Il cattolico fiorentino innamorato della Sicilia

Ricordare Alberto Scandone a Palermo attraverso la presentazione del libro di Aldo Bondi credo sia un atto dovuto da parte di tutti. Un atto dovuto da parte di chi, come me, ebbe il privilegio di conoscerlo anche se in modo fugace in quegli inizi degli anni ’70.

Io, ‘biondino’, entravo al giornale, lui, giornalista affermato, si apprestava a lasciarlo. In quelle rare occasioni d’incontro ebbi modo di apprezzarne come tutti il carattere dolce, la sincerità del suo sguardo, la semplicità dei suoi gesti che rasentavano la timidezza: gesti che disarmavano chi gli stava di fronte e che facevano parte dello stile di vita di quel giovane idealista intriso di politica e di fede.

Ma anche un atto dovuto nei confronti del giornalista e del politico. Perché Alberto fu giornalistica e politico di razza. Un ricordo della sua presenza, che fu breve ed intensa a Palermo dove iniziò ed affinò le sue capacità di giornalista, c’è la dà Vittorio Nisticò che fu direttore per oltre vent’anni del giornale L’Ora nel suo libro “Accadeva in Sicilia”- Gli anni ruggenti dell’Ora di Palermo.

Siamo agli inizi del 1968 e Nisticò, nel ricordare Alberto, così scriveva. “Ancora pochi mesi e si avrà quello che ricordo come l’ultimo arrivo dall’esterno. Un giovane fiorentino, Alberto Scandone, destinato a passare come una meteora nel nostro cielo (Una meteora luminosa per quello che ci ha lasciato per la sua attività giornalistica e di inchiesta- aggiungiamo noi)”.

“Quando arrivò non aveva alcuna esperienza diretta di giornalismo e tanto meno di quotidiani. Lo avevo conosciuto a Roma, dove insieme a mio figlio si occupava di politica assieme a Riccardo Lombardi, già leader del Partito d’Azione ed allora tra i più prestigiosi esponenti del Partito Socialista. Poco più che ventenne, Scandone era di una intelligenza e cultura eccezionali, una incontenibile passione ideale e politica, un senso alto di religiosità ed in più una capacità di scrivere bene e nel modo più rapido possibile. Cosa di meglio da portarsi in Sicilia?”, prosegue Nisticò nel suo ricordo “E così un bel giorno, senza parlare a nessuno me lo portai, come un gioiello a L’Ora. Eravamo nel mitico 68 e Scandone era il giornalista che ci voleva. Si diede da fare per stabilire canali giornalistici diretti con vicende ed eroi della rivolta studentesca europea. Ma soprattutto si appassionò alla Sicilia dove intanto lo avevano raggiunto i suoi amici più cari Fabrizio Coisson ed Elio Barba (il primo a fare apprendistato in redazione e il secondo in amministrazione). Nel ‘69 Alberto fece un lungo giro da una provincia all’altra descrivendole in una serie di eccellenti servizi: ‘La Sicilia brucia’, un viaggio tra le inquietudini e le agitazioni che scuotevano l’isola in quegli anni cruciali. Articoli che a distanza di più di 40 anni se andiamo a rileggerli sarebbero per le ataviche situazioni che si trascinano nel tempo di grande attualità. Inoltre con articoli inchieste e tavole rotonde – prosegue Nisticò nel suo ricordo – permise al giornale di approfondire in modo incisivo la conoscenza del mondo cattolico siciliano ed aprire rapporti di collaborazione con i suoi intellettuali ed il clero più moderni. Poi un giorno, affascinato dall’idea del “Compromesso storico”, ritenne che il suo posto era in quel momento a Roma e se ne andò diritto negli uffici della segreteria di Berlinguer, ma conservando la residenza a Palermo che considerava la sua città. Vi tornerà assieme ad Angelina Fais che era stata apprezzata segretaria di redazione del giornale e trasferitasi anch’essa a Roma a Paese Sera la notte del 5 maggio del 1972, entrambi poveri rottami umani tra gli infernali relitti del DC 9 schiantatosi a Montagnalonga a pochi metri dell’aeroporto di Punta Raisi”. (a destra, foto di Vittorio Nisticò tratta da odgsicilia.it)

