grazie a intermediari ed esperti informatici. Tutto sarebbe avvenuto all'ombra delle cosche Santapaola e Cappello
Il ritorno di Padovani e il suo nuovo regno nelle scommesse La piramide dell’imprenditore tra Sicilia, Malta e Bulgaria
Nessuna redenzione. Passati sei anni dietro le sbarre Antonio Padovani sarebbe tornato all’antico. Tolta la corona di re delle slot machine all’ombra di Cosa nostra si sarebbe dedicato anima e corpo al business delle scommesse online. Un mondo dorato in cui è possibile insinuarsi grazie alla complicità di tecnici informatici e consulenti specializzati. I primi esperti conoscitori della rete Internet i secondi abili a sfruttare i tanti buchi neri presenti nella legislazione di altri Paesi, come Austria, Malta e Bulgaria. Padovani è il nome di punta dell’inchiesta Àpate che la scorsa settimana ha messo sotto la lente d’ingrandimento la posizione di 65 persone. Tutte ritenute appartenenti alla piramide, messa su dall’imprenditore catanese classe 1952, nelle province di Catania, Enna, Siracusa, Agrigento e Messina.
Il punto di partenza sarebbe stato quello di confondere le acque, mascherando il presunto illecito con una parvenza di legalità. La struttura prevedeva infatti l’utilizzo di centri scommesse appartenenti a un concessionario con licenza dei Monopoli di Stato. In realtà, all’interno delle sale, si sarebbe dato spazio al servizio di raccolta anonima delle giocate in contanti. Quello che tecnicamente gli indagati definiscono «total black», ossia un meccanismo sganciato dalla tassazione italiana. Ogni appartenente alla rete commerciale di Padovani avrebbe ottenuto dei guadagni in percentuale alle giocate effettuate nei propri punti vendita, al netto di quanto andava pagato agli scommettitori vincenti. Il tutto, come emerge dagli atti dell’inchiesta, sarebbe stata coordinato in un deposito nel territorio di San Giovanni La Punta. Una sorta di centrale elettronica e logistica per tenere le redini degli affari. All’interno avrebbero lavorato anche Patrizia Fazio, la cognata di Padovani. «La donna – si legge nell’ordinanza – è un punto di riferimento per i numerosi agenti che si avvalgono delle piattaforme illegali». A lei per i magistrati sarebbe spettato, per esempio, il compito di gestire le ricariche nei conti gioco. «Risulta essere – continuano – la responsabile della cassa e dei conti della struttura organizzativa».
Tra ricariche, puntate da annullare e piattaforme di gioco che cambiano in continuazione nome, il giudice per le indagini preliminari evidenzia anche una «maniacale attenzione» a sfuggire a possibili intercettazioni. «Io direi di parlare solo su Telegram […] per la serie: prevenire è meglio che curare», spiegava mentre si trovava in auto Rocco Salvatore Felis, indicato come collaboratore di Padovani e referente dello stesso davanti agli esponenti dei clan mafiosi.
Le tre principali articolazioni commerciali di Padovani avrebbero fatto riferimento al gruppo di Davide Schembri, ritenuto collegato alla società austriaca Planet Games, Giuseppe Lo Cascio, ex titolare di una cartoleria a Bagheria e attivo con il portale Vegas52.com, e infine Alessandro Lizzoli, quest’ultimo già emerso nell’operazione Vento di scirocco sul clan Mazzei. Padovani, come emerge nei documenti, avrebbe avuto anche l’intenzione di transitare sul provider Redsport.it appartenente alla galassia del concessionario Eplay24. Terminate le limitazioni imposte dalla sorveglianza speciale, a giugno 2018 gli investigatori monitorano un viaggio d’affari dell’imprenditore catanese in provincia di Palermo. Obiettivo incontrare proprio Lo Cascio in un periodo di profonde incertezze per il settore a causa delle continue inchieste delle forze dell’ordine. Lo Cascio in quel periodo sembra un buon partito anche perché ha una certa dimestichezza con affari e società tra la Malta e Bulgaria, anche grazie, secondo gli inquirenti, l’intermediazione di un’azienda di consulenza che si occupa di assistere gli imprenditori italiani che vogliono investire o delocalizzare nello Stato balcanico.
Qui Lo Cacio avrebbe gestito la software house NeSkill, specializzata nella creazione di siti web per scommesse, poker e casinò virtuale. Tutto per una amplia platea di clienti. «Le indagini hanno documentato diversi incontri – si legge nell’ordinanza – nei quali avvenivano trasferimenti di denaro in contanti a favore di Lo Cascio, quale corrispettivo per i servizi offerti all’organizzazione di Padovani». I faccia a faccia avvenivano in diverse località ma spesso e volentieri preferivano accomodarsi in un bar all’interno del Sicilia Outlet Village di Agira.