‘Il nuovo aeroporto intitolato a D’Arrigo’

Caro direttore,

nella scia di un lutto che ci ha fatto sentire tutti più poveri, Catania sta raccontando al mondo una delle favole più belle, che traspira di genialità e civiltà: quella di angelo D’Arrigo. E’ caduto banalmente dal cielo con un piccolo aeroplano e improvvisamente ci siamo accorti del bene che ci è venuto a mancare. Non è raro che la morte faccia aprire gli occhi e il cuore di chi rimane. Nel ricordo di D’Arrigo c’0è prima di tutto – suggestiva ma parziale – la visione popolaresca dell’uomo che ha adottato gli uccelli più affascinanti e ha volato con loro sulle più alte montagne del mondo, sulle rotte migratorie smarrite, sui cieli della fantasia che, col suo deltaplano, sono diventati i cieli magici della realtà.

Io che di campioni ne ho conosciuti tanti, in ogni continente, non ne ricordo uno come lui, con quella sorta di originalità così affascinante e complessa. Uomo d’avventura? Si, ma anche uomo di sicenza, di ecologia, studioso di tecnologie d’avanguardia, missionario del rispetto della natura, compagnoi di vita degli uccelli, capace di farsi amare al punto di diventare la loro mamma. Aquile e falchi lo hanno seguito, recuperando il loro habitat naturale.

In un articolo scritto dopo la sua morte ho immaginato, e auspicato, che possa nascere un Maratona, un Lewis, un Tomba, un Pelè, un nuotatore più grande di Magnini, una schermitrice più brava della Vezzali o uno che guida la moto meglio di Valentino Rossi. Ma, ahimé, dinanzi ad Angelo D’Arrigo la mia fantasia si arrende. Quando mai potrà nascere uno come lui. Sto girando per l’Italia, caro direttore, al seguito del mio libro sui disabili. I dibattiti si allargano e io, uscendo fuori tema, accenno alla favola di D’Arrigo come a un bisogno del mondo di volare alto. Parlo di trasvolate, di sogni, di scienza e anche della sua famiglia e dle giorno maledetto che ce l’ha rapito. E enlle sale si crea un’emozione immensa, con una scia di pianto doloroso.

Migliaia di messaggi arrivano da tutto il modno al sito intestato ad Angelo, custodito da Laura, la donna della sua vita. E ci accorgiamo che iol vuoto d anoi avvertito è senza confini. E immensa, planetaria, infinita è la stima che tutti manifestano al nostro eroe. Del resto, se clicchi in Internet sul nome di d’Arrigo, la risposta è esplosiva. Le notizie non finiscono mai. In tutte le lingue.

Sono d aoltre 25 anni un catanese di Milano e mi commuove il pensiero che, non lo9ntano da casa mia, al museo dlela scienza e della tecnologia, che è uno dei più prestigiosi dle mondo, ci sia “Over Everest”, il deltaplano col quale D’Arrigo sorvolò la catena himalajana, con le aquile al seguto. E il professor Fiorenzo Galli, direttore dle museo, amnico ed estimatore di D’Arrigo, mi ha raccontato  la storia della “piuma di Leonardo”, l’ala che D’Arrigo riprodusse al computer, collaudò nella galleria del vento di Orbassano e poi fece volare. L’idea leonardesca era giusta. Galli ha ribadito la convinzione di d’Arrigo: “SE Leonardo avesse potuto fruire di materiali più leggeri, la storia dell’aviazione sarebbe cominciata 500 anni prima”. E poi ha aggiunto: “D’Arrigo sembrava proprio uscito dalla bottega di Leonardo. Il suo messaggio scientifico e umano nojn può finire con la sua morte. Noi lo porteremo avanti”.

Caro direttore, questa lettera risponde a un mio bisogno spirituale: quello di scriverla per un giornale legato alla storia moderna di Catania e nel quale sono professionaloemtne nato. Ti pongo una domanda brutale: “Psossiamo scordarci di un uomo come Angelo D’Arrigo? Possiamo non rendere onore a un personaggio che ha portato nel mondo un’idea così bella di catania, dell’Etna, della Sicilia, dell’Italia?” La risposta è un noooooo, lungo, dolce, rabbioso, infinito.

L’idea di intitolargli il nuovo aeroporto in costruzione risponderebbe in tutto e per tutto al valore e allo spirito del personaggio. Una soluzione ideale. Lo so, al vecchio scalo di Fontanarossa fu dato in epoca lontanissima il nome di un meteorologo illustre, Filippo Eredia. E le memorie vanno rispettate. Ma mi sembra che il nuovo scalo in costruzione contempli uno stacco netto dall’edificio più vecchio, come se stesse nascendo, sul modello di altri sistemi aeroportuali, un fontanarossa 2. E allora, la soluzione si potrebbe trovare: da una parte il ricordo di Eredia, dall’altra la proiezione fantastica verso il futuro nel nome di Angelo D’Arrigo.

Mi auguro che, sull’onda della commozione e nella piena consapevolezza del prestigio del personaggio, si possa aprire un sano dibattito costruttivo o meglio uan campagna giornalistica di quelle che “La Sicilia” ha mostrato di saper fare in tute le epoche. Una campagna che non si frantumi nelle parole e parta da una base incrollabile: Angelo D’Arrigo era un uomo unico, di avventura e di scienza, un cittadino dle mondo, un angelo al di sopra del tempo. Caria catanesi, lui è morto ma non possiamo perderlo: dobbiamo tenerlo vivo in noi e con noi. E’ una prova d’amore e di civiltà.

Direttore, ti affido questo messaggio con un Grazie. Tuo

Candido Cannavò


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