“L’ultimo addio ad Alberto e ad Angelina fu dato nelle sede del giornale dove venne composta la camera ardente. La redazione li vegliò tutta la notte. C’erano voluti oltre due giorni perché la montagna li restituisse assieme agli altri 113 morti”.

Sin qui il ricordo di Alaberto Scandone fatto da Vittorio Nisticò . Ma qui val bene anche ricordare la ricca produzione giornalistica delle breve ed intensa permanenza di Alberto al giornale L’Ora che va dal ‘68 agli anni ‘70 fatta di servizi, di inchieste e di interviste realizzate con il suo straordinario modo di scrivere, documentato con intelligenza ed impregnato di una cultura eccezionale, e che alla fine rendevano i suoi pezzi di grande attrattività ed appetibilità per i lettori.

Alberto Scandone, questo apostolo del “Compromesso storico”, come è stato da molti propriamente definito, lui che era nato a Firenze, patria adottiva del siciliano Giorgio La Pira e città natale anche di Valdo Spini, che ha operato e conosce bene quel contesto, città dove si è sempre respirata l’aria di una salutare e salubre commistione dei valori del cristianesimo e del socialismo, ossia quelli della solidarietà, dell’accoglienza, della tolleranza e della difesa dei più deboli e dei disagiati sapeva trasmettere nei sui articoli e nei suoi servizi scritti a Palermo per il giornale L’Ora questo spirito che aveva acquisito all’inizio della sua formazione politica prima nella sua città natale e poi ancora nel suo processo di maturazione politica e giornalistica via via ai tempi della su a esperienza di ‘Nuova Resistenza’ che contribuì a promuovere ed organizzare nel 1961 e poi ai tempi della sua adesione nel 1963 alla Federazione giovanile socialista e della sua collaborazione all’ “Astrolabio” di Ferruccio Parri e poi il suo avvicinamento al PCI e le sue collaborazioni a “Rinascita” e all’ “Unità”.

Ed è dal settembre del 1968 – come ricordava Nisticò – che inizia la sua brillante collaborazione al giornale L’Ora di Palermo. Un giornale da sempre per molte generazioni fucina e scuola di giornalismo e di giornalismo d’inchiesta con maestri come Mario Farinella, Felice Chilanti, Marcello Cimino, Etrio Fiidora, Roberto Ciuni, Aldo Costa, Leonardo Sciascia, Orazio Barrese, Angelo Arisco e lo stesso Vittorio Nisticò che tennero a battesimo a loro volta giornalisti come Salvo Licata (cui a Palermo è stata i recente dedicata una strada come, stando a quello che so, anche ad Alberto Scandone è dedicata una strada a Roma), Marcello Sorgi, Kriss Mancuso, Francesco La Licata, Bruno Carbone, Sergio Buonadonna, Mario Genco, Franco Nicastro, Giuseppe Sottile, Gianni Pietrosanti. Ed Alberto Scandone in quegli anni che vanno dal 1968 al 1970, con i suoi servizi e le sue inchieste, fu uno di questi.

