Il Ministro D’Alia: “In Sicilia uso criminale del precariato”

C’è malumore in Sicilia dopo l’approvazione del disegno di legge  sulle stabilizzazioni e le assunzioni nella pubblica amministrazione.  Nell’Isola, come è noto, il tema riguarda almeno 23 mila precari degli enti locali che da anni sperano nel posto fisso. Ma, oltre a questi, ci sono i precari della Regione (che sono tanti sparsi tra tanti enti), i precari di alcuni Comuni (basti pensare a Palermo con i 2 mila e 800 e passa precari della Gesip e i 2 mila e 900 ex Pip), poi i circa 12 mila precari degli Ato rifiuti e altre varie forme di precariato.

Nel complesso, in Sicilia, secondo una stima fatta dal vice presidente dell’Ars, Antonio Venturino, si contano circa 100 mila precari non stabilizzati. Però, in questo conto, Venturino ci mette pure i 25 mila operai della Forestale che, a nostro avviso, vanno considerati in modo diverso rispetto al precariato. A conti fatti, i precari non stabilizzati, nella nostra Regione, dovrebbero attestarsi tra 75 mila e 80 mila.

Un numero enorme. E’ possibile stabilizzare tutto questo personale? Il Provvedimento dell’esecutivo nazionale non lascia spazio alle speranze: “Troppi vincoli, in Sicilia saranno assunti non più di 2 mila persone sui 25 mila precari esistenti che anche da vent’anni lavorano nei Comuni, e poi saranno i sindaci a stabilire di quali figure hanno bisogno aprendo così un nuovo mercato clientelare”, dice Massimo Bontempo, del Movimento giovani lavoratori.

Critiche si levano anche dal mondo dei sindacati e della politica siciliana.  Dal Pd al Pdl, tutti scontenti:  “Il progetto del governo nazionale costruisce un quadro normativo che non tiene conto della specificità siciliana di oltre 20 mila lavoratori precari contrattualizzati da enti pubblici – dicono i deputati Mariella Maggio (nella foto a sinistra) e Baldo Gucciardi del Partito democratico -. Senza una concreta ipotesi di deroga al patto di stabilità degli enti locali siciliani, senza la modifica del parametro “dipendente pubblico-popolazione” relativo alle dotazioni organiche degli enti pubblici e senza l’abbattimento dei limiti stabiliti dalle leggi nazionali per le assunzioni non sarà possibile parlare di soluzione al problema dei precari siciliani. Tutto ciò non è accettabile: non possiamo usare la stessa medicina per curare malattie diverse”.

Dello stesso tono la dichiarazione di Nino D’Asero, parlamentare regionale del Pdl: “I Comuni non possono restare, d’improvviso, senza finanziamenti a partire da gennaio. Si può pure pensare a una graduale Si può pure pensare a una graduale stabilizzazione ma il governo deve comunque accompagnare questo percorso continuando a finanziare il fondo per il precariato anche nei prossimi anni. In questo senso Crocetta deve avviare una trattativa vera con il governo nazionale”.

Parole e analisi che non convincono il Ministro della Funzione Pubblica, Giampiero D’Alia. Che, senza esitazione, definisce “criminale” l’uso che in Sicilia è stato fatto del precariato. Difficile, su questo punto, dargli torto.  “La legge è uguale per tutti, da Milano a Palermo, e non potevano prevedere ‘eccezioni’ per l’Isola, non si può pretendere che in Sicilia si facciano assunzioni di massa senza rispettare parametri economici minimi.

Le critiche – aggiunge il Ministro – arrivano da chi ha fatto un uso criminale dei precari, utilizzandoli per le proprie fortune elettorali. I precari, così come i vincitori idonei dei concorsi, sono stati vittime di provvedimenti economici e di scelte politiche del passato che hanno privilegiato scorciatoie a quella che è la figura fondamentale sancita dall’articolo 97 della Costituzione, cioè il concorso pubblico per accedere nelle pubbliche amministrazioni”. 

In effetti il ddl, soprattutto per la Sicilia, è praticamente rivoluzionario: sancisce cioè, ancora una volta,  la procedura dei concorsi pubblici che ormai da anni non si bandiscono più. Non a caso, d’altronde,  nella nostra regione i curricula, prima che nei  centri impiego, vanno a finire dritti nelle segreterie dei partiti.


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