«Prima con dieci euro prendevi quasi un grammo di erba. Adesso te ne danno la metà». Che il mercato della marijuana a Catania sia in crisi se n’erano già accorti i clienti. Tutto sarebbe cominciato dopo il pentimento a gennaio di Fabrizio Nizza, a capo della piazza di spaccio di Librino. La paura che l’ex capo potesse svelare i luoghi dei depositi e far sfumare affari da centinaia di migliaia di euro avrebbe indotto gestori e spacciatori a stare al coperto. E, pare, anche a diminuire gli approvvigionamenti dall’Albania, complice l’altra crisi che ha colpito il mercato della marijuana lo scorso anno, con il mega blitz delle forze dell’ordine a Lazarat. Un piccolo centro a 200 chilometri da Tirana, la cui economia era basata proprio sulla coltivazione ed esportazione di cannabis. «La carenza di marijuana e i prezzi alti vengono sopperiti con l’arrivo di hashish dal Marocco e dal Palermitano», spiegava ieri il comandante provinciale della guardia di Finanza Roberto Manna, a proposito di un sequestro del sequestro di 880 chili di erba. Una situazione già sperimentata dalle tasche dei clienti etnei.
A raccontare ai magistrati etnei come funziona il giro della droga a Catania è stato anche Salvatore Nicolosi, luogotenente di Nizza, pentitosi di essersi pentito. La cocaina arriva dalla Calabria e da Napoli. Comprata a 55-53 euro al grammo, veniva venduta a 90. Fino a quando non si passati alle palline, ognuna con 0,33 grammi di cocaina per un costo di 30 euro. La marijuana, invece, è sempre approdata sull’isola dall’Albania. A fine anni ’90, a creare il contatto con la famiglia catanese è stato un gruppo che viveva nel campo nomadi di Lecce. Comprata a 800-1200 euro al chilo, veniva di solito rivenduta a 1800-2500, secondo la qualità. Almeno fino alla crisi di inizio anno. Da qualche mese, infatti, ci sono meno zone spaccio e vengono vendute quantità inferiori. Se prima un consumatore abituale poteva comprare anche a grammi, risparmiando, adesso deve accontentarsi della stecchetta allungata dallo spacciatore. Unità di misura che è scesa in quantità e raddoppiata di prezzo: dieci euro per quasi mezzo grammo. «L’impressione è che l’erba sarà sempre meno, più di qualità e cara. Come la cocaina di una volta, insomma», racconta un cliente.
Non è chiaro come queste dure modifiche del mercato abbiano inciso su ruoli e guadagni dell’organizzazione criminale. Stando ai racconti dei collaboratori di giustizia, in un business a regime, i capi riuscivano a dividere ogni due o tre mesi circa 20-30mila euro a testa. Al netto delle spese legali, gli stipendi e il pagamento delle case dove si tiene lo stupefacente. Alcuni gestori riuscivano a guadagnare anche mille euro a settimana. Ai pusher andavano invece 80 euro al giorno e alle vedette 60. Il tutto per un lavoro full time, gestito su due turni: dalle 14 alle 21 e dalle 21 alle 5. Un business che fa riferimento alla più grande piazza di spaccio etnea, quella di Librino – San Cristoforo, considerata un’unica cosa, ma con due diversi referenti: Fabrizio Nizza per il quartiere a sud di Catania e il fratello Daniele per il centro storico. Ma è il primo a essere considerato il più esperto trafficante di droga di Catania, fino al pentimento a gennaio.
Fabrizio Nizza si avvicina a Cosa nostra nel 1996, per poi affiliarsi nel 2008 con il rito della pungiuta. Nell’abitazione di San Giovanni Galermo c’era tutto il gotha dei Santapaola. L’allora responsabile provinciale Vincenzo Aiello, il reggente dell’ala militare e padrino di Nizza Santo La Causa, il responsabile del quartiere Civita e padrino di Daniele Nizza Carmelo Puglisi. Una scalata nelle gerarchie di Cosa Nostra, ha permesso ai due di avere sempre maggiore autonomia e potere decisionale. Tanto da sottrarre nel 2009 alcune piazze di spaccio al clan Cappello. Dopo l’arresto e il pentimento, a Fabrizio Nizza potrebbe essere subentrato il fratello più piccolo Andrea Luca. «Un personaggio vivace», lo ha definito Santo La Causa. Latitante da dicembre 2014, si sospetta sia passato a lui il testimone per la gestione dei viaggi dello stupefacente dalla città albanese di Durazzo. Carichi da circa 200mila euro per ogni viaggio, pagati in anticipo con la complicità di un autista di autobus della linea Sicilia-Albania.
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