Nella traversa più vivace di via Umberto dietro ogni saracinesca c'è un ristorante. Ora, però, quasi tutte sono abbassate, mentre i dipendenti aspettano la cassa integrazione. «Ripartire non sarà semplice», raccontano a MeridioNews i gestori di due locali
Il presente e il futuro della strada più gourmet di Catania «Via Santa Filomena tornerà a essere un luogo d’incontro»
Dietro ogni saracinesca c’è un ristorante. Sono spuntati uno dopo l’altro e hanno occupato l’intera stradina del centro storico di Catania. Via Santa Filomena, da anni ormai, è un agglomerato di convivialità. Sui marciapiedi stretti, o su pedane di legno create apposta, i tavolini attaccati l’uno all’altro si trasformano facilmente in una sorta di tavolo sociale. La strada, specie durante le sere dei fine settimana o nel periodo estivo, è piena di gente. Un’immagine che, nel mondo post-coronavirus, pare difficile da rivedere presto anche nella più vivace delle traverse di via Umberto.
Da mesi, quasi tutte le saracinesche rimangono abbassate. E anche dopo le aperture concesse dalla fase 2 (asporto e domicilio) molti fornelli delle cucine sono rimaste spenti. «Quella di una delle vie più gourmet di Catania è una realtà difficile da immaginare con le restrizioni che ci saranno anche quando potremo riaprire i locali alla clientela», dice a MeridioNews Andrea Graziano, il titolare dell’hamburgeria Fud-Bottega sicula, che quella realtà ha contribuito a crearla. «Ho preferito non riaprire il mio locale anche dopo la tanto attesa data del 4 maggio, perché sono ancora in attesa di direttive più precise. Quando ci saranno – afferma – ci organizzeremo per seguirle e rispettarle». Stessa scelta per le stesse motivazioni l’ha fatta anche Igor Farfante, titolare e chef della Polpetteria.
Una non riapertura che non è costata poco. «Anche con le saracinesche abbassate – fa notare Farfante – restano da pagare gli affitti delle botteghe e anche le bollette delle utenze che, per locali come il mio che in media fa 5.000 coperti al mese, arrivano anche a superare i 2.000 euro mensili». Costi non solo per i proprietari ma anche ai dipendenti. «Io ne ho 56 solo nel Fud di Catania – spiega Graziano che ha la stessa attività anche a Palermo e a Milano – Per tutti ho richiesto la cassa integrazione dell’Inps ma nessuno di loro l’ha ancora ricevuta». Si tratta del fondo d’integrazione salariale (Fis) dell’Istituto nazionale di previdenza sociale. Una quindicina sono, invece, i dipendenti della Polpetteria. «Tutti stanno ancora aspettando il sussidio», lamenta Farfante.
Anche ripartire non sarà semplice. «Con i distanziamenti previsti per le riaperture dei locali – spiega Graziano pensando già a come sarà dopo la data prevista per il 18 maggio – mi organizzerò con l’alternanza dei lavoratori del mio staff. Sono tutti dipendenti dai 20 ai 40 anni per cui, nel tempo, ho investito molto per la formazione e farò in modo di non perderne nemmeno uno. Spero solo – continua – che il governo pensi a dei sussidi adatti da erogare nei tempi utili». Più critica la condizioni di altri ristoratori della zona che, a queste condizioni, non riusciranno a confermare tutto il personale. «Dei miei 15 – ammette a malincuore il proprietario della Polpetteria – almeno all’inizio temo che riuscirò a riassumerne solo quattro, me compreso».
La strada per il ritorno alla normalità sembra in salita anche in via Santa Filomena. «Alla riapertura mi aspetto di vedere anche lì un mondo diverso, cambiato», dice Farfante. «Le persone da una parte sono spaventate dai contatti sociali ma, dall’altra, hanno anche voglia di tornare a vivere tenendo conto del fatto che molte cose sono cambiate». Anche il concetto di normalità. «Non credo – conclude speranzoso Graziano – che non esisteranno più luoghi in cui la gente continuerà a incontrarsi».