A 25 anni dalla morte del direttore de "I Siciliani", vogliamo riproporvi la puntata de "Il giallo e il nero" (programma di Radio24-Il Sole24Ore) a lui dedicata nella primavera del 2004. Buon ascolto
Il delitto Fava, storia di depistaggi e connivenze
Ecco lo script della puntata:
Quella che avete ascoltato è l’ultima intervista a Giuseppe Fava, giornalista ed intellettuale siciliano. Era il 28 dicembre 1983 e gli italiani la videro su Rete4, nel programma di Enzo Biagi “Filmstory”.
Catania. 5 gennaio 1984. 7 giorni dopo quest’intervista. Le 10 di sera. Giuseppe Fava sta per scendere dalla sua auto. Mezz’ora prima ha chiuso dietro di sé, come ogni sera, la porta della redazione de “I Siciliani”, la rivista da lui fondata appena un anno prima. Un saluto veloce al grafico Salvo Consoli, la responsabile dell’amministrazione, Cettina Centamore, e al cronista Miki Gambino, uno dei suoi “carusi”. Fava posteggia la sua Renault 5. Deve solo attraversare la strada ed entrare nel teatro. La sua nipotina Francesca, che è impegnata nelle repliche della commedia di Pirandello “Pensaci, Giacomino!”, lo sta aspettando. Ma in quel teatro, Giuseppe Fava non entrerà mai. Un sicario lo uccide con 5 proiettili di calibro 7,65.
Giuseppe Fava nasce il 15 settembre del 1925 a Palazzolo Acreide. E’ giornalista, scrittore, autore di teatro. Fra le sue opere più note “Prima che vi uccidano”, “Gente di rispetto”, “Passione di Michele”. Come giornalista è per anni redattore e caposervizio de “La Sicilia” di Catania. Dal 1980, dirige il “Giornale del Sud”. Sul “Giornale del Sud”, Fava scrive i nomi e i cognomi dei boss della Mafia locale: Nitto Santapaola e Alfio Ferlito. E contro di lui c’è già chi minaccia. Un giorno, la prima pagina con un articolo sulle attività del boss Ferlito viene requisita in tipografia, censurata e rimaneggiata, mentre Fava è fuori sede. Scoppia una bomba davanti alla saracinesca della tipografia. Fava a quel punto se ne va e con lui una decina dei suoi giovani cronisti. Nel 1982, dà vita al mensile “I Siciliani”. Sul primo numero, Fava firma un lungo articolo intitolato “I 4 cavalieri dell’apocalisse mafiosa”. Analizza il fenomeno mafioso a Catania, partendo dalle ultime dichiarazioni di Carlo Alberto Dalla Chiesa, ucciso in un agguato un anno prima. Il Generale aveva detto in un’intervista a Giorgio Bocca: “I quattro maggiori imprenditori catanesi oggi lavorano a Palermo. Lei crede che potrebbero farlo se dietro non ci fosse una nuova mappa del potere mafioso?”
Riccardo Orioles è un giornalista. Si è trovato sempre a fianco di Pippo Fava sin dalla prima esperienza al “Giornale del Sud”:
(Audio)
Le parole di Orioles sono confermate da Niccolò Marino, oggi consulente della Commissione parlamentare sulle ecomafie, Pubblico Ministero a Catania agli inizi degli anni ’90:
(Audio)
Compiamo ora un passo indietro. A poca distanza dal luogo del funerale di Giuseppe Fava, l’Onorevole della Dc Nino Drago avverte: “E’ meglio che le indagini si chiudano in fretta. Altrimenti i Cavalieri potrebbero decidere di trasferire le loro fabbriche al Nord”. Per gli investigatori è un delitto di mafia ma poi indagano sulla situazione patrimoniale di Giuseppe Fava, della sua famiglia, dei suoi collaboratori. Accusano Michele Gambino, una delle tre persone presenti quella sera in redazione, di essere coinvolto nell’assassinio. Nel luglio 1984, il pentito Luciano Grasso è intenzionato a fornire i nomi degli assassini di Fava. Ma il quotidiano “La Sicilia” brucia la notizia prima che l’interrogatorio avvenga. Il pentito Grasso alla fine parlerà. Ma c’é un fatto strano. Quel giorno, il pentito non fornirà il suo racconto al titolare dell’inchiesta, ma ad un altro sostituto. Il Procuratore Generale ha inviato quest’ultimo in missione. Sono molti i tentativi di depistaggio in questa lunga e tormentata inchiesta. Claudio Fava, figlio di Pippo, giornalista ed europarlamentare:
(Audio)
1985. Il sostituto procuratore aggiunto venne trasferito per incompatibilità ambientale. Il processo Fava riparte da zero.
1994. Il collaboratore di giustizia, Maurizio Avola fornisce nuovi particolari: a progettare la morte di Pippo Fava fu Nitto Santapaola, un favore ad alcuni imprenditori catanesi e al boss palermitano Luciano Liggio. E arriva la stagione dei processi.
1998, la prima corte d’Assise condanna all’ergastolo il capomafia Nitto Santapaola, il mandante, Aldo Ercolano, l’esecutore, Marcello D’Agata e Francesco Giammuso gli organizzatori. In un processo stralcio, la seconda corte d’Assise condanna all’ergastolo Vincenzo Santapaola, nipote del boss catanese perché avrebbe fatto parte del commando. Il pentito Avola ottiene il rito abbreviato: 6 anni e 6 mesi per l’omicidio. In appello, però, Vincenzo Santapaola, Giammuso e D’Agata sono assolti. Confermati invece gli ergastoli per Santapaola e Ercolano e la condanna di Avola che aumenta a 9 anni. La Corte di Cassazione rende esecutiva la sentenza. Il Pm Marino commenta così la conclusione del processo:
(Audio)
Per il figlio di Giuseppe Fava, Claudio, la sentenza della Cassazione non dice tutto riguardo ai moventi e ai mandanti di quell’omicidio:
(Audio)
Pippo Fava una volta ha scritto una frase. Dentro c’è tutta la sua storia, la sua vita e la sua morte: “A che serve vivere se non c’è il coraggio di lottare?”