Il respiro di una città

Cogliere l’essenza di una città significa sentirne il fiato. Impossibile durante il giorno, perché Catania trattiene il respiro sospesa tra un frenetico, quasi schizofrenico e impazzito, bighellonare, e una finta operosità finalizzata all’arricchimento esclusivista di imprenditori sempre più rozzamente aggrappati alla proliferazione di modernissimi parchi commerciali. Di notte, però, dopo l’apnea quotidiana, la città sbuffa e ammorba l’aria. Di notte ruggisce con spietata inquietudine rivelandosi a se stessa. È di notte che le frustrazioni quotidiane schizzano come schegge incandescenti. Perché mentre noi, giovani borghesotti, con fare indolente movimentiamo la movida intorno al Teatro Massimo Bellini, pochi chilometri più a sud, Tondicello della Playa, giovani proletari soddisfano i loro “preziosi” affari intorno a falò apparecchiati dentro fusti arrugginiti o, ancora più a sud, Librino, altri giovanotti si nascondono furtivamente tra i pilastri di cemento, spacciatori di morte, in quello che rappresenta l’oltraggio più violento ad una città improvvisata: il quartiere che doveva raccontare un modello di sviluppo, invidiato e copiato da tutti nel mondo, è stato trasformato nel peggior bordello urbanistico d’Europa.
 
 

Espropriazioni abusive di appartamenti popolari, furti di rame, risse, corse di cavalli dopati, vandalismo sfrenato e impudico: questa (e tanto altro) è la notte catanese. Questo (e tanto altro) è Catania, nell’antropologica miseria dei suoi quartieri, nella conveniente miseria dei suoi quartieri.

 
Vogliamo che Catania sfugga dalla vergogna della sua soffocante invivibilità? Allora è  necessario affrontare, una volta per tutte, la “questione delle periferie”  saturando il colossale scarto sociale con i quartieri borghesi. Senza aver risolto, prima di tutto, la miseria che attanaglia i quartieri, Waterfront, Aeroporto, Interporto, Metropolitana, Parcheggi, Playa (tante belle cose, per carità!), rimarranno solo imprese, epiche e mirabolanti, e nulla più, adatte più al chiacchiericcio salottiero che ai reali bisogni di una comunità (il lavoro e una casa ad esempio).
 
 

Garantire un’occupazione dignitosa e in condizioni di assoluta legalità alle generazioni emergenti; creare i presupposti per la nascita di una nuova imprenditorialità che guardi all’accrescimento della ricchezza prodotta dalle Eccellenze del nostro territorio (agroalimentare, hi-tech, turismo, cultura e chi più ne ha, più ne metta): questi devono essere gli imperativi che accompagnino l’agire della tripla elica, così chiamata in letteratura, Università, Industria e Amministrazioni pubbliche, in un’integrazione tangibile e fattiva.  

 

Per fare ciò le tre componenti devono, ciascuna, contribuire nei propri ambiti di competenze con l’obiettivo primario dell’inserimento dei giovani nel tessuto produttivo del territorio, promuovendo ad esempio l’auto-imprenditorialità. Se vogliamo creare un sistema economico-sociale realmente innovativo non è sufficiente la sola presenza di alcune imprese innovative internazionali, la ST Microelectronics su tutte, ma è necessario puntare sulla formazione di un sistema di relazioni a livello locale, attraverso l’avvio di rapporti di collaborazione/competizione tra imprese locali e l’accesso diretto alle reti internazionali della ricerca e del trasferimento tecnologico. L’università deve formare giovani laureati immediatamente inseribili nella realtà produttiva ed occupazionale, l’industria deve apportare i capitali nel tessuto imprenditoriale investendo nei talenti del territorio e le amministrazioni pubbliche devono accompagnare le imprese nel loro percorso di inserimento attraverso, ad esempio, facilitazioni nell’accesso al credito e nei rapporti con la burocrazia, garantendo la sicurezza, la legalità e aree territoriali decorose (l’ASI appare oggi la peggiore periferia delle metropoli ex sovietiche, con i suoi capannoni abbandonati o con le mandrie di cani randagi, liberi di gironzolare indisturbati). I modelli teorici e le esperienze internazionali da cui dedurre una strategia di sviluppo economico/territoriale non mancano (Silicon Valley, Route 128, Research Triangle, Bangalore, Nice Sophia Antipolis, sono gli esempi virtuosi più noti e rappresentativi). Ciò che serve è che nessuno, Università, Industria e Pubblica Amministrazione, si sottragga alle proprie responsabilità davanti alle migliaia di giovani cui, ora come ora, rimane la fuga o, ancora peggio, di accettare il ricatto indecente di lavori umilianti e avvilenti.

 

 

 

Riccardo Consoli, nato a Catania dove ha conseguito una laurea specialistica in Management Turistico. È Dottorando di Ricerca in Discipline Economiche, Aziendali e Metodi Quantitativi presso l’Università di Messina. Il suo corrente ambito di ricerca include l’Innovazione, Knowledge & IT management.


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