La criminalità organizzata continua a condizionare fortemente il tessuto economico della sicilia. Accanto ai reati tipici dell'estorsione e dell'usura, emerge un crescente protagonismo della cosiddetta mafia imprenditrice. E' quanto emerge dal focus sicilia di sos impresa, presentato stamani a palermo, nel corso di un convegno organizzato da confesercenti sicilia.
Il 90% delle imprese paga il pizzo
La criminalità organizzata continua a condizionare fortemente il tessuto economico della Sicilia. Accanto ai reati tipici dell’estorsione e dell’usura, emerge un crescente protagonismo della cosiddetta mafia imprenditrice. E’ quanto emerge dal Focus Sicilia di Sos Impresa, presentato stamani a Palermo, nel corso di un convegno organizzato da Confesercenti Sicilia.
La mafia movimenta grosse somme di denaro. A livello nazionale si superano i 55 miliardi di euro. Il rapporto conferma la capacità del crimine organizzato di intervenire con proprie imprese nelle relazioni economiche, stabilendo collegamenti collusivi con la politica, i titolari di istituti di credito e gli apparati burocratici soprattutto per il controllo del sistema degli appalti e dei servizi pubblici.
I numeri sono sconfortanti. In Sicilia sono circa 50 mila gli imprenditori costretti a pagare il pizzo. Quasi un un terzo dei 160 mila taglieggiati dell’intero Paese. Le statistiche dicono che i costi per la protezione dei boss variano da un minimo di 250 euro al mese per i negozi della periferia ai mille per le attività commerciali che hanno sede nelle vie del centro città. La cifra sale a tremila euro per un supermercato. Il 70 per cento circa dei commercianti è vittima del racket. Nei centri più grossi dell’Isola si sfiora il 90 per cento. L’andamento delle denunce nel primo semestre del 2011 segna un leggero incremento rispetto all’anno precedente nelle province di Palermo e Agrigento. Una proiezione sui dati disponibili ci induce a ritenere che si ritorni al numero delle denunce del 2009. Numeri che comunque restano bassi.
Altra piaga è quella dell’usura. Quasi trentamila persone in Sicilia si sono rivolte agli usurai. Un dato che dimostra la grave crisi economica che ha colpito la piccola e media impresa siciliana. Nel triennio 2009-2011 hanno chiuso i battenti 100 mila attività. A conti fatti il costo complessivo delle attività illecite pesa sul sistema imprenditoriale regionale per cinque miliardi di euro, circa il 6% del Pil della Sicilia.
”Abbiamo fatto delle stime: sono centinaia di migliaia le imprese che si rivolgono agli usurai. Sono state 330 mila in tre anni quelle che hanno chiuso per vari motivi, tra cui c’è anche l’usura”. C’è stato – ha spiegato Marco Venturi, presidente nazionale di Confesercenti – un aumento del fenomeno, legato alla crisi che più si prolunga e più induce alcune imprese a mettersi nelle mani degli usurai con il risultato che l’impresa viene chiusa ugualmente. E’ difficile salvarsi, per questo diciamo che occorre evitarlo”. La giornata di Palermo è servita anche per lanciare delle proposte: ”Alle banche abbiamo chiesto di essere più aperte e disponibili ai finanziamenti alle imprese tanto che il mondo della rappresentanza ha messo in campo i Confidi, con i quali si danno garanzie per i finanziamenti. Ognuno deve fare la propria parte, lo Stato prima di tutti. Oggi a Palermo ribadiamo che per rilanciare l’economia bisogna rilanciare la piccola e media impresa.
Il presidente di Confesercenti Sicilia Vittorio Messina, introducendo i lavori, ha sottolineato che un diverso approccio al tema dello sviluppo non può prescindere dal riconoscere che il territorio siciliano è stato negli anni devastato dalla criminalità organizzata, particolarmente efferata in alcuni frangenti, che, comunque, ha sempre rappresentato un deterrente allattrazione di investimenti e alla delocalizzazione delle imprese. La scommessa da giocare, allora, per creare condizioni reali di sviluppo, ha una posta molto alta, è ambiziosa e va centrata su un protagonismo degli attori sociali che affondi le sue radici in un rinnovato sistema istituzionale e sociale alla cui base ci siano tutte le condizioni per sviluppare processi di crescita in un contesto di economia libera da impropri condizionamenti.
I dati sono impietosi. Risorse bruciate che alimentano la criminalità e inquinano fortemente la società – ha aggiunto Lino Busà, presidente nazionale di Sos Impresa -. Una rapina sociale verso la quale si fa poco o niente. Ciò che colpisce è che questi dati, avvalorati da altre ricerche e da Centri Studi, attraversano il dibattito dei decisori politici, a Roma come a Palermo, come fossero acqua fresca. Confesercenti Sicilia – ha concluso il direttore regionale Salvatore Curatolo – farà la sua parte. Incontri come quello di oggi confermano il nostro impegno per la legalità al fianco delle piccole e medie imprese. Accendiamo i riflettori sulle difficoltà che gli operatori commerciali sono costretti a vivere quotidianamente.