Il progetto incompiuto di un eco-villaggio a Belpasso Fermo da 13 anni in Comune, l’odissea dei proprietari

Un eco-villaggio, con un accurato rapporto tra edificato e natura. Con i terrazzamenti in pietra lavica conservati e rivalutati, un parco botanico-didattico con le piante tipiche dell’Etna, spazi e negozi per attività artigianali e start up sostenibili, abitazioni realizzate con materiale locale. Un complesso autonomo sotto il profilo energetico tramite le fonti naturali di energia rinnovabile e un impianto di fitodepurazione. Il tutto a nord-est di Belpasso, in località Ciappe, vicino via Fiume. Era il sogno a occhi aperti di alcuni piccoli proprietari terrieri, mai diventato realtà e ormai trasformatosi in un incubo burocratico che dura da 13 anni.

La storia comincia nel 2008, quando un gruppo di cittadini belpassesi con piccoli fazzoletti di terra – ex frutteti e vigneti – decidono di presentare un progetto per l’edificazione. Per farlo, devono coprire un’area di almeno cinquemila metri quadrati e così mettono insieme i propri possedimenti e affidano a Enzo Victorio Bellia, il figlio ingegnere di una delle coppie di proprietari, il compito di redigere il piano di lottizzazione. Lì nasce il primo inghippo: quando nel 1993 fu varato il piano regolatore, il Comune di Belpasso immaginò di espropriare alcune di quelle aree per costruirci opere di pubblica utilità. Un vincolo con scadenza a dieci anni, nel corso dei quali l’amministrazione non ha mai dato seguito ai propri piani. Anzi, di quelle aree sembra proprio essersi dimenticata, considerato che gli stessi appezzamenti ormai diventati zone bianche non sono mai stati riqualificati. Rimanendo così senza una destinazione specifica – insieme ad altri del territorio – e lasciando i proprietari nel limbo: titolari di terreni che non possono utilizzare, ma su cui continuano a pagare le tasse

Negli anni, i proprietari chiedono più volte di risolvere la questione ma – nonostante l’interessamento della prefettura e le promesse dell’allora sindaco Alfio Papale – la riqualificazione si arena all’ufficio tecnico del Comune di Belpasso. Per superare l’impasse, a Bellia viene intanto suggerito di presentare il progetto così da poterlo analizzare e, se il caso, provvedere a rimuovere gli ostacoli burocratici. Si arriva all’inizio del 2015, quando il primo cittadino è intanto diventato Carlo Caputo. La decisione sul destino delle zone bianche arriva in Consiglio comunale a fine anno. In aula si definiscono alcune questioni. Al centro del dibattito finiscono le opere di urbanizzazione secondaria, quelle strutture di pubblica utilità previste quando si crea un nuovo insediamento abitativo. 

A fare da consulente all’apposita commissione consiliare è l’ingegnere Biagio Bisignani – oggi direttore dell’Urbanistica al Comune di Catania – secondo cui l’ente belpassese avrebbe dovuto farsi pagare dai privati piuttosto che acquisire l’area destinata alle opere di urbanizzazione secondaria. Non un’area qualunque, ma proprio una di quelle ormai diventata zona bianca e rimasta tale. Nel 2017 – dopo la presentazione del progetto definitivo – l’ufficio tecnico del Comune la pensa all’opposto e impone di integrare il piano. Che, così aggiornato, viene depositato a marzo 2019. In mezzo, la preferenza di alcuni consiglieri per un rinvio della questione alla votazione del nuovo piano regolatore, la cui bozza prevedrebbe una deviazione alla nuova Circonvallazione che passerebbe proprio attraverso alcuni terreni interessati dall’eco-villaggio.

Intanto sono passati più di dieci anni, adesso il sindaco è Daniele Motta e all’ufficio tecnico sono cambiati i referenti, con il risultato di un nuovo stallo. È lo stesso Bellia che comincia il pellegrinaggio tra gli uffici: Genio Civile, Asp, Soprintendenza, dipartimento Urbanistica della Regione Siciliana. È qui che emergono alcuni errori nei documenti inviati dal Comune che la stessa Regione chiede all’ufficio tecnico belpassese di correggere. Rimanendo però senza risposta. A fine 2019, alla Regione non resta che convocare i tecnici comunali e, chiudendo il cerchio, fare presente che senza quella tanto attesa riqualificazione delle zone bianche ­- da cui è partita la vicenda – non si sarebbe potuto procedere all’ultimo parere mancante.

Passano ancora i mesi e a metà giugno la Regione, su richiesta dei proprietari, nomina un commissario ad acta per agire laddove il Comune non provvede. Solo che, per provvedere, il commissario ha bisogno dei documenti sul progetto e le zone da riqualificare, che non arrivano mai. A ottobre 2020 cambia anche il commissario e, come in quelle storie in cui si manda qualcuno a cercare qualcosa che si è perso e scompaiono in due, del nuovo non si hanno notizie da allora. È a quel punto che Bellia decide di rivolgersi, ancora una volta, alla Prefettura e poi alla procura di Catania. Che proprio in questi giorni ha però depositato una richiesta di archiviazione, definendo la vicenda «al più un esempio di cattiva amministrazione» che non avrebbe, però, rilevanza penale. E che andrebbe portata in altre sedi. Come quella civile, a cui i proprietari stanno guardando per una richiesta di risarcimento danni


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