Il PD, la questione morale e il maledetto desiderio di essere come tutti

 LA VERA INNOVAZIONE SAREBBE LA RINUNCIA, DA PARTE DI PARTITI E LOBBY, ALL’OCCUPAZIONE SISTEMATICA DELL’AMMINISTRAZIONE PUBBLICA

Da Alessio Lo Giudice riceviamo e volentieri pubblichiamo

L’ultimo libro di Francesco Piccolo (Il desiderio di essere come tutti) si risolve, in fondo, in un elogio della superficialità come atteggiamento spirituale che, secondo l’autore, l’uomo di sinistra dovrebbe adottare per barcamenarsi nel rapporto tra vita pubblica e privata. Sfruttando i logori cliché di una sinistra storicamente chiusa nel proprio recinto ideologico, Piccolo sentenzia la separazione, all’indomani dei funerali di Enrico Berlinguer, del mondo della sinistra italiana da “un altro mondo che appare spietato, vincente, che vuole modernizzare il Paese con disinvoltura, anche con arroganza”.

Questa separazione avrebbe di fatto generato una prassi ideologica elitaria e reazionaria e un ascetismo politico impregnato di ruvida purezza, capace di condurre il PCI e la sinistra fuori dalla realtà italiana. Piccolo stesso, che dice di essere stato per tanti anni rapito da questa “etica dei principi”, si convince della necessità di un cambiamento in occasione dell’atto di sfiducia di Bertinotti nei confronti del governo Prodi.
Ma in cosa consiste tale urgente cambiamento? Si traduce nel libero sfogo che occorre dare al desiderio di essere come tutti. In altre parole, bisognerebbe smettere di essere geneticamente maldisposti “verso un’altra parte del Paese, preponderante per costume e forza, superficiale e spensierata”. Bisognerebbe assecondare quel desiderio di fare ciò che tutti gli altri fanno, perché soltanto in tal modo si partecipa alla vita del Paese, se ne possono comprendere gli umori e se ne può attrarre il consenso.

Abbandonarsi, dunque, al desiderio di eliminare ogni confine, ogni distinzione. Di questo conformismo l’autore si sente felicemente partecipe confessando il sentimento suo e della propria compagna quando Berlusconi in campagna elettorale annunciò la proposta di un condono “tombale” che avrebbe sanato anche i soppalchi di casa Piccolo, per cui “intanto che speravamo che vincesse la sinistra, non ci sarebbe dispiaciuto del tutto se avesse perso la sinistra, a causa di quei soppalchi”.
Ho indugiato su Il desiderio di essere come tutti perché credo che la ricetta di Piccolo sia stata seguita da molti di recente, anche ai più alti livelli di responsabilità politica e istituzionale. Da qui una delle ragioni del successo del libro. Ma il richiamo al testo di Piccolo nasce soprattutto dall’amara percezione di ciò che è accaduto in Sicilia da quando un governo di centrosinistra ha iniziato ad amministrare la Regione. Ho l’impressione, infatti, che il desiderio di essere come tutti abbia preso il sopravvento al di là di ogni possibile previsione e di ogni immaginifica retorica “rivoluzionaria”.

Il desiderio di occupare e lottizzare tutte le posizioni di potere è stato irresistibile. Come, del resto, ci si è abbandonati ad un uso biecamente politico della burocrazia regionale. Per non parlare del desiderio di rimanere in sella a tutti i costi a prescindere dalla tenuta di qualsiasi linea o principio politici. Il piano giovani e l’affaire sovrintendenza di Siracusa sono soltanto gli ultimi episodi.
Il governo della Regione Siciliana, in un modo o nell’altro supportato dal PD, ha dunque sin qui reso a tutti evidente il significato di una politica post-ideologica, che si risolve in un’azione tutta rivolta all’oggi, senza consapevolezza del passato e del futuro, proprio perché non c’è un progetto che possa guidare al di là della contingenza. E chi si azzarda a richiamare progetti, principi e valori è bollato come vecchio e conservatore. La ricetta Piccolo, del resto, viene applicata con cura a Roma e realizzata in maniera esponenziale a Palermo con un governo e un partito post-ideologici che, come ha scritto di recente Eugenio Scalfari, sono inchiodati sul presente.
Annebbiati da una fatua retorica dell’innovazione, si procede con intrallazzi politici continui per essere davvero come tutti e quindi anche come chi ci ha preceduto. Ma diciamolo chiaramente: ci potrebbe essere davvero qualcosa di più innovativo, oggi in Sicilia, di una seria presa di coscienza della questione morale nei termini posti da Enrico Berlinguer?

Altro che reazione, la vera innovazione consisterebbe nella rinuncia, da parte di partiti, correnti, gruppi, lobby, all’occupazione sistematica dell’amministrazione pubblica e delle posizioni dirigenziali a tutti i livelli. La stessa invettiva di Buttafuoco risulta astratta se non giunge a questa reale innovazione. Tuttavia prendere sul serio la questione morale significherebbe proprio rinunciare al desiderio di essere come tutti. Equivarrebbe allo sforzo di incarnare una reale alternativa.

 

?Alessio Lo Giudice

Professore di Filosofia del diritto presso l’Università degli Studi di Catania

già Assessore ai Lavori Pubblici, alla Cultura e alla Pubblica Istruzione del Comune di Siracusa

Vicesegretario provinciale del Partito Democratico di Siracusa


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