Il provvedimento è stato adottato, nei giorni scorsi, da una commissione disciplinare nazionale, nei confronti dell'autista del presidente della Sezione giurisdizionale per la Sicilia. L'uomo faceva il timbrare il cartellino alla collega che sarà giudicata a parte. Entrambi sono stati denunciati anche in sede penale
Il dirigente-detective scopre l’assenteista L’impiegato licenziato alla Corte dei Conti
Si sarebbe fatto strisciare il badge dalla collega senza essere presente, la Corte dei conti per la Sicilia lo ha licenziato. Il provvedimento è stato adottato, nei giorni scorsi, da una commissione disciplinare nazionale, nei confronti dell’autista del presidente della Sezione giurisdizionale per la Sicilia, Pietro Di Fiore.
Secondo il Giornale di Sicilia, ad aiutare l’uomo sarebbe stata una collega, Isabella Ballone, che avrebbe timbrato il cartellino al suo posto. L’assenteista sarebbe stato allontanato in attuazione della legge Madia, mentre l’impiegata sarà giudicata con un procedimento a parte.
Sul piano penale, Di Fiore e la collega sono imputati davanti al giudice: la Procura di Palermo ha già chiesto il rinvio a giudizio con l’ipotesi di reato di truffa in concorso. L’assenza dal lavoro dell’autista sarebbe stata scoperta da un dirigente della Corte dei Conti che si era improvvisato detective svolgendo alcune indagini personali.
Il funzionario avrebbe notato che la Ballone – almeno per una decina di volte – avrebbe coperto Di Fiore passando il badge al suo posto per poi nasconderlo nel gabinetto delle donne, proprio davanti all’ufficio del superiore. Movimenti troppo sospetti che hanno incuriosito il dirigente, che ha controllato le presenze di Di Fiore, rilevando che coincidevano, scoprendo e fotografando il cartellino nascosto sopra un armadietto.
A questo punto sarebbero stati avvisati i carabinieri che avrebbero utilizzato ancora il l’estemporaneo detective per gli accertamenti: una volta finite le indagini dei militari, i due sono stati sospesi e ora è scattato il primo licenziamento. Il mese scorso, in un’altra inchiesta, finirono sotto accusa 42 persone per i cosiddetti «furbetti del cartellino» all’assessorato regionale alla Salute. In quell’occasione il blitz, partito dalla segnalazione di una moglie gelosa, finì anche con 11 arresti.