Di grande pregio furono i suoi servizi, le inchieste e le interviste realizzate in questo arco di tempo della sua permanenza a Palermo. In particolar modo, la serie di interviste realizzate da ottobre a novembre del 1968 con i leader politici carismatici del tempo come De Martino, Lombardi, Donat-Cattin, Giolitti, De Mita e Brodoloni. Su tutte quella con Riccardo Lombardi, dell’8 ottobre del 1968, alla vigilia del congresso del PSU che sancirà in seguito l’ulteriore ed ennesima scissione dei socialisti. Un’intervista al suo vecchio leader ed alla cui corrente Scandone era appartenuto e da cui era uscito nel 1966 dopo l’unificazione del PSI con il Partito Social Democratico Unificazione del 1963 da lui assolutamente non condivisa e strenuamente avversata. Altri servizi ed inchieste furono quelle del gennaio del 1969: “Da Gibilterra al Medio Oriente che aria tira nel Mediterraneo”. E poi ancora, nell’ottobre del 1969, “Inchiesta sul clero siciliano” e quella realizzata assieme a Bruno Carbone nel successivo mese di novembre dal titolo: “La nuova ondata delle ACLI”. Tematiche queste, considerata la sua estrazione e cultura cattolica, con le quali aveva grande dimestichezza.

Ma in quell’anno l’inchiesta di maggior successo di Alberto Scandone fu quella (ricordata come dicevamo all’inizio nelle memorie di Nisticò) che nel mese di marzo e per molti giorni riempì le pagine del giornale e dal titolo “La Sicilia brucia – Viaggio fra le inquietitudini e le speranze dell’isola” un’inchiesta a tutto campo sui problemi atavici della Sicilia: problemi che a tutt’oggi ci ritroviamo, per cui quell’inchiesta di allora sarebbe oggi ancora attuale ed andrebbe riletta. Un’inchiesta- viaggio nelle varie province con i problemi dell’emigrazione di Enna, i malesseri di Palermo e di Trapani, lo scempio edilizio di Agrigento. E, ancora, Caltanissetta, la città del disordine costituito; Siracusa, le due facce della nuova ricchezza. Per concludere a Ragusa con un titolo e un tema a lui caro “Cattolici e comunisti, una generazione di dirigenti nuovi impersonati allora da due giovani emergenti: Luciano Nicastro (Acli) e Giorgio Chessari (PCI).

L’ultima inchiesta prima di lasciare Palermo è quella del marzo 1970 dal titolo “Gli incredibili tentacoli della piovra clientelare” del 21-23 e 27 marzo del 1970.

A Palermo Alberto non si limitò al solo impegno giornalistico che assolse come abbiamo visto con grande duttilità ed intelligenza e dal punto di vista dell’impegno politico non rimase con le mani in mano, dando vita al “Comitato Palermo per la pace” di cui facevano parte esponenti cattolici, comunisti e socialisti. Il comitato organizzò, tra l’altro, una manifestazione per il Vietnam nel luglio del 1969 e nel novembre del 1969 il Convegno “Mediterraneo 70 per l’autodeterminazione e il progresso dei popoli contro la politica dei blocchi”.

Nel maggio del 1970 Scandone lascerà il giornale L’Ora per andare a lavorare all’ufficio stampa e propaganda del PCI a Botteghe Oscure, dove avrebbe potuto secondo le sue aspirazioni, così come fu, dispiegare al meglio le proprie attitudini giornalistiche e politiche.

Il suo auspicio e il suo obiettivo, esaurita l’esperienza politico-giornalistica a Botteghe Oscure, era quello di essere impiegato per nuove esperienze in una federazione provinciale, o meglio, in un comitato regionale del Partito, possibilmente in Sicilia, terra alla quale ormai era particolarmente legato e dove per questo aveva lasciato la residenza. Ma il sogno di Alberto di ritornare in Sicilia da dirigente politico del Pci si infrangerà la notte del 5 maggio del 1972 sul costone di Montagnalonga, in una tragedia che colpirà centinaia di famiglie di palermitani che in quel maledetto DC 9 avevano tanti amici e congiunti. Ed in quella sciagurata notte di 41 anni finì la breve vita di Alberto Scandone, amico della Sicilia e di quella Palermo che lo aveva accolto a braccia aperte nel suo breve passaggio vissuto intensamente nella redazione del giornale L’Ora.

 

 

 

 

 

 


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